C'è Beppe Vessicchio che si riprende il palco, anche se per poco, ci sono Giorgia ed Elisa che invece lo fanno venir giù a ogni nota, c'è una Chiara Francini tagliente, ironica e dai tempi comici perfetti che si smarca dal ruolo di co-conduttrice e tiene la scena meglio di chiunque altro. La quarta serata del 73esimo Festival di Sanremo è quella dei duetti e delle cover con i 28 cantanti in gara che si esibiscono ciascuno in coppia con un altro artista reinterpretando alcuni celebri successi. Ed è finalmente come dovrebbe essere ogni serata di questo elefantiaco show: divertente, festosa, leggera, un revival di emozioni con effetto karaoke (che non sempre guasta) che spettina persino il pubblico dell'Ariston.
Serata cover tra revival, effetto karaoke e autocelebrazioni
Lo spettacolo ritrova il suo ritmo, non senza prima aver pagato però la tassa del siparietto tra i due padroni di casa: Gianni Morandi, ormai consacrato a spalla comica di questo festival, e noto per la sua attività da maratoneta, irrompe sulla scena in tuta correndo sulle note di Zitti e buoni e indossando la pettorina numero 73 (come l'edizione di questo Sanremo). Passabile: in sala ridono divertiti, da casa per un misto di incredulità e simpatia nei confronti del Gianni nazionale, da proteggere come le specie in estinzione. La musica si riprende la centralità che meriterebbe tra medley e remix, in un incalzare di duetti che diventano meno riusciti quando si riducono a un'esibizione autocelebrativa del proprio repertorio. Lo fa Eros Ramazzotti con Ultimo dimenticando persino le parole delle sue stesse canzoni, ma anche Anna Oxa con Un'emozione da poco, il brano che la portò per la prima volta a Sanremo nel 1978: a metà esibizione non si capisce ancora chi sia l'altra voce del duetto, lo capiremo nel finale quando il violoncellista Iljard Shaba arriva finalmente in scena esibendo le sue doti di performer.
Non ha convinto tutti ma alla coppia Gianluca Grignani e Arisa si vuol bene: con Destinazione paradiso mettono su uno show che fa cantare e alzare in piedi il pubblico, nonostante a tratti sia una vera catastrofe, "Gianlu' abbiamo fatto un casino" dirà Arisa. Momento outsider e più rock della serata, che ha anche il merito di riportare all'Ariston Beppe Vessicchio, eccezionalmente in co-direzione con Enrico Melozzi. Da brividi l'esibizione che aspettavamo da circa venti anni, da quel Sanremo 2001 che le vide conquistare il primo e il secondo posto, rispettivamente con Luce e Di sole e d'azzurro. Elisa e Giorgia duettano sulle note di quei due brani ed è standing ovation, oltre che uno dei pochi momenti di musica vera. Eleganza, voce, talento in una manciata di minuti che spazzano via tutte le altre interpretazioni. Effetto nostalgia anche con Articolo 31 e Fedez, con un medley che spazia da Italiano medio a Il funkytarro, Ohi Maria e Tranqi funky e quell'invito finale "Giorgia, legalizzala" che fa tanto anni '90. Incantevole Madame che con Izi, di bianco vestita rende omaggio a De André cantando splendidamente Via del campo anche quando aggiunge al testo delle parti inedite tutte sue.
Chiara Francini, sei tutte noi
Ma la vera rivelazione della serata è tutta nell'ironia affilata di Chiara Francini, co-conduttrice della quarta puntata, che rimette in riga i due maschi di casa e entra in scena ribaltando la liturgia della discesa trionfale della "valletta con monologo" dalla sacra scalinata dell'Ariston. Lei non ci sta, e allora il suo ingresso lo farà direttamente dalla platea con uno scambio di battute con Amadeus a cui finalmente viene voglia di credere: "Mi godo il Festival, lei e il sor Gianni siete spassosissimi. Io sono una ragazza umile, vengo dalla provincia", esordisce. "Io son profana, ma lei ha idea dei piedi che sono passati su quella scala in settantatré anni? Io invece di scendere preferirei salire", e poi: "Mamma, puoi iniziare a registrare da ora".
