Se vogliamo mettere da parte l'ovvia componente di puro intrattenimento, uno degli aspetti interessanti del cinema di genere, l'horror in prima battuta, è quello di approfondire in chiave fantastica, talvolta eccessiva al punto da sfiorare il grottesco, temi importanti della nostra realtà, offrendone una chiave di lettura critica quanto profonda. Sin da Metropolis di Fritz Lang, passando per la metafora del consumismo incarnata dagli zombie movie di Romero, sono innumerevoli gli esempi di film che hanno motivi di interesse che vanno oltre quelli della storia che raccontano al loro pubblico.
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Ultimo esempio di un cinema di questo tipo è Scappa - Get Out, il thriller scritto e diretto da Jordan Peele e prodotto dalla Blumhouse, casa a cui si devono film come The Visit e Insidious, che arriva nelle sale italiane grazie a Universal dopo aver aperto il campo alla discussione anche in patria, dove ha racimolato incassi più che dignitosi ed aver raggiunto il record di miglior risultato al boxoffice per un regista di colore, battendo anche il recente Straight Outta Compton, e miglior debutto con script originale di tutti i tempi. Un film che rientra a pieno diritto tra i casi citati in apertura, portandoci in una tranquilla periferia americana.
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Indovina chi viene per il week-end
Peele ci racconta infatti di Chris e Rose, coppia in procinto di fare un passo importante che per molti è motivo di preoccupazione: la presentazione del proprio compagno ai genitori. I due stanno per partire per la città natale della ragazza, per passare un week-end con i genitori di lei e concretizzare questo momento chiave della loro relazione, reso ancora più delicato da un dettaglio: Mike è di colore. Il ragazzo è ovviamente preoccupato, a dispetto delle rassicurazioni della fidanzata, perché i signori Armitage, i genitori di Rose, non conoscono ancora questo particolare e la vita l'ha abituato alle più diverse reazioni che i bianchi possono avere nei suoi confronti. Come reagiranno a questa sorpresa?
Una volta a destinazione, Chris percepisce qualcosa di stonato: l'eccessivo, forse falso, affetto dimostrato dai signori Armitage, può essere una compensazione per mascherare lo stupore, ma potrebbe anche nascondere qualcosa di più. Anche considerando il comportamento bizzarro dei domestici Walter e Georgina ed il dettaglio, non trascurabile, che i due sono le uniche persone di colore di un vicinato preciso e ordinato. Timori che raggiungono il culmine nel raduno annuale ospitato dagli Armitage e che si tiene proprio quel week-end.
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Inquietante realtà borghese
Noi spettatori di Get Out abbiamo un netto vantaggio rispetto al protagonista Chris: abbiamo visto il teso incipit del film e sappiamo che qualcosa di malevolo si nasconde tra le pieghe perfette della realtà di periferia borghese che ci viene presentata. È l'arma di Peele per insinuare sin da subito nello spettatore la consapevolezza che il bizzarro comportamento dei familiari di Rose nasconda qualcosa di più di un semplice disagio dovuto alla scoperta dell'identità razziale del fidanzato della ragazza. Su questa ambiguità, il regista costruisce un film che gioca con la tensione e con il suo pubblico, aggiungendo un dettaglio spiazzante dopo l'altro, dall'ipnosi al comportamento sopra le righe del fratello di Rose (un inquietante Caleb Landry Jones) e la bizzarria degli ospiti del raduno Armitage, procedendo tra trovate e convenzioni da film di genere, tra classici salti sulla sedia e colpi ad effetto, fino ad arrivare alla scoperta della rivelazione riguardo il mistero della famiglia e del loro surreale gruppo di conoscenti.
La questione razziale
Tra momenti di tensione ben calibrati ed alcuni eccessi che virano al grottesco, infatti, Scappa - Get Out si rivela un thriller più che dignitoso ma non sorprendente in quanto tale, che ricalca modi e tecniche convenzionali ma fa un deciso passo in più grazie al tema che affronta e a come lo tratta, grazie ad uno script che gioca con il genere e lo rende una satira feroce nei confronti del modo, o dei diversi modi, in cui la società americana gestisce la questione razziale, senza puntare l'attenzione su estremisti, neo-nazisti o ignoranti di alcuni stati del sud, ma sui liberali della classe media, quelle persone insospettabili che "avrebbero votato Obama per la terza volta, se avessero potuto". Una denuncia, se così possiamo definirla, che non risparmia anche il cinema in quanto industria, il modo in cui il protagonista di colore viene abitualmente gestito e raccontato dalla settima arte e che non approfondiamo con maggior dettaglio per evitare fastidiosi spoiler.
Con suggestioni da La fabbrica delle mogli e derive da horror estremi come Society di Yuzna, Get Out si erge dal calderone dei thriller e rivela la sua importanza nel contesto della cinematografia contemporanea, dimostrando un valore generale che va al di là di una qualità cinematografica presente, ma apprezzabile soprattutto dagli amanti di un certo tipo di thriller/horror.
Movieplayer.it
3.5/5