Quanto ti puoi spingere al di sopra delle leggi per fare del bene? È su questo pensiero che è stato intessuto tutto il filo sottile su cui cammina in precario equilibrio San Patrignano. Come cercheremo di sottolineare in questa nostra recensione di SanPa, la docu-serie di Netflix si fa vetrina e megafono di un universo adombrato da ombre e illuminato da luci di ribalta mai veramente spentesi. "Il miracolo non è quando spunta un fiore, ma quando un fiore spunta da una pianta morta" si afferma a inizio di questo prodotto seriale, che nel suo piccolo sa proprio di miracolo. Lontano da rappresentazioni finzionali e intrusioni di voci fuori campo di narratori estranei alla vicenda, la regista Cosima Spender (già autrice di un altro documentario da non perdere come Palio) affida al potere dei racconti e delle immagini di found-footage la potenza emozionale e di indagine della propria opera. Ciò che ne consegue è una produzione nata dalla terra romagnola per vantarsi di un sapore internazionale, capace così di attirare a sé, senza lasciarlo andare, un interesse del tutto nuovo, rinnovato, ma soprattutto esteso a orecchie e occhi che escono dai confini nazionali per abbracciare una realtà universale.
LUCI E OMBRE A SAN PATRIGNANO
Sanpa: Luci e tenebre di San Patrignano è un documentario che sa di racconto esistenziale. Come le fasi di una storia d'amore in cui il cuore batte forte e l'innocenza aleggia in ogni abbraccio, la comunità di San Patrignano nasce dall'idillio iniziale di un Eden in Terra pronto ad accogliere i reietti al margine della società, per poi lasciare spazio agli spettri infernali che da dentro quei ragazzi fuoriescono per aleggiare in ogni atomo di un microuniverso pronto ad ampliarsi sempre più, inglobando sogni, speranze, violenza, lacrime e sudore. Nascita e morte di un progetto al limite dell'utopia che Vincenzo Muccioli ha tramutato in realtà, convertendo come un sapiente alchimista la sofferenza e il buio di una tossicodipendenza in un futuro brillante. Eppure, non tutto ciò che luccica è oro, e così dietro a quelle lettere piene di entusiasmo inviate dalla collina di San Patrignano, si celano storie più o meno inedite, colorate di rosso sangue e oscurate da malattie tenute nascoste. I cinque episodi diretti da Cosima Spender si fanno pertanto sguardi intensi, sinceri, su una realtà che continua a far parlare di sé, (sopra)vivendo al limite di luci e ombre, segreti e realtà ora finalmente svelate.
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IL CONFESSIONALE DELLA CINEPRESA
Forgiandosi sull'impianto costruttivo e narrativo imposto dai documentari di stampo anglo-americano, SanPa lascia che sia la forza delle parole dei propri protagonisti ad attirare a sé come canti di sirene malinconiche i propri spettatori, facilitando così il processo di immedesimazione e partecipazione affettiva. Sono Fabio, Walter, il figlio di Vincenzo, Andrea, a farsi portavoce delle proprie esistenze, testimoni oculari, fisici e spirituali delle vite a San Patrignano. La macchina da presa di Cosima Spender cerca tra gli interstizi dei non detti, spia dal buco della serratura di anime raccolte e rattoppate, dando direttamente voce a chi quel mondo l'ha conosciuto, ne è stato accolto, colpito, atterrito, per rivedere la luce, o il buio eterno. Quella compiuta in SanPa è una ricerca attenta tra gli archivi televisivi e personali degli intervistati, al fine di ritrovare quelle tessere mancanti da incastrare perfettamente al centro di un puzzle mnemonico di vite a metà strada tra luci e ombre, abbracci e pugni.
