Roma di Alfonso Cuarón è, senza dubbio, tra i film che negli ultimi anni ci hanno maggiormente colpito. Un ritratto intimo, intenso e vibrante dell'infanzia del suo regista e autore, un capolavoro in bianco e nero che ci ha incantati e affascinati fin dalla prima visione, alla 75° edizione del Festival di Venezia. Ora, a poco più di un anno dall'arrivo sulla piattaforma, Netflix rende disponibile il making of della pellicola, un documentario dedicato al dietro le quinte dell'opera di Cuarón: in questa recensione di Roma: la genesi del film scopriremo perché la visione di questo documentario sia davvero imprescindibile, sia per chi ha amato il film alla follia (come noi), sia per chi invece non è riuscito ad apprezzarlo appieno in un primo momento. Dopo aver visto Roma: la genesi del film, siamo sicuri, una seconda possibilità non si potrà che concedergliela.
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Ricostruire la memoria
Che Roma fosse basato sui ricordi d'infanzia del suo regista, Alfonso Cuarón, era cosa ben nota, ma solo dopo la visione di questo documentario ci siamo resi conto dell'incredibile livello di ricerca e dettaglio nella ricostruzione che la realizzazione del film ha comportato. Cuarón e la sua crew, oltre alla casa dove vivono i protagonisti (riproduzione esatta di quella del regista da bambino, in cui gran parte dei mobili sono quelli originali), hanno ricostruito intere strade ed edifici, tra cui un'intero piano dell'ospedale in cui Cleo viene visitata durante la sua gravidanza. La cura dei dettagli, come afferma Cuarón a proposito del set di Avenida Insurgentes, è stata addirittura maniacale: dagli oggetti venduti nei negozi che si affacciano sulla strada, agli abiti indossati dai passanti (anche quelli che si muovono in lontananza e che non vedremo mai da vicino).
La ricerca svolta non si limita però a oggetti e ambienti ma anche agli interpreti: sia i protagonisti che i personaggi secondari e le comparse, sono estremamente somiglianti alle persone reali che li hanno ispirati. I vicini di casa della famiglia per cui Cleo lavora, per esempio, sono fisicamente molto simili a quelli che vivevano vicino alla casa del regista durante la sua infanzia. La ricostruzione cosi dettagliata del suo passato non è stata semplice per Cuarón, che ci racconta infatti di un momento che per lui è stato estremamente difficile per lui da "rivivere": l'abbandono di suo padre. Il regista ci parla di come si sia dovuto mantenere obbiettivo, obbligandosi a non giudicare i suoi personaggi, anche mentre davanti a lui si ripeteva la scena in cui suo padre lasciava sua madre e il resto della famiglia. È stato estremamente toccante, per noi spettatori, ascoltarlo mentre si metteva nei panni del genitore che se ne è andato, cercando di capirne le motivazioni e la condizione emotiva e psicologica.
Un Messico in fermento
Come afferma il regista, con Roma non voleva solo ricostruire il proprio passato, ma anche quello del Messico, raccontando il contesto storico e sociale in cui viveva da bambino e come questo abbia in qualche modo influenzato la sua crescita. Un pregio di questo documentario è quindi quello di chiarire meglio, ad un pubblico non messicano e quindi digiuno alla storia di quel paese, che cosa vediamo accadere sullo schermo. Cuarón, che è la voce narrante di Roma: la genesi del film, ci spiega la rivolta studentesca che vediamo avvenire il giorno del parto di Cleo, approfondendone le motivazioni politiche e sociali. Questo documentario ci aiuta senza dubbio a comprendere meglio un film che, raccontando la storia di una famiglia dal punto di vista della sua tata, non si preoccupa di entrare nel dettaglio per quanto riguarda il contesto (già ben conosciuto dagli spettatori messicani).
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La scena più intensa
Qualcosa che non ci aspettavamo, e non ci vergogniamo ad ammetterlo, è che questo documentario, tanto come il film che racconta, riuscisse a commuoverci. Il dietro le quinte di una scena in particolare, quella dello sfortunato parto di Cleo, ci ha toccato profondamente come quando vi abbiamo assistito la prima volta. Scoprire che la protagonista di Roma, Yalitza Aparicio, non aveva idea di che cosa sarebbe accaduto realmente in quella scena (ma anzi si aspettava che le avrebbero messo tra le braccia una bambina in carne ed ossa, viva) ci ha letteralmente spiazzato. La realtà delle sue emozioni e reazioni traspare dallo schermo colpendo lo spettatore, che si sente partecipe di una scena estremamente drammatica ed inaspettata.
Il livello di realismo di quel momento del film non dipende solo dall'interpretazione di Cleo, ma anche di tutti quelli che le si muovono attorno. Cuarón ci racconta infatti che i personaggi che assistono al parto sono tutti medici e ed infermieri anche nella vita reale, cosa che, rendendo la scena ancor più credibile, contribuisce a dare vita a qualcosa di estremamente emozionante e toccante. Alla prossima visione del capolavoro di Cuarón, l'impatto che il film avrà su di noi sarà ben diverso da quello esercitato in passato, ora che sappiamo che cosa c'è dietro a molte delle sue scene più potenti ed iconiche gli occhi con cui lo guarderemo saranno diversi, e siamo sicuri che il film non potrà che piacerci acora di più.