Rustin, la recensione: la speranza (cinematografica) di Obama, Colman Domingo e un film che parla al popolo

La recensione di Rustin: la storia vera dell'attivista Bayard Rustin, dalla nonviolenza al 'sogno' della Marcia su Washington. Un film sociale (prodotto dagli Obama), che si rivolge (anche) alla politica contemporanea, colpevole di aver dimenticato i valori fondanti e fondamentali. In streaming su Netflix.

Rustin, la recensione: la speranza (cinematografica) di Obama, Colman Domingo e un film che parla al popolo

Un film molto più importante a livello semiotico, che cinematografico. Sì, cinematografico, anche se poi la destinazione finale è quello dello streaming. Per essere più precisi, dello streaming Netflix. Cinematografico perché è palese quanto Rustin, diretto da George C. Wolfe, su sceneggiatura di Julian Breece e Dustin Lance Black, sia pensato per una visione il più possibile 'allargata'. Lo si nota dalla tecnica, dalla fotografia, dallo spazio che la regia lascia ai suoi personaggi che, immediatamente, diventano persone: del resto, Rustin, presentato al Telluride e poi a Toronto, racconta una storia forse poco conosciuta da noi, eppure esplicativa per il suo forte valore sociale e politico.

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Colman Domingo è Bayard Rustin

Il film racconta, appunto, la storia vera di Bayard Rustin, attivista - legato alla logica della nonviolenza - che organizzò la Marcia su Washington del 1963, rivendicando i diritti per il lavoro e la libertà. Un lavoro storico non indifferente - ma dalla messa in scena troppo patinata - che, passando limitatamente nelle sale USA, prima della distribuzione Netflix, si pone il presupposto di seguire la traccia dei premi. Con un altro presupposto ugualmente importante: prodotto dalla Higher Ground di Barack e Michelle Obama (produzioni fin ora altalenanti, bisogna dirlo, o almeno non all'altezza del doppio mandato presidenziale!), Rustin ha la capacità di dialogare direttamente con lo spettatore, portando in risalto l'uomo Rustin ma anche e soprattutto l'universo epocale, in cui la voce del popolo, nonostante il dilagante razzismo (che tutt'ora persiste, non dimentichiamolo), aveva ancora una rilevanza fondamentale, nonché di portata storica.

Rustin, la trama: la marcia su Washington e il discorso del reverendo King

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Una scena di Rustin

Del resto, ciò che è scaturito dalla Marcia su Washington rappresenta uno dei punti di svolta della storia statunitense e quindi mondiale. Ma andiamo con ordine, perché Rustin parte più o meno da lontano, narrando in poco meno di due ore, e sfruttando diversi flashback, la vita e gli ideali di Bayard Rustin, che viene interpretato da un bravissimo Colman Domingo (forse al suo ruolo dinamitardo, ma lo avevamo amato già in Se la strada potesse parlare di Barry Jenkins). L'attivismo, i diritti civili, i diritti degli omosessuali (nonostante le critiche, Rustin non nascose mai la sua omosessualità, e questo è uno dei punti fondamentali del film di George C. Wolfe).

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I have a dream...

In particolar modo, l'impegno nella lotta contro la segregazione razziale e contro la discriminazione, sposando la disobbedienza civile (oggi totalmente dimenticata, ed espressa dietro la comodità dei social network), imponendosi come un punto di riferimento, e mettendo in piedi, insieme a A. Philip Randolph (Glynn Turman), la famosa Marcia su Washington nell'agosto del 1963, coinvolgendo, non senza difficoltà, rispetto alle differenti vedute, Roy Wilkins (con il volto posticcio di un brizzolato Chris Rock) il leader della National Association for the Advancement of Colored Peopke, il leader Adam Clayton Powell (Jeff Wright) e, soprattutto, il reverendo Martin Luther King Jr. (Aml Ameen), molto legato a Rustin, che in quell'occasione pronunciò il rivoluzionario I have a dream.

Un film, ma anche un discorso politico

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Rustin: un'immagine del film

Come detto, se c'è una certa patina e c'è una certa cinematografia artificiosa ma comunque potente nella sua struttura - chiaramente, la storia vera è un mezzo in questo caso salvifico - Rustin illumina la necessità di (ri)trovare una certa connessione tra le ideologie politiche e l'azione diretta, in supporto di una rivoluzione che non andrebbe mai dimenticata, legittimando il sogno del reverendo King (adesso pericolante, data la svilente condizione statunitense). Un sogno costantemente svilito, tradito, reso slogan da una classe politica che ha dimenticato i valori fondanti e fondamentali, tradendo di conseguenza il sacrificio (anche di sangue) di quelle personalità come Bayard Rustin. Personalità che hanno contribuito a rendere il mondo più giusto e più equilibrato, lottando con coraggio e abnegazione.

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Rustin: un momento del film

La pellicola di George C. Wolfe, contestualmente, lavora al meglio quando affronta i riverberi sociali, rendendo il cammino da e per Washington un biopic per certi versi canonico nei suoi toni, riuscendo tuttavia a centrare i punti e i nervi, anche grazie allo sguardo appassionato di Colman Domingo, su cui indugia spesso il regista, carpendone ogni sfumatura espressiva. Per questo, dietro la figura di Rustin, c'è un film a modo suo universale, che appare come un vero e proprio discorso politico - enfatizzato dalla canzone originale di Lenny Kravitz, Road to freedom. Uno di quei discorsi che, purtroppo, appartengono al passato: oggi ci restano gli slogan di una politica che ha rinunciato all'empatia puntando sull'auto-consenso, stritolando gli ideali e la giustizia nel pugno di un effimero status quo. Eppure, figure rivoluzionarie come Rustin, sono ancora lì ad indicarci la strada: finché saranno ricordate, ci sarà speranza. E la speranza resta l'unico e audace appiglio che abbiamo.

Conclusioni

A volte posticcio nel trucco, a volte ridondante, a volte patinato. Eppure, il valore di Rustin, come scritto nella recensione, oltre che cinematografico è semiotico: portando in scena la storia vera di un attivista politico, il film prodotto da Obama si pone come lancio e come reminder di quanto non può esserci politica che tenga senza il rispetto dei valori fondamentali, oggi persi dietro gli slogan e le strumentalizzazioni di comodo. Protagonista, un grande Colman Domingo. Producono gli Obama.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
3.6/5

Perché ci piace

  • Colman Domingo. Focoso, appassionato, esplicativo.
  • Un buon taglio visivo.
  • La storia, politica e sociale.
  • Il dialogo che instaura verso il pubblico.

Cosa non va

  • Forse l'atmosfera è troppo patinata.
  • Alcuni trucchi e parrucchi sono posticcipi (vedi Chris Rock).