Esattamente cinque anni fa Venezia salutava Non essere cattivo, l'ultimo film di Claudio Caligari, quello che fece conoscere l'indiscusso genio del regista di Amore tossico al grande pubblico e che avrebbe riabilitato la sua immagine agli occhi di un'industria che lo aveva sempre snobbato. Caligari era morto quasi alla fine del montaggio del film, Non essere cattivo arrivava diciassette anni dopo L'odore della notte e fu realizzato solo grazie all'aiuto dell'amico Valerio Mastandrea. Se c'è un aldilà sono fottuto, documentario di Simone Isola (tra i produttori di Non essere cattivo) e Fausto Trombetta, parte proprio da lui e dalla famosa lettera scritta a Martin Scorsese per trovare i finanziamenti necessari alla produzione del terzo e ultimo film di Caligari. Il film andrà in onda sulla Rai e da settembre inizierà un tour nelle sale delle principali città italiane a partire da Arona, la sua città natale. Un omaggio che ripercorre la vita e il cinema di un outsider, e che i registi ci raccontano in questa intervista.
Raccontare la vita di Caligari
Da cosa vi siete lasciati guidare in questo racconto sulla vita e il cinema di Caligari?
Simone Isola: L'idea è nata da Marco De Annuntiis, musicista di Ostia e nipote di Michela Mioni, l'unica delle protagoniste di Amore tossico ancora in vita. Marco è cresciuto con il mito di quel film, quindi ha coinvolto Fausto Trombetta e insieme hanno cominciato a raccogliere una serie di interviste ad amici e collaboratori di Claudio, poi sono arrivati da me.
Da qui l'idea di un progetto nuovo, che partisse dalla lavorazione di Non essere cattivo e finisse con l'arrivo del film a Venezia, inserendo nel mezzo tutte le tappe del lavoro di Claudio Caligari da Amore tossico a L'odore della notte. L'obiettivo era creare un racconto con questo filo conduttore, ricco di contenuti e frutto di una serie di casualità positive e dell'unione di forze.
Fausto Trombetta: Non ho avuto la fortuna di conoscere Claudio, ma sono legato a lui da sempre: sono cresciuto nella piazza che lui ha così ben raccontato in Amore tossico, che per me era un cult prima ancora che lo diventasse per il grande pubblico. Sono il testimone oculare di un'epoca, gli anni '80, vissuti nella periferia della periferia di Roma.
Claudio Caligari, il cinema di un "outsider"
Dagli aneddoti di Amore tossico ai film mai realizzati
Il documentario arriva a pochi anni dalla scomparsa di Caligari. C'è qualcosa che avreste voluto inserire e che invece siete stati costretti a sacrificare?
Simone Isola: Credo sia trascorso il tempo giusto. Questi quattro anni hanno dato al documentario una distanza e una forma diversa da come sarebbe stata subito dopo la morte di Claudio. Abbiamo lasciato fuori una marea di materiale, soprattutto su Amore tossico su cui si potrebbe fare un film a parte. Abbiamo lavorato molto al montaggio, dovevamo evitare di concentrarci troppo sul film e poco sul personaggio; all'inizio eravamo arrivati un'ora e un quarto di montato solo su Amore tossico, ma così si sarebbe perso di vista l'uomo. Vita e cinema in questo caso sono fuse tra loro, quindi abbiamo deciso di eliminare alcuni aneddoti relativi al film cercando invece gli aspetti più rilevanti per il racconto della sua personalità. Ma faremo una pubblicazione per permettere al pubblico di conoscere tutti gli episodi rimasti fuori dalla narrazione, comprese le tantissime polaroid scattate da Claudio durante il lungo lavoro di ricerca a Ostia l'anno prima delle riprese.
E cosa avete scoperto di nuovo?
Simone Isola: Mi ha sorpreso sapere che il gruppo di tossici protagonisti fosse perfettamente consapevole di quello che stava facendo, riconoscevano in Amore tossico un atto politico.
Se c'è un aldilà sono fottuto rimonta e ricolora la vita di Caligari, ma lavora anche su un livello di finzione.