Senza superbia, e con estrema sensibilità, SanPa mostra luci e ombre di una realtà a sua volta illuminata da un contrasto perpetuo tra segreti nascosti e storie esposte alla luce del sole. Abbattendo i confini tra il nostro mondo e quello dello schermo, la regista rimescola il tutto nella nostra contemporaneità facendo riemergere il fantasma di Muccioli nel presente di chi, anche per motivi anagrafici, non conserva alcun ricordo di quel periodo. Seduti, o immortalati in esterna da riprese ravvicinate e ristrette, i personaggi si ritrovano a scendere a patti con la lente di una macchina da presa a cui si confidano apertamente e senza filtri. Avvolti in ambienti intimi e conosciuti, confessionali della cinepresa, questi uomini e queste donne si incamminano in una catabasi illuminata dalla luce dei ricordi. Senza muoversi, ognuno di loro riesce comunque a viaggiare nel tempo, prendendo per mano lo spettatore senza lasciarlo mai, anche quando il passato si fa buio e pieno di catene, pugni, breakdown fisici e mentali.
RIVIVERE IL PASSATO
La regia di Cosima Spender e il montaggio curato e supervisionato da Valerio Bonelli (che ha lavorato con un team composto, oltre a lui, da Manuela Lupini, Tommaso Gallone e Francesca Sofia Allegra) fanno un passo indietro per adattarsi all'onda di voci rotte dal peso di flash mnemonici che compaiono come lampi improvvisi, pronti a illuminare un passato mai veramente rimosso, ma fattosi accompagnatore silente nel percorso della vita. Nei raccordi, ponte tra ieri e oggi, non si insinuano giudizi moralistici ed etici. In SanPa tutto vola su un mondo al di sopra del giusto e sbagliato. Limitandosi a dare voce a chi spesso è rimasto all'ombra di Vincenzo Muccioli, la regista lascia che sia il pubblico a elevarsi a giudice di una sentenza interna e personale sulla base delle testimonianze offerte. Il punto di forza di questa docu-serie sta dunque qui, nel processo di traduzione visiva di ricordi ora incarnati in immagini di repertorio e per questo resi tangibili, reali, vivi di nuovo. Un'esistenza alla seconda, nata dalla cenere di sguardi fissi alla ricerca di quella scintilla del passato da recuperare e con essa proiettare sullo schermo immagini in movimento dal sapore di polvere, animali da allevare, campi da coltivare.
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MEMORIALE DI UN PASSATO DA RISCOPRIRE
Nascita; crescita; gloria; declino e caduta: ogni episodio in SanPa si fa capitolo imprescindibile di un memoriale scritto con la forza delle parole e dei ricordi, ora messi in ordine con giudizio ed emozione - senza per questo cadere nella più becera retorica - dal montaggio di Valerio Bonelli. Non attacca SanPa, non salvifica o elogia, semplicemente racconta. Fornisce con sapienza ai propri spettatori gli strumenti necessari forgiati dal passato storico e personale di un'unità divenuta comunità, attraverso i quali costruire una propria idea sulla vita di Muccioli, se elevarlo a salvatore, o condannarlo a diavolo tentatore armato di slanci di onnipotenza. Tra le mani di Cosima, degli sceneggiatori e di Bonelli i racconti dei protagonisti diventano della stessa sostanza di cui sono fatte le regole all'interno della comunità di San Patrignano: tramandate, non scritte se non con l'inchiostro di una cinepresa e messe in ordine da un montaggio attento a esaltare ogni virgola, o leggero sospiro, andando a scavare nel passato nazionale e personale, e con ricordi visivi trascinare il proprio pubblico tra le superfici più sottocutanee di un corpo martoriato, illuminato su un lato e adombrato da un'oscurità violenta e indicibile nell'altro.
Conclusioni
Concludiamo questa recensione di SanPa sottolineando come la bellezza di un documentario sta nella sua semplicità. Senza l'intromissione di commenti extra-diegetici, ma puntando sulla profondità degli eventi e delle testimonianze dei protagonisti, ciò che si ottiene è un prodotto che attira lo spettatore nelle sue ricerche e indagini storiche.
Perché ci piace
- Il montaggio emotivo.
- La mancanza di performance attoriali e narratori in voice-over.
- L'accostamento di immagini di repertorio ai ricordi degli intervistati.
- L'argomento trattato senza pregiudizi.
Cosa non va
- La mancanza di un sesto episodio che permettesse di ridurre la durata media dei precedenti cinque episodi.