Sono passati vent'anni, ma ancora oggi siamo prigionieri della memoria di Joel e di Clementine. Vent'anni a nasconderci dietro memorie che fanno male, e ad altre che vogliamo sradicare. Vent'anni posti alla ricerca di un sentimento che vogliamo eliminare, per poi accorgersi che senza la sua esorcizzazione, tutto è destinato a ripartire, incappando negli stessi errori, nelle stesse mancanze, nelle stesse incomprensioni.
Era il 19 marzo del 2004 quando il pubblico americano (in Italia avremmo aspettato ottobre) ha accompagnato Joel (Jim Carrey) all'interno della clinica Lacuna per sottoporsi allo stesso processo di rimozione mnemonica a cui si era sottoposta la sua ex, Clementine (Kate Winslet). Un'azione istintiva, la sua, di chi non pensa e agisce, emulando quanto compiuto dalla persona che una volta amava, e che adesso le è sfuggita tra le mani, proprio come un ricordo che svanisce per poi cancellarsi. Con Se mi lasci ti cancello, Michel Gondry scrive con eleganza e verosimiglianza, un poema decadente, dove ai versi, agli enjambement, o alle allitterazioni, si sostituiscono sguardi, tinte di capelli, recriminazioni, liti e oggetti pronti a farsi correlativi oggettivi di attimi da rimuovere e poi recuperare.
Dunque sembra una poesia tratta da Ossi di Seppia, Se mi lasci ti cancello: il male della "necessità" che sorge da paure, traumi infantili mai superati, delusioni, è una corda che si stringe attorno al collo dei due protagonisti; ciò che ne deriva è una mancanza di respiro la cui unica alternativa è il caso, o il "miracolo" di un'apparizione (Clementine per Joel; Joel per Clementine) su una spiaggia di Montauk che non è comunque riservato alla loro eterna felicità. Ponte su un baratro fatto di mancanze e sofferenze, tanto vale allora sradicare il seme di quel dolore, eliminare la radice del ricordo, perdere per non soffrire, dimenticare per non stare male.
La frammentazione del tempo: l'esplosione dei ricordi
Se mi lasci ti cancello è un film che fa a meno della linearità narrativa: opera soprattutto di montaggio, deflagra ogni ordine di eventi per tempo, logica e razionalità, distribuendo anarchicamente momenti e ricordi dei propri protagonisti. Figlio legittimo non solo di una mente creativa come quella di Gondry, dove la fantasia e la portata simbolica superano e dominano il costrutto razionale (si pensi a opere come Gli acchiappiafilm, o Mood Indigo) il film rientra anche e soprattuto all'interno di una corrente filmica in cui la linearità temporale viene fatta a pezzi e ricostruita a proprio piacimento. Tanto quanto compiuto da Nolan (Memento), o Richard Linklater (Boyhood) Michel Gondry gioca con il tempo interiore dei propri protagonisti: si diverte ad anticipare eventi, a ritardarne altri, ponendo lo spettatore al centro di un labirinto mentale entro il quale è facile perdersi e sentirsi spaesati. Siamo dopotutto nei primi anni del Duemila, in un periodo storico in cui - a seguito soprattutto della caduta delle Torri Gemelle - ogni certezza viene messa in discussione, anche quella temporale. La (de)caduta di ogni sicurezza che vive e batte nel cuore e nella mente di questi personaggi, uomini e donne incapaci di superare e scendere a patti con la fine di una relazione, arrivando perfino a lasciarsi scomparire.
Anticipare i tempi tra ricordi e interiorità
Troppo anarchico, troppo distante dal racconto canonicamente e tradizionalmente accettato al tempo, Se mi lasci ti cancello fu un enorme flop al botteghino. Poi successe quello che di solito capita quando un'opera così fuori dagli schemi trova il giusto pubblico, la giusta sensibilità di ricezione: è rimasta lì, in attesa che sguardi più maturi, sensibilità più adatte e menti più affine, la capissero e la rivalutassero. Con gli anni il film di Gondry è stato raccolto e amato, compreso e indagato. Molto più di un'opera cinematografica, il film è un viaggio intimo e privilegiato all'interno di una mente che lavora, elimina e rimugina. Non c'è linearità nel recupero di un ricordo, o di un'idea: sono fulmini che si accendono improvvisamente, barlumi mnemonici nati in seno a una visione, una parola, un oggetto.
L'idealizzazione degli altri
Se mi lasci ti cancello non è dunque una storia d'amore, ma una storia di un'idealizzazione personale. Joel, animo solitario, timido e insicuro, idealizza e si innamora del pensiero fattosi di Clementine; trattenendo caratteristiche e comportamenti che più gli aggradano, l'uomo modella e crea un'immagine della donna che ben si adatta alla sua sensibilità,. Ma una volta in cui il filtro dell'innamoramento si indebolisce, ecco che la realtà subentra, mostrando a entrambi la loro vera essenza. Agli occhi di Joel, Clementine non è più quella ragazza simpatica, impulsiva, fuori dal coro che lo aveva stregato; diventa una donna capricciosa che beve, urla, pretende e non ascolta. Ma a non ascoltare è anche Joel; chiuso in se stesso, l'uomo innalza un muro che isola Clementine, la fa sentire inadatta, invisibile, brutta, proprio come brutta e invisibile si sentiva da piccola. Troppo forte lo scontro con la realtà, troppo profondo il dolore. Nell'era in cui tutto viene modellato, anche un elemento così privato e personale come il ricordo, tanto vale cancellarlo del tutto, così da tornare se stessi, liberi da quelle mani che cambiano, plasmano la propria identità.
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Al di là della bellezza visiva e della portata psicologica di cui si avvale, Se mi lasci ti cancello è un film soprattutto "umano". In esso vivono e si rincorrono sentimenti, emozioni e strascichi di fantasmi infantili facilmente individuabili e condivisibili con il proprio pubblico. Specchio di ambizioni e delusioni, il film riesce a dialogare con l'anima dello spettatore grazie soprattutto alle performance di due interpreti come Jim Carrey e Kate Winslet. Lontani dai ruoli in cui erano stati ormai ingabbiati per la volontà di continue aspettative spettatoriali (comici e deliranti lui, sentimentali e in costume lei) i due attori affondano a pieni mani nel bacino di un realismo dolorante per restituire due anime solitarie destinate a incontrarsi, odiarsi, perdersi e ritrovarsi.
Esuberante la performance della Winslet, totalmente in sottrazione quella di Carrey, i due protagonisti comprendono e offrono in dono ai propri spettatori l'essenza di Joel e Clementine con fare naturale e dolorosamente realistico. Senza alcuna forzatura, si immergono nella corrente dei ricordi, passando da un attimo temporale all'altro, dalla sfera reale a quella mentale. Carrey e Winslet oltre che presta-corpi (e presta-menti) dei propri personaggi, si elevano anche a punti di riferimento per un pubblico altrimenti lasciato allo sbando, privo di ogni bussola e sistema di orientamento all'interno di un racconto dove tutto è imprevedibile, proprio come imprevedibili sono la vita e le memorie che la investono.
Prologo che si fa epilogo, e finale che si fa inizio, Se mi lasci ti cancello ruota su un circolo virtuoso di due cuori comunque destinati a ritrovarsi, anche all'ombra dell'amnesia. Puoi sradicare il ricordo, dimenticare un volto, ma se sei tu a occupare l'altra estremità di un filo rosso, allora non puoi che seguire il ritmo di quel battito cardiaco a te destinato: proprio come accade a Joel, proprio come accade a Clementine, mentre tutto riparte sulla spiaggia di Montrauk.