Una città dove chi è schiavo può essere libero. Una Dea che protegge gli ultimi, che è la Dea di tutti. Questa è Roma, e questa è Rumia, la sua Dea. Ed è il posto che sognano due schiave sabine. Vi raccontiamo tutto nella recensione di Romulus II - La guerra per Roma, secondo capitolo della serie Sky Original firmata da Matteo Rovere, che è stata presentata alla Festa del Cinema di Roma. Prodotta da Sky Studios, Cattleya e Groenlandia in collaborazione con ITV Studios, la serie andrà dal 21 ottobre in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW (disponibile anche on demand). Romulus II - La guerra per Roma porta con sé un continuo afflato di libertà, parità, anche di genere, eguaglianza e giustizia. È tutto questo che, anche a scapito della verità storica, in questo caso non è importante, a rendere moderna una serie tv che è antica che più antica non si può. Come sapete, Romulus, la serie di Matteo Rovere che si muove nello stesso universo de Il primo Re, racconta la nascita di Roma. E proprio il fatto di essere così antica, così indietro nel tempo, legata alla Leggenda più che alla Storia, la rende libera, sfrenata, un flusso di immagini selvagge e abbaglianti. Romulus II si conferma una delle migliori serie tv italiane in assoluto.
Yemos e Wiros, Re di una città che è un nuovo inizio
Yemos (Andrea Arcangeli) e Wiros (Francesco Di Napoli) sono entrati a Velia non con la violenza, ma con l'autorità di chi ha liberato Alba e sconfitto il traditore Amulius. Con loro ci sono Ilia (Marianna Fontana), Deftri, l'intero popolo dei Ruminales, ma anche un gran numero di latini in cerca di un nuovo inizio e di una nuova patria. Figli della Lupa e di Silvia, fratelli per scelta e destino, Yemos e Wiros sono proclamati re di una nuova città consacrata a Rumia: il suo nome è Roma e sorgerà al posto della vecchia Velia. Ma i due Re si troveranno ad affrontare Cures, città sacra del popolo dei Sabini. Tito Tazio (Emanuele Maria Di Stefano), il loro giovanissimo re, figlio del dio Sancos, temendo l'espansione di Roma invita i due re per un rito di pace. Ma si tratta di un'imboscata che vuole sottometterli. Yemos e Wiros così si oppongono, se ne vanno, portando con sé le sacerdotesse Sabine.
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Romulus II: Ancorata alla Storia, esce dalla Storia
Ancora una volta, pur restando ancorata alla Storia, com'è naturalmente nelle intenzioni di una serie che parli delle origini di Roma, Romulus trova il modo di uscire dalla Storia e di diventare orgogliosamente qualcos'altro. Come vi abbiamo raccontato in occasione della stagione 1 di Romulus, la serie di Matteo Rovere si muove in un territorio dove la Storia incontra la Leggenda, dove tutto è ancora indefinito, immaginario e immaginato, epico. È proprio la Leggenda - che, come sappiamo, è la Storia riletta e reinventata, attraverso racconti tramandati oralmente e diventati più grandi a ogni passaggio - a dare a Matteo Rovere e agli autori la libertà necessaria per fare questo racconto. Le "maglie" della Storia della nascita di Roma sono abbastanza larghe per permettere di entrarci dentro con l'immaginazione. Ed è questo che hanno fatto i creatori di Romulus: provare a immaginare quali fatti reali abbiano dato vita alla Leggenda dei due gemelli allevati dalla Lupa.
Una grande serie fantasy, una delle migliori
È questa libertà dalla Storia, unita alla fervida immaginazione dei creatori della serie, a far sì che Romulus sia una serie storica, certo, ma soprattutto una grande serie fantasy, e della miglior specie. Arrivati alla stagione 2, possiamo dire che una serie italiana, Romulus, ha la stessa potenza visiva e di racconto di una serie come Il trono di spade. È una serie di livello internazionale. È brutale, cruda, violenta, ancestrale, ma anche visionaria, allucinata, immaginifica, sensuale. Alcune immagini sono collocate nella notte dei tempi, eppure potrebbero vivere in qualsiasi epica, in qualsiasi altro mondo. Guardate le sacerdotesse sabine, con i lunghi vestiti neri e con le vistose maschere sul volto: potrebbero essere uscite da Eyes wide shut di Stanley Kubrick.
