Ricomincio da capo ha fatto scuola, su questo non c'è dubbio. Ricordate la divertente commedia in cui Bill Murray era costretto a rivivere all'infinito la stessa giornata? Ecco, Russian Doll parte dallo stesso identico presupposto, solo che la protagonista Nadia è incastrata non nel giorno della marmotta, ma in quella del suo (36esimo) compleanno. Messa così, ci sembra quasi di rivivere noi stessi un loop temporale, visto che poco più di un anno fa avevamo scritto già anche di un horror con la stessa trama di partenza (Auguri per la tua morte), ma per nostra e vostra fortuna questa recensione di Russian Doll non sarà banalmente la copia di una copia, perché questa serie TV Netflix ha molto di più da dire.
C'è tanto da (sor)ridere, ma ci sono anche momenti molto toccanti ed intimi che compongono una riflessione piuttosto accurata sul mondo in cui viviamo e sul bisogno di condivisione che noi tutti abbiamo. E se il tema può sembrare banale ed abusato, la sceneggiatura è invece a tratti sorprendente proprio per la capacità di ribaltare certi cliché e di non ricorrere mai a facili sentimentalismi. Anzi, il bello di Russian Doll è proprio nel suo essere emozionante e sincera pur mantenendo sempre un tono graffiante, finendo ad un certo punto col diventare ad un certo punto anche sorprendentemente dark.
Se la trama è un déjà vu, basta un tocco femminile
A questo punto è importante specificare che lo show è ideato, scritto, diretto e prodotto esclusivamente da donne; un ottimo traguardo produttivo per Netflix e tutte le personalità coinvolte, ma soprattutto un elemento di novità importante per un filone che, con poche declinazioni, sembra aver già detto tutto il possibile. E invece così non è, perché sebbene le similitudini con la trama della commedia diretta da Harold Ramis siano tante, soprattutto nel primissimo episodio, è proprio lo spirito più introspettivo e pungente a colpire nel segno e a tratteggiare protagonisti ben più complessi e profondi.
La protagonista Nadia inizia la sua avventura davanti allo specchio di un bagno, ed è proprio lì che si ritroverà più e più volte nel corso della serie. A fissarsi allo specchio, a fare i conti con sé stessa e a cercare di capire cosa stia succedendo alla sua vita. O alla sua morte, visto che, al contrario di quello che accadeva a Murray, il loop non riparte ad ogni risveglio, ma ogni qual volta la povera Nadia muore. Ed è una cosa che capita molto, molto spesso, e nei modi più improbabili: cadendo dalle scale o in un tombino, investita da un'auto, per un colpo di pistola accidentale, un infarto e molto altro. Perché il mondo sembra avercela con lei? È questa la riposta che dovrà cercare negli otto episodi che compongono la serie, e per fortuna non sarà da sola in questa (dis)avventura... ma a questo proposito preferiamo non anticiparvi più nulla.
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Un cast inusuale ma perfetto, guidato da una Natasha Lyonne sempre più mattatrice
Parlavamo di donne, ed è giusto quindi specificare che dietro all'ottima regia delle serie TV ci sono una giovane regista quale Leslye Headland (The Wedding Party) ed una veterana del calibro di Jamie Babbit (Silicon Valley, Una mamma per amica). Con l'unica eccezione dell'episodio finale, dove sceglie di fare il suo esordio dietro la camera da presa la stessa Natasha Lyonne, a dimostrazione di quanto questa serie - da lei ideata, scritta e interpretata - sia un passo importante e significativo per la sua carriera.
La Lyonne nel finale della serie si autodefinisce "un incrocio tra Andrew 'Dice' Clay e la rossa protagonista di Ribelle - The Brave", e probabilmente non potrebbe esistere una descrizione migliore. Attrice di indiscutibile talento, lanciata a soli 16 anni da Woody Allen in Tutti dicono I love you, ha avuto una carriera e una vita personale molto travagliata a causa dell'abuso di alcool, droghe e di problemi con la legge. Un'attrice la cui rinascita artistica è arrivata con Netflix e a Orange Is the New Black, grazie ad un ruolo sopra le righe cucitole perfettamente addosso, ma soprattutto per merito del suo coraggio, della grande autoironia e la capacità di rimettersi continuamente in discussione.
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Tutto questo emerge in questo Russian Doll, attraverso il bellissimo personaggio di Nadia ma anche di tutti coloro che la circondano: amici, amanti, parenti, perfino sconosciuti incontrati per strada; tutti personaggi complessi e imperfetti che rendono realistica ed empatica la situazione paradossale e surreale in cui la protagonista si trova . E qualcosa ci dice che molto del merito di tutto questo vada sempre alla Lyonne, non solo per il suo script, ma anche per scelte di cast niente affatto banali, ma anzi assolutamente perfette: i due-tre attori più famosi si limitano giusto a qualche comparsata a sorpresa nel finale, mentre i ruoli principali sono esclusivamente affidati a caratteristi o interpreti finora relegati a produzioni minori. Anche in questo caso si tratta di una bella scommessa vinta a pieni voti.
Per favore, non fate una stagione 2!
C'è però una richiesta che dobbiamo fare a Netflix e soprattutto alla brava Natasha che, chissà, magari potrà anche sperare in una nuova nomination agli Emmy: per quanto ci piacerebbe continuare a frequentare Nadia e il suo strambo gruppo di amici e conoscenze, vi preghiamo di non pensare nemmeno ad un Russian Doll 2. Semplicemente perché finirebbe con lo svilire il senso di questo racconto e lo show finirebbe, con molto probabilità, con il ripetersi inutilmente. E poi, diciamoci la verità cara Natasha, anche volendo non riuscirai mai a trovare un finale più perfetto di quello che ci hai regalato. grazie anche al meraviglioso uso di Alone Again Or dei Love. Quella canzone dice già tutto: sulla vita, sull'amore e ora, grazie a questa bellissima serie, anche sulla (non)morte.
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4.0/5