September 5, recensione: la prospettiva (giornalistica) dietro un film da manuale

Grande ritmo, grande cast, grande regia e l'altra faccia di una storia vera: quello di Tim Fehlbaum è una digressione cinematografica sul potere delle immagini, illuminando il confine tra notizia e scoop. Presentato a Venezia 81.

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Lo dice lo stesso Tim Fehlbaum, regista dello straordinario September 5, nelle note di produzione: è l'angolazione a fare la differenza. Nulla di più vero, perché il film - presentato nella sezione Orizzonti Extra di Venezia 81 - ci porta direttamente dentro la notizia. Una notizia esplosiva, storica. Fin da subito, il ritmo è tanto capillare quanto incessante: l'odore di caffè, l'alito pesante, e una stanza gremita e sudata ("l'aria condizionata è rotta") che sta per mandare in onda il primo atto terroristico raccontato in diretta. Nulla di inventato, solo adrenalinica verità dietro "un momento decisivo che ha per sempre cambiato l'approccio mediatico".

Aria tesa e taglio orizzontale, September 5 è cinema di alta qualità. Opera quarta di un regista svizzero dallo sguardo acuto e interessante, è il countdown verso una fine che ben conosciamo. Anzi, verso una non-fine. Perché se una certa narrativa considera il conflitto israelo-palestinese considerando solo ciò che è avvenuto il 7 ottobre 2023, sono stati tanti gli eventi sul larga scala che, in passato, hanno infiammato le due fazioni, sia dal punto di vista politico che dal punto di vista armato. Celeberrimo, il rapimento e la successiva uccisione - dopo un tentativo di liberazione da parte delle forze di polizia tedesche - di undici atleti israeliani durante le Olimpiadi di Monaco del 1972, per mano dell'organizzazione terroristica filo-palestinese Settembre Nero.

September 5: dentro la notizia

Se l'evento, ricordato per l'immagine simbolo del sequestratore incappucciato affacciato al balcone, è già stato raccontato da Steven Spielberg in Munich, September 5 compie un ulteriore passo, sfruttando la prospettiva giornalistica dello studio tv (sportivo) della ABC, prima stazione al mondo a trasmettere live quell'assurdo divenuto di colpo tragica realtà. E che pazzesca fluidità nell'amalgamare ed evolvere il racconto (e quindi il linguaggio, da sportivo a geopolitico): il fermento delle Olimpiadi, i colpi uditi in lontananza, e la sensazione che qualcosa di grosso, effettivamente, stia succedendo nel cuore del villaggio. La macchina da presa si sofferma sui dettagli (indugiando spesso sugli orologi, in quanto il fattore tempo, nel giornalismo, è fondamentale), intanto che nello studio sale la tensione.

September 5
Nel cuore della notizia

La diretta, che prosegue a braccio, seguendo la storia che, poco a poco diventa notizia, è gestito dal produttore Geoff (John Magaro), insieme al dirigente ABC Roone Arledge (Peter Sarsgaard). Con loro, anche la preziosa Marianne (Leonie Benesch), l'interprete tedesca che, per prima, sente i colpi sparati dagli attentatori. Se le informazioni sono all'inizio contrastanti, la squadra dell'ABC, lungo la diretta fiume ("la notizia se la tiene lo sport", precisa Arledge, al telefono), deve quindi prendere decisioni delicate. Con una domanda: dove finisce il giornalismo, e dove inizia lo scoop?

Lucidità, tensione e l'altra parte della Storia

Per volere del regista, dallo studio ABC, non usciamo quasi mai (e l'unica ripresa esterna è da applausi). L'esterno saranno gli occhi delle telecamere, on-air su quelle Olimpiadi divenute terreno di scontro sanguinoso. Tuttavia, c'è una fermezza e una lucidità narrativa che scorre verticale, senza soggettività alcuna: September 5 è cronaca asciutta e disamina giornalistica, avallata dallo stesso Geoffrey Mason, che ha vagliato la sceneggiatura arricchendola della sua fondamentale testimonianza. Se l'umore, tesissimo ed esplosivo, è di quelli da brillante thriller, è l'autenticità il colpo vincente della pellicola. Ponendo la luce - e che bella la fotografia dalla grana spessa di Moritz Binder - sulla potenza delle immagini.

Riflessione attuale, spunto narrativo applicabile ai media odierni che, spesso e volentieri, oltrepassano il confine tra notizia e spettacolo ("servono le conferme delle notizie, non è una gara", diranno a Geoff, smanioso di annunciare la fake news della liberazione degli ostaggi), generando quel cortocircuito etico in cui la violenza diventa materiale d'intrattenimento. Per questo, oltre alla arguta messa in scena, e oltre il supporto di un cast composto da attori di marcato spessore (John Magaro è una continua sorpresa), September 5 è un manuale di come dovrebbe essere inteso il telegiornalismo. L'altra parte della Storia, per un grande film.

Conclusioni

Senza tregua, senza un attimo di respiro, lo svizzero Tim Felhlbaum ci porta nel cuore della notizia, rivedendo da un'altra prospettiva la storia vera dietro l'attentato alle Olimpiadi di Monaco del 1972. La prospettiva, in questo caso, è telegiornalistica: veniamo catapultati negli studi ABC per quella che sarà una diretta fiume capace di riscrivere il senso stesso della notizia.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
4.3/5

Perché ci piace

  • Il cast.
  • Il ritmo.
  • La regia.
  • La prospettiva.
  • L'unica sequenza in esterno.

Cosa non va

  • Alcuni personaggi emergono in maniera minore.