Una vera e propria ossessione quella di inserire a tutti i costi la parola amore nei titoli delle pellicole distribuite in Italia: L'amore all'improvviso - Larry Crowne, Un amore tutto suo, L'amore non va in vacanza, Lost in Translation - L'amore tradotto, tanto per citare alcuni esempi che vengono in mente senza neanche sforzarsi troppo. Titoli o sottotitoli spesso inutili quando non fuorvianti e non necessariamente attinenti alla trama, che hanno l'intento per lo più commerciale di richiamare un filone di facile consumo come la commedia romantica, adescare quell'ampia fetta di pubblico in cerca di intrattenimento più leggero, con il risultato a volte di far sembrare il film qualcosa che non è sminuendone la poesia e i contenuti.
E leggendo il titolo Ruth & Alex - L'amore cerca casa l'effetto è proprio quello: viene in mente la classica commediola ripescata dal fondo di qualche cassetto da far uscire a inizio estate quando in sala la programmazione langue. Evidentemente con la variante dell'elemento senile vista la non trascurabile e nobilitante presenza di due calibri come Diane Keaton e Morgan Freeman, per la prima volta insieme sullo schermo. Di commedia romantica si tratta in effetti, ma dai contenuti e i toni più autentici di quanto il posticcio sottotitolo lasci in effetti sperare.
I due del quinto piano
Una commedia sentimentale che veleggia leggera e discreta sull'onda delle nostalgie di una coppia che si ama da quarant'anni e che si ritrova improvvisamente in una spirale di ansia, euforia e preoccupazione per il proprio futuro quando decide di vendere l'appartamento a Brooklyn dove ha trascorso la vita, non solo perché convinta della bontà dell'affare dalla rampante nipote agente immobiliare (il quartiere all'epoca a buon mercato ora si è trasformato in un posto esclusivo e radical chic), ma soprattutto perché nel palazzo non c'è ascensore e cinque piani di scale cominciano a pesare (da qui il 5 Flights Up del titolo originale). Sullo sfondo, i riflessi di consapevolezza sociale di un America traumatizzata che fa in conti anch'essa con le sue paure, quella del terrorismo post undici settembre e quelle della crisi economica, inevitabilmente legate a doppio filo. Ma quello che in fondo nobilita maggiormente questa dramedy, oltre alle interpretazioni di due fuoriclasse, e soprattutto il fatto di riuscire a regalare momenti dal sapore autentico, merce rara di questi tempi, nel racconto di una storia d'amore all'insegna una volta tanto della semplice normalità.
Il futuro a settant'anni
Quello che attraversano Alex & Ruth è solo uno dei tanti momenti storici della vita di una coppia, nell'arco di un weekend dove sembra che debba succedere di tutto e invece in fondo non succede nulla, e alla fine si torna esattamente al punto di partenza. Novantasei minuti di visione sprecata? Dipende. Magari non è tanto la conclusione alla quale si giunge, ma come ci si arriva. Le ansie senili dei coniugi Carver e il legame profondo con l'ambiente in cui hanno vissuto e sono radicati, la voglia di cambiamento mista alla fisiologica paura che questo comporta, la loro quotidianità scombussolata, l'ansia del domani che ti coglie impreparato a quarant'anni come a settanta. Perché anche chi non ha tutta la vita davanti si interroga sul futuro, ma senza rinunciare alla speranza: "Non sappiamo dove siamo e dove stiamo andando". Una storia d'amore come tante, che resiste nella sua normalità è di per se un'avventura da esplorare ancora di più dei risvolti interrazziali che la caratterizzano e che infatti sono solo accennati.
Living together
Diane Keaton di nuovo su una panchina davanti ad un ponte, stavolta non è il Queensboro ma il Williamsburg Bridge, e forse non è neanche più la New York di Woody Allen, ma il fascino della sua musa di allora e ancora intatto con in suoi 69 anni. Ed è un piacere vedere come l'alchimia con Morgan Freeman (che ne ha 78) funzioni a meraviglia: i due forniscono spessore alla storia e la arricchiscono emotivamente, a livello sentimentale la solidità di un matrimonio può essere altrettanto coinvolgente e trasmettere lo stesso calore di una travolgente passione giovanile. Amore è emozionarsi rendendosi conto ancora una volta di conoscere così bene la persona con la quale si é deciso di vivere la vita, nel più quotidiano e insignificante dei gesti, ritrovarsi quasi con sorpresa a sussurrare il motivo che lui canticchia tutte le sere lavandosi i denti prima di sdraiarsi accanto a te.
Il messaggio del film di Richard Loncraine (un altro di quelli che dopo il Riccardo III "sembrava che dovesse succeder chissà che cosa e invece non è successo quasi nulla") potrà pure essere scontato e quindi banale: la memoria non ha prezzo così come gli oggetti che la custodiscono. Però la freddezza con cui gli estranei durante le visite open house invadono il tuo spazio e parlano di "buttare via quella roba" che per te è il lavoro di una vita coglie nel segno e non lascia indifferenti. Il problema principale del film è la necessità di trovare una dimensione più cinematografica che la storia in sé non contiene e che non riesce a raggiungere nonostante i flashback o le forzature delle varie sottotrame. Ma il coraggio di voler raccontare la normalità dell'amore e lo sguardo verso il futuro di una coppia una volta tanto non più giovane andrebbe premiato; e anche se la storia é forse più adatta all'intimità di un palcoscenico piuttosto che all'ampio respiro del grande schermo, regala sprazzi di autenticità affatto scontati.
Movieplayer.it
2.5/5