L'espansione nordica di Netflix continua con un nuovo titolo, di cui parliamo in questa recensione di Sarò mamma, appellativo che non rispecchia pienamente né quello internazionale (Baby Fever), né quello originale (Skruk, termine che indica il desiderio irrefrenabile di diventare madre). Una produzione di stampo comico, con sei episodi di trenta minuti ciascuno che esplorano il tema dei rapporti sentimentali al giorno d'oggi in un contesto particolare quale quello dei trattamenti per la fertilità, argomento molto forte in Danimarca che è il paese con il maggior numero di esportazioni di sperma (il che può far sì che da un singolo donatore nascano 200 figli in giro per il mondo). Una premessa interessante per arricchire il catalogo scandinavo, da sempre uno degli elementi più solidi della componente internazionale della piattaforma.
Conto alla rovescia e seconde opportunità
Sarò mamma è incentrato sulla storia di Nana (Josephine Park, già vista nella miniserie The Investigation), che lavora in una clinica per la fertilità e interagisce quotidianamente con coppie che vogliono avere figli e si ritrovano in difficoltà con i metodi naturali per un motivo o l'altro. Un giorno, lei stessa scopre di avere le ore contate per quanto riguarda l'orologio biologico, con un arco di tempo limitato a disposizione per rimanere incinta. Nana ricorre quindi a metodi estremi, sfruttando il contesto lavorativo in modo non propriamente etico. E così continua ad alternare i propri progressi a quelli dei pazienti, come se nulla fosse, ma le cose si complicano quando si imbatte in una vecchia fiamma e, percependo la possibilità di una seconda chance, si chiede - giustamente - come gestire la verità relativa alle sue recenti trasgressioni professionali...
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Niente sesso procreativo, siamo danesi!
Il fascino della serie sta nell'equilibrio tra serio e faceto, sin dalla sequenza d'apertura che introduce la premessa in modo abbastanza goliardico, per poi cedere il posto a riflessioni più serie sul desiderio di maternità e sulle complicazioni sentimentali, proponendoci personaggi a tutto tondo in un contesto che poteva prestarsi facilmente alla farsa allo stato puro. Il meccanismo seriale si sposa piuttosto bene con l'idea di base, con l'evoluzione progressiva della storia personale di Nana e, in parallelo, quelle episodiche dei pazienti, ed è ben articolato tramite le performance degli attori, tutti in sintonia con la nozione dell'equilibrio tragicomico che è in gioco. Solo occasionalmente la scrittura scivola un po', lasciando intendere che forse si poteva comprimere il materiale all'interno di un lungometraggio anziché spalmarlo su sei episodi, ma il carisma della protagonista è più che sufficiente per generare la giusta attesa e spingerci ad arrivare fino in fondo.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di Sarò mamma ribadendo come il nuovo titolo danese di Netflix esplori un tema non banale con tocco simpaticamente tragicomico e un'ottima interpretazione centrale.
Perché ci piace
- Josephine Park è strepitosa dall'inizio alla fine.
- L'equilibrio tra serio e faceto è gestito bene.
Cosa non va
- La scrittura scivola a volte nel cliché e nella digressione.