Se ti alzi, ti sparo
Quello che uno spettatore chiede a film come questo S.W.A.T. di Clark Johnson generalmente è di passare due ore divertendosi senza doversi porre particolari problemi esistenziali. Ma se per il secondo punto il risultato è garantito, per quanto riguarda spasso e ritmo la cosa è decisamente più preoccupante.
La causa di tutto ciò non risiede nella regia di Clark Johnson, che si rivela all'altezza del compito almeno nelle scene di azione più scatenate in cui lo svolgimento dei fatti risulta sempre chiaro e coinvolgente, ma nella sceneggiatura scritta da David Ayer e David McKenna, infarcita di luoghi comuni a più non posso.
Tanto per cominciare i personaggi sono quanto di più piatto e banale si possa trovare: il giovane ribelle ma eroico, il burocrate infido e incapace, il sergente duro ma giusto. Gli attori stessi non si danno molto sforzo per rendere più espressivi i loro caratteri; se Samuel L. Jackson è sempre professionale e Michelle Rodriguez si conferma una promessa del cinema americano, il resto del cast non sembra considerare che lo sforzo valga la pena. Anche Colin Farrell, che nel film di Joel Schumacher, In linea con l'assassino, aveva retto egregiamente sulle sue spalle tutta la storia, qui recita in maniera piatta e poco partecipata, alternando occhi sgranati a fronte corrucciata.
Ma il meglio del peggio lo troviamo nei dialoghi e nella figura del cattivo. Per i primi sorge il dubbio che siano stati pescati direttamente dal manuale "Come scrivere un action senza discostarsi da tutto quello che è già stato fatto". Il malefico antagonista risulta invece qualcosa di innovativo: un autentico pirla che si fa arrestare subito per aver guidato una macchina con il fanalino rotto.
Il risultato finale di tutto questo è un ritmo a singhiozzo, con momenti adrenalici che però si inchiodano subito sull'ennesimo luogo comune, dove i colpi di scena sono telefonati dall'inizio del film e si cerca di dare sprint al tutto con una bella colonna sonora rock.
L'impianto generale non aiuta; la pellicola si sofferma troppo su Farrell e la Rodriguez mentre si allenano, sull'addestramento della squadra che sembra la brutta copia di quello di Ufficiale e gentiluomo e ovviamente non manca la storia sentimentale in fieri.
La seconda parte risulta leggermente migliore, anche se comunque non raggiunge la sufficienza. E se speravate di rimanere incollati alla poltrona, l'unica soluzione è evitare di bere caffè.