Quando pensiamo alla saga di Scream pensiamo a una serie di marchi, di elementi tipici di questo horror ormai diventato iconico e centrale nella storia recente del genere. Li ritroviamo tutti anche in Scream VI, appena arrivato nei nostri cinema, dal 9 marzo. C'è la classica telefonata, ci sono le domande sul cinema horror, c'è tutta la teoria su che tipo di film stiano vivendo i protagonisti. Ci sono la paura, gli inseguimenti, le coltellate, il sangue. Ci sono le eroine, le scream queen. Ma in questo sesto capitolo della saga di Scream ci abbiamo trovato anche una costruzione sapiente della suspense. Si sa che qualcuno verrà squartato, qualcun altro riuscirà a salvarsi. Ma, in molte scene, c'è una sorta di attesa, di gioco con i personaggi e con il pubblico, che ci è sembrato piuttosto riuscito. Ecco come Scream VI ha creato l'arte della suspense in tre scene.
La suspense secondo Alfred Hitchcock
Alfred Hitchcock diceva che la tensione viene creata ad arte dal regista in base alla quantità di informazione che dà allo spettatore rispetto ai protagonisti del film. Perché l'immaginazione dello spettatore comincia a fare previsioni sul futuro della trama, comincia ad anticipare gli sviluppi e in questo modo altera la costruzione temporale della narrazione. È questo che dà vita alla suspense. C'è una suspense diretta se lo spettatore è all'oscuro di qualsiasi informazione e quindi sviluppa una tensione totale, e c'è una suspense condivisa, quando lo spettatore ha le stesse informazioni del protagonista, con il quale può identificarsi. Ma c'è anche il caso in cui lo spettatore sa più dei protagonisti: è il classico esempio della bomba che sta per scoppiare sotto il tavolo a cui due persone sono sedute, ignare di tutto. Sapere che la bomba esploderà, perché l'abbiamo vista posizionare lì, e magari a che ora, ci induce uno stato di tensione ancora diverso.
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1. Vista e udito
La prima scena che ci ha colpito è quella del primo incontro (ma è meglio dire scontro) tra le due protagoniste, Tara Carpenter (Jenna Ortega) e sua sorella Sam (Melissa Barrera) con Ghostface, il redivivo assassino di Scream. Il maniaco ha appena chiamato Sam e le ha detto che il suo obiettivo è proprio lei. Poco dopo quel pazzo con la maschera dell'Urlo di Munch si palesa, e le nostre eroine si rifugiano in un drugstore. A poco serve l'intervento del padrone. Le ragazze si trovano da sole, con il killer, nel negozio. E allora assistiamo ad un classico della suspense. C'è silenzio assoluto. Le due sono nascoste dietro gli scaffali, e si devono muovere da una parte all'altra senza l'assassino le veda. Basta un movimento, in contemporanea al suo, e appariranno alla sua vista. È una partita che si gioca su vista e udito. Anche un rumore può, per un attimo spostare l'attenzione. E allora Sam mette in atto un trucco che è un classico del cinema thriller e horror, o anche nel cinema di guerra. Lanciare un oggetto in modo da creare un rumore in un'altra direzione. L'avversario così è sviato, è attirato da un'altra parte lasciando il campo libero per la fuga. In questa scena, il punto di vista delle protagoniste è alternato a quello dell'assassino. Noi non abbiamo più informazioni di loro: di volta, in volta, vediamo quello che vede il personaggio in questione, e non abbiamo una visione di insieme. Per cui sappiamo che, sporgersi da un corridoio all'altro, può costare la vita. E ci identifichiamo con le due protagoniste.
2. La fuga, il pericolo alle spalle e il vuoto
Un altro stilema tipico della costruzione della suspense è quello della fuga. Ci identifichiamo nella preda che deve sfuggire al cacciatore. E tutto questo è più ansiogeno quanto più il nostro avversario è vicino, e quanto più la fuga è difficile. Le ragazze sono chiuse nel bagno del loro appartamento, e l'assassino sta sfondando le porte. C'è anche chi è già stata ferita. Il ragazzo di Sam, che abita dal lato opposto del cortile, dalla finestra di fronte lancia loro una scala a pioli. Quella scala diventerà il ponte per una difficile fuga verso l'altro lato del palazzo. In questa scena ci sono tutti gli elementi per creare suspense e tensione. Quell'assassino che ormai ha sfondato la porta ed è alle spalle, e ha quasi raggiunto quella scala. Quella scala, diventata un ponte, sembra non finire più, la distanza dall'approdo sembra impercorribile. E, in più, un altro classico della fuga è il vuoto. Guardare sotto, mentre si sta percorrendo quella scala, rende tutto terribilmente più complicato. Anche qui abbiamo quasi tutte le informazioni dei personaggi. In questo caso, anche se solo per un attimo, sappiamo qualcosa in più dei personaggi: l'assassino ormai è entrato in bagno e si sta pericolosamente avvicinando alla finestra e alla scala. Quelli che ancora devono salirci, sono di schiena e non hanno una visione di insieme. Ma viviamo ogni passo in avanti delle ragazze su quei pioli con il cuore in gola, come i ragazzi che sono dall'altra parte e stanno vedendo tutto.
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3. Il luogo affollato
Ma la scena forse più geniale, a livello di costruzione della suspense, di Scream VI, è quella che arriva verso la fine del film, appena prima dello scontro finale. Mindy (Jasmin Savoy Brown) e gli altri hanno deciso di raggiungere il luogo dove sfideranno Ghostface con i mezzi, in modo di non essere mai da soli. Al momento di entrare nel vagone, i primi si affrettano, e Mindy, insieme a Ethan (non proprio una presenza ideale) rimane fuori dal vagone. Deve prendere il treno successivo. E qui viene sfatato il topos tipico dell'agguato, che lo vuole solitamente di notte e in un luogo isolato. Qui siamo in un posto illuminato (anche se la luce va e viene ad arte) e affollatissimo come il vagone di una metropolitana. In teoria, in mezzo a tante persone si è al sicuro. Ma se in mezzo a quella folla ci fosse Ghostface? Il dubbio c'è, e così crescono la suspense, la tensione, la paura. L'idea geniale è quella di ambientare tutto nei giorni di Halloween. Così, in quella metropolitana, in molti sono vestiti da Ghostface. Quindi, tra loro, ci possono essere persone qualunque. O Ghostface stesso. La regia è abile nel creare tensione. A ogni piccolo blackout, una di quelle figure con la maschera si fa più vicino. Sta cercando proprio Mindy o, magari, si sta avvicinando all'uscita. Stavolta non abbiamo nessuna informazione più di lei. E seguiamo tutta la scena dal suo punto di vista, ci identifichiamo completamente nel suo punto di vista. E così oscilliamo continuamente tra l'idea di preoccuparci per niente (che sarà mai, sono solo dei ragazzi in maschera...) e l'idea che, uno di quei Ghostface, potrebbe essere proprio l'assassino e stia puntando proprio Mindy: cioè noi.