Ci sono momenti che, nel giro di pochi secondi, possono cambiarti la vita. Il momento che ha cambiato la vita a Barry Jenkins è avvenuto due anni fa, nel rocambolesco finale della Notte degli Oscar. Neanche uno sceneggiatore di Hollywood avrebbe potuto scrivere una scena così: Warren Beatty apre la busta sbagliata e annuncia La La Land come miglior film. Pochi secondi dopo, ci si accorge che c'è un errore: il miglior film è Moonlight. E Barry Jenkins, da quel momento è un Regista Premio Oscar. Abbiamo chiesto al regista, alla Festa del Cinema di Roma 2018 per presentare Se la strada potesse parlare (If Beale Street Could Talk, tratto dal libro di James Baldwin) cosa avesse provato in quei secondi.
"Gli Oscar sono stati una cosa stranissima" ci ha risposto. "Ci sono così tanti show, premi anche piccoli, e nulla va male. Hanno detto il nome dell'altro film, e io non ho pensato nulla: a volte vinci a volte perdi. Quello che mi ha scioccato è che ci fosse stato un errore. Non me lo ricordo neppure quel momento. Per un'ora non ho ricordato nulla. Dopo sono uscito. E avevo un Oscar". E dopo un Oscar nulla può essere più come prima, inutile negarlo. "La mia vita è cambiata" conferma il regista. "Se ora mando una mail o faccio una telefonata, mi rispondono, ma in modo molto più diretto. Prima che ti succeda una cosa di questo tipo il tuo lavoro è convincere le persone a dire sì, adesso è imparare a dire no".
(NdR: nel momento in cui pubblichiamo questa intervista Se la strada potesse parlare ha ricevuto 3 nomination agli Oscar 2019, di cui una andata proprio a Jenkins!)
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Dal libro di James Baldwin al film
Ambientato nella New York degli anni Settanta (siamo nel quartiere nero di Harlem), il film, di cui abbiamo parlato nella nostra recensione di Se la strada potesse parlare, segue le vite di due giovani innamorati, Tish e Fonny, uniti dal loro amore e dal bambino che stanno aspettando, e divisi dal carcere, dove lui è stato rinchiuso per un crimine che non ha commesso. Sorridente, divertito, ben disposto verso la stampa accorsa alla presentazione del suo ultimo lavoro, Barry Jenkins ha parlato di come è nato il film. "Da molti anni amo gli scritti di James Baldwin, da quando ero all'università: è stata una donna a farmelo conoscere. Mi piace come scrive, come esprime la sensualità nel suo lavoro. In _Se la strada potesse parlare ci sono due voci di Baldwin: una è romantica, parla d'amore, e l'altra è critica verso il sistema, parla della vita dei neri e dei bianchi in America. E me ne sono innamorato_". Quello di Jenkins è un lavoro minuzioso, attento ai gesti. "Come sceneggiatore e regista cerco di riflettere sul mondo in cui sono cresciuto. Da piccolo ero spesso solo, e ho imparato a osservare le persone, i loro piccoli gesti. La cosa più importante a volte sono le cose che le persone si dicono, ma spesso sono i loro gesti. Mi concentro su questi piccoli gesti di intimità: sia come sceneggiatore che come regista cerco di lavorare su questo. I personaggi di questo film hanno interazioni personali importanti, spesso a due".
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Un adattamento, come Moonlight
A colpire, in Se la strada potesse parlare, è il tono pacato del racconto, il respiro della storia. "È un adattamento, e lo era anche Moonlight" riflette Jenkins. "Quando si fa un adattamento cerchi di rispettare questa storia. Quella era come un viaggio. Il modo in cui l'autore racconta questa storia deve essere onorato. Bisogna sempre onorare la storia, avere rispetto del testo". E il testo di Baldwin punta sull'amore, sul sostegno che si danno le persone, più che essere una presa di posizione dura sulla condizione degli afroamericani. "Anche nel libro c'è questa idea dell'amore che può servire a proteggere una persona. Baldwin ci dice che i neri hanno vissuto cose terribili, e nonostante tutta questa sofferenza abbiamo ancora la gioia, l'amore e la bellezza. In questo film volevo parlare di questo espressionismo romantico". È probabile che dalle pagine di Baldwin traspaia un grande amore verso i propri personaggi. Quello che è evidente, dal film, è quanto li ami il regista, che in una scena chiave, quella della prima notte d'amore tra i due protagonisti, sembra prendersi cura, abbracciare la sua protagonista, come fa in effetti il suo uomo. "Il personaggio di Moonlight e questi sono molto diversi" ci conferma l'autore. "Lì c'è distanza tra il pubblico e il protagonista, perché è lui che sta fuggendo da se stesso. Qui è come se abbracciassi il personaggio principale, Tish. Tutti vogliono abbracciarla, nutrirla, proteggerla: è vero che il modo in cui lo racconto è come un abbraccio".
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Un bambino nero nasce naturalmente nel pericolo
Questo calore attorno a Tish è qualcosa di tipico nelle famiglie afroamericane, un sapersi stringere uno all'altro, il voler tenere stretti i propri figli. A chi gli fa notare la bellissima scena in cui nasce il bambino di Tish e Fonny, Jenkins racconta che "c'è un autore, Ta-Nehisi Coates, che ha scritto che quando nasce un bambino nero nasce naturalmente nel pericolo, quindi la famiglia tende a proteggere il bambino". "Ho sentito nel mio cuore che nel vedere questa scena il pubblico volesse vedere un'affermazione dell'amore della famiglia nera" aggiunge. "Questo istinto protettivo esiste, ed è scioccante è che a noi vengano raccontate storie in cui ci viene detto che ai neri non interessa niente dei nostri bambini". Il discorso si sposta anche sul razzismo in Europa. "Cosa penso dell'Europa?" risponde il regista. "È un posto molto grande, con molti confini. Non posso dire di non aver notato che in Europa i confini stanno diventando sempre più duri. C'è una scena nel film in cui una coppia va a cercare un posto dove prendere casa. Dopo la visita all'appartamento il personaggio del padrone di casa doveva connettersi a loro. E dice: è una delle cose che abbiamo in comune, siamo tutti figli di una madre. Quelli che hanno ricevuto in nutrimento materno sono simili fra loro, quelli che non l'hanno avuto erigono muri".
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Le conseguenze dell'Oscar
Nel film compaiono, per dei brevi cameo, Diego Luna e Dave Franco. "Ero scioccato che Diego Luna avesse accettato di fare un ruolo nel film" rivela Jenkins. "Anche Pedro Pascal, credevo che non l'avrebbe fatto e ha detto "sì lo farò", è arrivato dalla Repubblica Dominicana e abbiamo girato. Quando vinci un Oscar succede questo: chiami, anche per un giorno, e loro arrivano. Ma credo che amassero molto il lavoro di Baldwin". È proprio vero: ci sono momenti che possono cambiarti la vita. E uno di questi è il momento in cui vinci un Oscar.