Secondo lungometraggio per Marina Spada, senza dubbio una delle autrici più talentuose del nostro cinema, che dopo il successo riscosso con Come l'ombra torna con una storia scritta da donne che parla di donne. La protagonista de Il mio domani è però un'attrice di primo piano, una delle più brave in circolazione, la frizzante e brillante Claudia Gerini che per l'occasione cambia totalmente aspetto e timbro recitativo rispetto al solito per entrare magistralmente nel ruolo di Monica, una donna manager realizzata e senza apparenti problemi che però si sente alienata dal mondo che la circonda, incapace di provare dei sentimenti veri, di vivere appieno le relazioni con l'altro sesso per via di retaggi familiari, rancori e parole mai dette. Nel cast del film anche Raffaele Pisu, nei panni del padre anziano della protagonista, figura centrale nell'evoluzione del personaggio la cui morte la costringerà a rimettere tutto in discussione, Paolo Pierobon nei panni del suo compagno nonchè datore di lavoro e Lino Guanciale, nel ruolo del ragazzo che Monica incontra ad un seminario di autoritratto fotografico cui si è iscritta per provare a guardarsi anziché limitarsi ad immaginare se stessa. Il film, in concorso a questa sesta edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, è stato accompagnato al festival dal cast al completo e dai produttori Francesco Pamphili per Kairòs e Paolo Del Brocco di RaiCinema. Il film sarà nelle sale a partire da venerdì 4 novembre distribuito dalla Iris Film.
Come avete costruito insieme questo personaggio? Deve essere stato un processo lungo e difficoltoso... Marina Spada: Ho scritto il film per Claudia e non reputo, come molti hanno detto, che sia una scommessa aver fatto recitare a lei il ruolo della protagonista. E' un'attrice e in quanto tale può fare parti comiche e non, anche per le commedie ci vuole un approfondimento del personaggio altrimenti tutto rimane piatto. In lei ho trovato una splendida compagna di strada, ha preso a cuore il film, l'ha letto, mi ha fatto molte domande, mi ha molto aiutato nella scrittura, un attore deve sempre apportare il suo contributo. Poi lei ha fatto quaranta film, io solo quattro, ci sarà pure un motivo...Claudia Gerini: Ho trovato in Marina un'amica e una maestra, dopo le riprese avrei potuto scrivere un piccolo Bignami di recitazione. Mi ha fatto partecipe di tutte le scelte di scrittura, anche di quelli più complessi, mi chiedeva consiglio, eravamo un vero team creativo. Lei ha un modo particolare di sviscerare la sceneggiatura, usa questi quadernini in cui prende appunti per ogni scena, fa una ricerca visiva tra quadri, autori, ritagli di figure da cui prendere ispirazione. C'è una ricerca molto accurata e approfondita nella sua preparazione.
Il vostro rapporto umano come è cambiato con questo film? Claudia Gerini: Abbiamo fatto questo cammino insieme, abbiamo imparato a conoscerci, è venuta spesso a casa mia, poi ci siamo distaccate per un lungo periodo in cui abbiamo riflettuto sulla storia. Non mi era mai successo che un regista mi venisse a chiedere consiglio sulle inquadrature e questo sta a significare che Marina ha un amore quasi maniacale per l'inquadratura, la considera una finestra emotiva su quello che stai raccontando allo spettatore. La città di Milano diventa in questa storia quasi un luogo dell'anima, ho imparato tanto durante la lavorazione di questo film, la ringrazio molto di avermi dato questa opportunità perchè la storia di Monica ha segnato anche un mio momento personale di svolta e di cambiamento.
Che regista è stata Marina Spada per un attore giovane come Enrico Bosco e per uno come Raffaele Pisu che ha alle spalle una lunga esperienza? Raffaele Pisu: Ho lavorato con Monicelli, De Santis, Sorrentino e con la bravissima Marina Spada, una regista che mi ha ricordato moltissimo i grandi del nostro cinema, sia nel modo di girare che in quello di prepararsi e comunicare con gli attori. Nel mio caso aveva in mano un caratterista quindi era forse ancora più complesso, il cinema ha bisogno dei caratteristi. Il ruolo mi è stato cucito addosso, lo sentivo molto perchè come tutti gli attori brillanti anche io nella vita fuori dal set ho un lato introverso, riflessivo meno allegro.Enrico Bosco: Vorrei precisare che questa è la mia prima esperienza in assoluto nel cinema, mi ha colpito molto la determinazione di Marina, una regista che sa quello che vuole fare e che è consapevole che ogni scelta determina delle conseguenze, da lei ho imparato che un attore è quello che sta facendo non è semplicemente uno che recita.