Sarà così ad ogni suo intervento ilare, preciso, centrato e mai banale seppur costretto a rimanere incasellato tra le rigide maglie del copione sanremese. Ma tant'è, Francini porta a Sanremo la sua arte, il suo mestiere, fa proprio il linguaggio dello show e ci si adagia senza arretrare di un millimetro. Doma quel palco in tutti i modi possibili, ma evidentemente non abbastanza (o forse troppo?) perché il suo monologo, la cosa migliore di questo festival, meriti d'essere mandato in onda a un orario consono. Arriva solo all'1.40 quando il pubblico festivaliero si è ormai assopito davanti agli sbrodolamenti vari della serata ed è uno schiaffo anche per i meno svegli. Parole dirompenti e indomabili sulla non maternità, in cui tutte, anche le madri, si saranno ritrovate. E così rivolgendosi a un fenicottero rosa e con una carrozzina accanto comincia: "Arriva un momento della vita in cui è chiaro che sei diventato grande: quando hai un figlio. Ora, io, Chiara, un figlio non ce l'ho... e arriva un momento, nella vita, in cui tutti intorno a te cominciano a figliare. È una valanga. Quando qualcuno ti dice che è incinta e tu non lo sei mai stata, non sai mai che faccia fare. Quando qualcuna ti dice che è incinta e tu non lo sei mai stata c'è come qualcosa che ti esplode dentro. Un buco che ti si apre, in mezzo agli organi vitali, una specie di paura, stordimento, e, mentre accade tutto questo, tu devi festeggiare, perché la gente incinta è violenta e vuole solo essere festeggiata. Tu devi festeggiare".
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Un monologo spietato, feroce anche quando urla un profondo e diffuso senso di colpa e inadeguatezza, la penale da pagare a una società che non perdona chi i figli non ha voluto o potuto averli: "Il tempo passava e che se non mi sbrigavo io, forse, un figlio non lo avrei mai avuto. E se anche mi sbrigavo, poi, non era mica detto. Perché anche quando ti decidi che è il momento giusto poi, magari, il corpo ti fa il dito medio e tu, allora, rimani col dubbio di aver sbagliato, di aver aspettato troppo, di essere una fallita. A noi donne il senso di colpa ci rimbomba dentro, come un eco. Io da qualche parte penso di essere una donna di merda perché non so cucinare, perché non mi sono sposata e perché non ho avuto figli". Vai Chiara, odia "ciò che si deve odiare, perché è con quell'odio lì che si fa tutto" e continua a urlarlo questo senso di inadeguatezza, per tutte le madri e le non madri, per tutte le donne, che il diritto di parola ce l'hanno ma solo a notte fonda, solo a patto di non urtare l'ordine costituito e di non mettere in ombra quel gigantesco albero di Natale con le lucine accese "anche a luglio, fuori tempo massimo". Chapeau.
Classifica finale cover
- Marco Mengoni con Kingdom Choir (Let it be)
- Ultimo con Eros Ramazzotti (Medley di Ramazzotti)
- Lazza con Emma e Marzadori (La fine)
- Giorgia con Elisa. (Luce, Di sole e d'azzurro)
- Mr. Rain con Fasma (Qualcosa di grande)
Classifica generale provvisoria
- Marco Mengoni - Due vite
- Ultimo - Alba
- Lazza - Cenere
- Mr. Rain - Supereroi
- Giorgia - Parole dette male
- Tananai - Tango
- Madame - Il bene nel male
- Rosa Chemical - Made in Italy
- Elodie - Due
- Colapesce Dimartino - Splash
- Gianluca Grignani - Quando ti manca il fiato
- Coma_Cose - L'addio
- Modà - Lasciami
- Articolo 31 - Un bel viaggio
- LDA - Se poi domani
- Leo Gassmann - Terzo cuore
- Paola e Chiara - Furore
- Ariete - Mare di guai
- Mara Sattei - Duemilaminuti
- Colla Zio - Non mi va
- gIANMARIA - Mostro
- Cugini di campagna - lettera 22
- Levante - Vivo
- Olly - Polvere
- Anna Oxa - Sali
- Will - Stupido
- Shari - Egoista
- Sethu - Cause perse
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