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Yemos e Wiros sono Romolo e Remo
L'intento dei creatori di Romulus è proprio quello di essere estremamente potenti e visionari da un lato e credibili, plausibili (vedi la recitazione in protolatino) dall'altro. Come vi abbiamo detto, l'idea è sempre stata quella di raccontare quei fatti che potessero dar vita alla Leggenda di Romolo e Remo e della Lupa. Secondo la storia che è stata immaginata, i due fratelli non sono fratelli di sangue, ma fratelli putativi, legati dall'esperienza comune, dalla vita, dallo stesso sentire. Yemos e Wiros sono Romolo e Remo, o Remo e Romolo, ancora non lo sappiamo. Come sapete dalla storia, e non è uno spoiler, ne resterà soltanto uno. E non sono stati allevati da una lupa, ma da una donna che si definiva tale, a capo di un gruppo di persone che viveva come un branco di lupi: unito, solidale, affamato. In questa fame, in questa sete di giustizia, in queste origini allo stato brado nasce la forza di Roma, quella che l'ha portata ad affermarsi tra gli altri popoli, e poi in tutto il mondo.
La modernità della serie
La modernità della serie è anche nel continuo riferimento all'eguaglianza che, a Roma, dovrebbe legare uomini e donne. In campo, in ogni sequenza, vediamo la lotta tra un mondo antico, dove le donne non sono all'altezza degli uomini e non sono degne di stare al loro cospetto, un mondo che le sacrifica, le violenta, le esclude, e un mondo nuovo in cui possono fare tutte le cose degli uomini perché sono allo stesso livello. È chiaramente una scelta forzata, voluta, che vuole fare vivere Romulus non solo nei suoi tempi, ma anche nei tempi di oggi, e di portare un messaggio attuale e universale. Così come il continuo riferimento a una città basata sulla giustizia e sulla pace, una promessa di fratellanza e riscatto sociale per tutti forse non corrisponderà a verità, ma coglie quel bisogno di pace che sentiamo tutti oggi.
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Emanuele Maria Di Stefano è la rivelazione
Accanto ai tre attori protagonisti, Andrea Arcangeli, Francesco Di Napoli e Marianna Fontana, entra in scena Tito Tazio (Emanuele Maria Di Stefano), il Re dei Sabini, un ragazzo convinto di discendere dagli dei. Tito Tazio è nobile, è androgino, come voleva l'iconografia di alcune religioni antiche, ma anche come alcune rockstar dei nostri tempi, è lascivo come il Nerone di Peter Ustinov di Quo Vadis?, ma anche bello come John Taylor e sfrontato come Sid Vicious. I tre protagonisti di confermano sempre più in parte. Andrea Arcangeli entra in battaglia saltando come l'Achille di Brad Pitt in Troy, e ha davvero l'aura di una star americana. Francesco Di Napoli porta sullo schermo quel senso di rivalsa che ha chi è stato uno schiavo, e, mentre dice "tutto quello che ho me lo sono guadagnato", sembra uscire da un film di Camorra. L'Ilia di Marianna Fontana, ex vestale diventata una donna guerriera, con l'incubo del padre a tormentarla, è ancora più centrale nel racconto, e recita con tutto il corpo, con coraggio, bucando lo schermo ogni volta che è in scena. Accanto a lei, nelle prime due puntate che abbiamo visto, c'è anche Valentina Bellè nei panni di una sacerdotessa sabina. Romulus II, infatti, rilegge anche il famoso episodio del Ratto delle Sabine, e lo piega alle sue esigenze narrative. È un episodio che funziona, come funziona alla grande la serie.
Conclusioni
Come vi abbiamo spiegato nella recensione di Romulus 2, la serie di Matteo Rovere che si muove nello stesso universo de Il primo Re racconta la nascita di Roma. E proprio il fatto di essere così antica, così indietro nel tempo, legata alla Leggenda più che alla Storia, la rende libera, sfrenata, un flusso di immagini selvagge e abbaglianti. Romulus 2 si conferma una delle migliori serie tv italiane in assoluto.
Perché ci piace
- Il fatto che sia ambientata in un tempo in cui la Storia confina con la Leggenda permette di creare un fantasy potente e visionario.
- Il messaggio la rende una serie estremamente moderna.
- La cura della messa in scena ha il respiro di grandezza internazionale.
Cosa non va
- A volte si trova a tradire la realtà storica, ma è funzionale al messaggio della serie.