Fausto Trombetta: È la storia di Claudio all'interno della storia dei suoi film e delle difficoltà produttive che lo hanno portato a non realizzarne almeno altri trenta. Questo ha reso tutto molto più complesso; la cosa più difficile era non cadere nella facile retorica, abbiamo cercato di fermarci sulla soglia della sua intimità senza insistere troppo su particolari che non avrebbero aggiunto nulla al film.
Simone Isola: Eravamo coscienti che sarebbe stato un lavoro complicato, abbiamo iniziato a montare a marzo e abbiamo finito poco tempo fa. Era importante mantenere un equilibrio tra le tappe della lavorazione e la sua vita, sulla carta era un lavoro affascinante, ma metterlo in atto è stato molto faticoso.
Il fatto che Caligari avesse realizzato solo tre film, ha aumentato la quantità di materiale a disposizione e quindi le difficoltà nel doverci lavorare?
Simone Isola: Siamo partiti da un'idea di scrittura, Fausto aveva già fatto un lavoro enorme. Il materiale di partenza era infinito, avevamo le sceneggiature non realizzate, almeno venti, e la relativa documentazione, c'erano le foto, venticinque interviste già fatte a cui ne abbiamo aggiunte altre, e poi le riprese fatte con Maurizio Calvesi sui luoghi di Caligari. Lo schema del film era già scritto, la difficoltà era dargli una forma.
Fausto Trombetta: Per raccontare la complessità di Claudio non basta parlare solo dei tre film girati, perché vive anche in tutti quelli che non è riuscito a realizzare.
Non essere cattivo: Valerio Mastandrea e il cast raccontano l'ultima sfida di Claudio Caligari
Il genio visionario di Claudio Caligari
I più interessanti?
Simone Isola: Nel documentario abbiamo deciso di parlare di Anni rapaci e Ho 12 anni e faccio la cubista, ci hanno colpito perché hanno anticipato i racconti cinematografici degli anni successivi: il primo quello delle 'ndrine a Milano, il secondo quello delle baby squillo, anche se in chiave più cruda. Abbiamo letto poi Andare ai resti, storia di una banda criminale degli anni '70 nel milanese, e Effetto Elisa, una storia femminista sul finire degli anni '80. Ogni progetto è accompagnato da un dossier di ricerca preliminare, mi colpì quella ad esempio fatta per Anni rapaci sulle auto d'epoca attraverso la raccolta di articoli sui boss arrestati in quegli anni. Sono tutte sceneggiature molto realistiche, naturali e dirette.
Fausto Trombetta: Tutte hanno una forte impronta politica e sociale, parte integrante del suo lavoro.
È stato visionario anche nello scoprire dei talenti, ha valorizzato e dato nuova statura ad attori come Mastandrea, Borghi, Marinelli...
Simone Isola: Parlava poco con gli attori, ma gli dava molti film da vedere, li faceva calare dentro la realtà dei personaggi, ma poi li lasciava liberi di muoversi come volevano. Per Non essere cattivo diede a Luca una copia di Mean Streets e Rocco e i suoi fratelli.
Fausto Trombetta: Pretendeva dai suoi attori la stessa libertà espressiva che manifestava nel suo lavoro.
I film di Claudio spaventavano. Può essere una delle cause per cui facevano fatica a trovare una strada produttiva?
Fausto Trombetta: Il linguaggio cinematografico di Claudio spaventava, certo; come sottolinea Fabio Ferzetti in una delle interviste del documentario, avrebbe dato un braccio per realizzare Romanzo criminale. Mi piace pensare che se lo avesse diretto lui sarebbe stato tutto un altro film. Era un uomo rigoroso che non scendeva a patti neanche con le asperità del suo carattere, figuriamoci con i compromessi impliciti in un sistema come quello del mondo cinematografico.
Simone Isola: Non era facile stargli dietro, se fosse nato negli anni '30 avrebbe fatto molti più film. Si era ritrovato in un'epoca, in cui il cinema stava cambiando legandosi sempre di più alla televisione, con cui quei tipi di storia erano inconciliabili.