Tutti noi siamo abituati a vederti in maniera estroversa sul grande schermo, come ti sei trovata in questo frangente a dover recitare per sottrazione? Claudia Gerini: Desideravo molto ricominciare a recitare dopo la pausa di due anni che ho deciso di prendermi quando è nata mia figlia. Mi piaceva molto l'idea di interpretare una donna contemporanea, con i suoi dolori e le sue speranze, che va verso il suo destino consapevole di esser stata lei stessa a determinarlo. Quando Francesco Pamphili e Marina sono venuti ad offrirmi il ruolo mi sono sentita molto fortunata, ero pronta per affrontare un film d'autore in un ruolo da protagonista, ero pronta per una sfida di questo tipo. Era arrivato il momento per me di esprimere tante sfumature, ho avuto una grande libertà sul set, mi muovevo come fosssi su un palcoscenico teatrale, quando c'è Marina dietro la macchina da presa sul set non ci sono mai angoli non inquadrabili, tu ti muovi e la macchina si muove con te. I piani sequenza usati da Marina ti danno un'enorme libertà di azione ed è una cosa che non accade spesso.
E' un film anomalo per te, un film in cui hai dato voce a cose nuove e inusuali: quanto c'è di Claudia nel personaggio? Claudia Gerini: Monica è una donna emotivamente repressa ed è per questo che nel film rimane sottesa questa voglia di liberarsi del suo passato, di perdonare sua madre, una donna che ha fatto una scelta che forse avrebbe fatto anche lei nella stessa situazione. La scena che più mi ha colpito e mi ha fatto impressione recitare è stata quella in cui lei si irrigidisce dopo essere stata a letto con il ragazzo che ha appena conosciuto al corso di fotografia. I due si guardano, lei non dice nulla ma allo stesso tempo dice moltissimo con il suo mutismo raggelato che esprime un notevole disagio. In quel momento Monica fa un passo indietro e si mette nella posizione di non esprimere. Non ci sono mai troppe parole in questo film, è stata un'esperienza importantissima per me.E' stato un momento di grande impegno per te, hai lavorato con Brizzi, Garrone e Soldini, trovi che rispetto a loro Marina abbia una sensibilità registica femminile? Claudia Gerini: Non credo che ci sia una sensibilità al femminile nel girare, non farei una distinzione di questo tipo, un regista è un regista, sicuramente c'è un'intesa diversa tra attrice e regista donna, una cosa che nessun uomo può capire perchè è nel nostro dna, ci sono delle magie che sanno fare solo le donne. In lei non c'è mai la voglia di indottrinarti ma si avverte sempre una grande condivisione, ci siamo trovate vicine spiritualmente ma anche nelle cose più frivole e spensierate, insomma si è creato quel cameratismo tra donne che capita raramente.
Nel film ci descrive l'aridità dei sentimenti, tutta racchiusa nel gelo delle inquadrature, ma anche nella composizione dei personaggi, è il suo modo di vedere certi aspetti del mondo attuale oppure è solo quella del personaggio? Marina Spada: Non credo di essere una regista fredda, credo anzi di avere uno sguardo affettivo rispetto a ciò che inquadro, a parte gli oggetti ovviamente. Ho effettivamente un po' di problemi a stracciarmi le vesti per qualsiasi cosa, prima di mostrare dell'entusiasmo per qualcosa devo un po' rifletterci, forse perchè non ho più vent'anni. Non so se sono io che guardo quello che inquadro o è lei a vedere quello che inquadro, il mio occhio sulla città concorre sicuramente a dare l'impressione che sia in realtà una mia visione delle cose e forse in parte è così. E' Milano, ma potrebbe essere qualsiasi città quella che vediamo, non è mai ripresa nelle sue 'cartoline' più rappresentative.Il suo intento era quello di mettersi sulla strada tracciata a suo tempo da Antonioni? Marina Spada: Antonioni è uno dei miei registi preferiti e uno dei miei riferimenti cinematografici, è per me un grande onore essere avvicinata a lui, ho iniziato ad apprezzarlo in tarda età, quando ho cominciato a fare i conti con me stessa. Antonioni è un cineasta per adulti non puoi farlo vedere ai giovani, non lo apprezzerebbero in pieno.