Recensione Love&Secrets (2010)

Le sbalorditive doti di tutto il cast, e in particolare dei due protagonisti Ryan Gosling e Kirsten Dunst, sono il punto di forza di un film vittima di un'impostazione un po' troppo fredda e priva di mordente, incapace di amalgamare in maniera del tutto convincente gli elementi documentari con gli stilemi del cinema di genere.

Segreti e Bugie

La linea di demarcazione tra realtà e fiction, al cinema, si sta sempre più assottigliando, al punto che in svariate produzioni delle ultime stagioni cinematografiche appare sempre più difficile riuscire a discernere in maniera netta i confini tra documentario e film di genere. Complice di questo fenomeno è molto probabilmente l'enorme proliferazione del paradigma del reality che, nato per la televisione, ha finito per influenzare tutti i linguaggi audiovisivi, non ultimo quello del Grande schermo, che in realtà è sempre stato attratto dalla trasposizione delle vicende realmente accadute, in grado di suscitare la curiosità e la partecipazione emotiva dello spettatore. In un'epoca come la nostra in cui sono ormai divenute delle formule di narrazione dominanti quella della docufiction, del mockumentary e del footage film, forse però giunge fuori tempo massimo un'operazione come quella di Love&Secrets, film che ripercorre uno dei casi di cronaca nera insoluti più famosi nella storia di New York attraverso un'impostazione di genere ormai sin troppo obsoleta. E dire che il regista Andrew Jarecki è autore di uno dei più sbalorditivi e inquietanti documentari degli ultimi anni, Una storia americana del 2003, capace di sconvolgere il pubblico non tanto per il tema trattato (quello della pedofilia), quanto soprattutto per l'innovativo modo di raccontare una vicenda cronachistica attraverso degli strumenti drammaturgici (pathos, suspense) tipici del thriller. Tornato dietro la macchina da presa dopo ben sette anni, Jareki tuttavia non è riuscito a realizzare un'altra opera dotata dello stesso approccio inconsueto e della stessa efficacia narrativa, forse questa volta perché vincolato dalle imposizioni e dai vincoli di una grossa produzione (infatti, come produttore indipendente, ha dato vita a quel piccolo capolavoro che è Catfish, purtroppo non distribuito in Italia, mockumentary che finora ha analizzato meglio di molti altri il rapporto tra vita reale e virtuale).


Gli autentici fatti di cronaca che hanno ispirato la sceneggiatura di Love & Secrets (elaborata da Marcus Hinchey e Marc Smerling) contenevano già tutti gli elementi necessari per stuzzicare l'interesse e la curiosità dello spettatore: amore, oscuri segreti familiari, conflitti generazionali, follia, e naturalmente omicidio. La storia è quella di Robert Durst (incarnato da Ryan Gosling) che, nonostante sia l'erede del facoltoso impero immobiliare di famiglia, uno dei più floridi di tutta New York, possiede un atteggiamento decisamente poco incline agli affari. Il giovane, taciturno e introverso, si invaghisce di un'incantevole e solare studentessa di modeste origini (Kirsten Dunst): tra i due sboccia da subito l'idillio e la coppia, sposatasi dopo poco tempo, si trasferisce inizialmente in una tenuta di campagna nel Vermont. La romantica love story comincia però a incrinarsi non appena Robert, spinto dall'autoritario genitore (Frank Langella), torna nella Grande Mela per intraprendere l'attività di famiglia, al contempo divenendo sempre più vittima di ossessive turbe psichiche (causate dal fatto che il ragazzo ha assistito da piccolo al suicidio della madre). Il rapporto di coppia si infrange definitivamente dopo che Katie è costretta ad abortire da Robert, incapace di assumersi la responsabilità di diventare padre. Così, quando la ragazza scompare misteriosamente nel 1982, il marito è considerato il principale indiziato della sua sparizione. Il caso fece scalpore e dominò per parecchio tempo su tv e giornali; tuttavia nessuno riuscì mai a dimostrare la colpevolezza di Durst, che venne assolto anche da altri due omicidi commessi nel 2003 e ritenuti collegati alla scomparsa della moglie.

Alcune idee efficaci di regia (la scelta di una narrazione frammentata, che si serve delle dichiarazioni giudiziarie di Durst come voce fuori campo, oppure la ricostruzione di alcune sequenze come se fossero filmini di famiglia) sono purtroppo vanificate da un'impostazione nel complesso poco convincente, perché troppo algida e priva di tensione. A fronte di una prima parte più asciutta e serrata, ricca anche di momenti autentici nella descrizione della storia d'amore tra i due protagonisti, man mano che il racconto si sviluppa finisce per essere imprigionato negli schemi ripetitivi e stereotipati del thriller, fino a risultare del tutto improbabile nel descrivere la svolta caratteriale di Robert nell'ultimo periodo, dedito al travestitismo e sempre più in preda alla follia.
Il lato positivo è che da una rappresentazione così anodina e quasi teatrale emergono ancora con più forza le straordinarie doti di tutto il cast, autentico valore aggiunto del film, e in particolare dei suoi protagonisti: Ryan Gosling, all'epoca non ancora divenuto una star, dimostra già il suo enorme talento nel tinteggiare una figura oscura e indecifrabile; mentre Kirsten Dunst consegna un'interpretazione tra le più memorabili riuscendo a catturare tutta la carica di "melancholia" del suo personaggio.