Ruba che ti passa
Dick Harper, consulente finanziario, ha appena ottenuto un'importante promozione: l'uomo è stato infatti nominato vicepresidente della Globodyne, società colosso nel campo delle operazioni di fusione tra grandi aziende mediatiche. Il momento di gloria, però, per Dick è brevissimo: il giorno dopo, la Globodyne viene investita da una crisi senza precedenti, e l'uomo, dopo una goffa apparizione televisiva in cui, ignaro di tutto, soccombe alle domande dei giornalisti, si ritrova senza lavoro. Mentre i mesi passano senza che nessun nuovo impiego si affacci all'orizzonte, Dick e sua moglie sono costretti a ridurre drasticamente il loro tenore di vita: forse, per sopravvivere, la soluzione è darsi al crimine...
Forte del suo indiscutibile talento, Jim Carrey continua ad alternare pellicole più autoriali e di spessore (come il recente Se mi lasci ti cancello) ad altre in cui prevale il gusto scanzonato ed anarchico degli esordi, quella comicità tutta basata sulle espressioni facciali e sulla fisicità che ha reso famoso l'attore canadese in tutto il mondo. Qui, Carrey si affida a un regista principalmente televisivo come Dean Parisot per confezionare il remake di una commedia del 1977 intitolata (in Italia) Non rubare... se non è strettamente necessario. Va detto subito che, a differenza di altre prove non lontanissime nel tempo del Carrey più comico (si pensi solo al divertente Io, me e Irene dei fratelli Farrelly), stavolta l'operazione ha più ombre che luci: la regia spreca malamente il potenziale comico dell'attore e le suggestioni da satira sociale del soggetto, mentre il film sembra indeciso sulla strada da prendere, sempre in bilico tra la commedia slapstick e quella sofisticata. E' in effetti proprio la mancanza di una coerenza specifica, e la conseguente inadeguatezza del risultato da entrambi i lati, il principale difetto del film: non convincente dal punto di vista prettamente comico, con tempi e ritmi quasi sempre sbagliati, troppo semplicistico per essere qualcosa che miri più in alto.
Lo stesso protagonista, che con le sue smorfie e la sua mimica facciale farà comunque la felicità dei fans, sembra qui meno in palla che in altre occasioni, quasi stancamente adagiato su quelli che ormai sono i suoi stilemi: viene da pensare che anche lui fosse consapevole, durante le riprese, del non esaltante risultato che si andava delineando. Così, resta poco allo spettatore una volta uscito dalla sala: qualche risata, sì (comunque in misura minore del solito) ma poi, quasi immediatamente, l'accantonamento del tutto e l'oblio. Non era detto che dovesse andare così.
Movieplayer.it
2.0/5