Il 21 novembre 1976 si tenne a New York la première di Rocky, il film di John G. Avildsen che lanciò la carriera di Sylvester Stallone (protagonista e autore del copione) e conquistò tre Oscar qualche mese dopo (miglior film, regia e montaggio). Da lì è nata una saga che ha attraversato quattro decenni, tramite sei film dedicati a Rocky Balboa come protagonista e il recente spin-off Creed - Nato per combattere, dove Stallone funge da mentore. Quarant'anni di successi commerciali ma non sempre artistici, com'è pronto ad affermare anche lo stesso creatore del franchise, che noi vogliamo ricordare attraverso alcune curiosità su uno dei fenomeni culturali più improbabili della storia del cinema americano.
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1. No Sly, no party
Quando scrisse la sceneggiatura di Rocky, Stallone era un aspirante attore con qualche ruolo minore alle spalle, talmente squattrinato che fu costretto a vendere il proprio cane (successivamente riacquistato e usato anche sullo schermo). Nonostante questa situazione problematica, egli insistette affinché il film venisse realizzato con lui nei panni del pugile, il che comportò una riduzione drastica del budget (e i produttori furono costretti a pagare di tasca loro le spese aggiuntive). Per rendere l'idea su cosa sarebbe potuto accadere, la United Artists voleva una star del calibro di Robert Redford o Burt Reynolds...
2. Riprese non autorizzate
A causa del budget e del tempo limitato per le riprese, praticamente tutte le scene girate in esterni a Philadelphia furono realizzate senza chiedere il permesso alle autorità locali e senza l'uso di comparse professioniste. In particolare, le celebri corse di Rocky in mezzo alla strada destarono la curiosità dei passanti, che nella finzione sembrano ammirare il protagonista ma nella realtà erano ignari di cosa stesse accadendo. La scena dove un commerciante tira un'arancia al protagonista non era nel copione: il diretto interessato lo fece di sua iniziativa senza sapere che si sarebbe ritrovato in un film.
3. Fonti d'ispirazione
Sebbene il soprannome del protagonista - che in realtà si chiama Robert - sia preso dal noto pugile Rocky Marciano, la trama non ha nulla da spartire con l'omonimo di Balboa. Essa è invece tratta dalla vita di Chuck Wepner, boxeur del New Jersey che nel 1975 ebbe l'occasione di sfidare Muhammad Ali e resse fino alla fine dell'incontro. Wepner è poi stato protagonista, con le fattezze di Liev Schreiber, del film biografico The Bleeder, visto all'ultima Mostra di Venezia. Appare anche Stallone, interpretato da Morgan Spector.
4. Soprannome retroattivo
Prima di sfondare come attore mainstream, Stallone apparve in un porno soft intitolato The Party at Kitty and Stud's. Nel 1976, dopo il successo del primo Rocky, il film fu ridistribuito nelle sale con un nuovo titolo: Italian Stallion, soprannome di Balboa. In Germania fu invece intitolato Bocky (Bock in tedesco significa "montone"), e come immagine promozionale venne fatto uso di Stallone in versione Rambo 2 - La vendetta.
5. Pernacchie infinite
Nonostante il successo di pubblico, i sequel di Rocky usciti negli anni Ottanta e Novanta non sono sempre stati ben visti dalla critica, al punto da conquistare svariate nomination ai Razzie Awards, il contrario degli Oscar. Rocky IV, sbeffeggiato all'epoca per il suo patriottismo maldestro, si è portato a casa cinque "pernacchie d'oro": peggior attore, peggior regista, peggior attrice emergente (Brigitte Nielsen), peggior attrice non protagonista (sempre Nielsen) e peggiore colonna sonora.
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6. Autobiografia, portami via
Per esplicita ammissione del creatore della saga, le vicende di Rocky contengono diversi spunti autobiografici, a cominciare proprio dalla caratterizzazione del protagonista che, come Stallone all'epoca, è un giovane ambizioso e frustrato, pronto a tutto per farsi un nome nel proprio settore. L'attore/regista arrivò persino a scritturare il proprio figlio, Sage Stallone, per la parte di Robert Jr. nel quinto episodio, ma preferì sostituirlo con Milo Ventimiglia in Rocky Balboa, per evitare che il rapporto complicato tra padre e figlio venisse interpretato come un adattamento della vita vera.
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7. Performance influenzata
Talia Shire è giustamente ricordata con affetto dai fan per la sua interpretazione nei panni di Adriana, ma molti dei suoi momenti migliori nel primo episodio non sono affatto recitati. La timidezza del personaggio, soprattutto nelle celebre scena del bacio in cucina, era dovuta alla salute dell'attrice, che durante le riprese soffriva di influenza e quindi non voleva rischiare di contagiare il cast e la troupe.
8. Provino a suon di pugni
Quando Carl Weathers fu provinato per il ruolo di Apollo Creed, egli prese veramente a pugni Stallone, il quale gli chiese di darsi una calmata poiché si trattava solo di un provino. Weathers rispose che lo avrebbe fatto a patto di poter recitare al fianco di un vero attore e non una controfigura. Gli fu quindi spiegato che Stallone era il vero interprete di Rocky, nonché lo sceneggiatore del film, il che portò Weathers a commentare: "Beh, magari migliorerà." Fu assunto immediatamente.
9. Il quinto che non deve essere nominato
Nonostante le critiche ricevute nel corso degli anni, Stallone rimane fiero di tutti i film della saga, tranne uno: Rocky V, ritenuto una delusione anche dal suo creatore e interprete. Il suo disprezzo nei confronti di quell'episodio è talmente forte che è l'unico capitolo del franchise di cui non si vedono immagini d'archivio in Rocky Balboa (che è anche il primo sequel a iniziare senza un riepilogo del finale di quello precedente), e in occasione di un talk show britannico, quando gli è stato chiesto di dare un voto da 1 a 10 a tutti gli episodi della saga, il quinto si è ritrovato con un grosso e grasso zero.
10. Buona la prima?
Nelle intenzioni di Ryan Coogler, regista di Creed, il film dedicato al figlio di Apollo avrebbe dovuto essere il suo esordio alla regia, ma dovette fare i conti con un ostacolo considerevole: Stallone, che esitava a interpretare di nuovo Rocky e soprattutto ad affidare il franchise a un cineasta esordiente. Dopo il successo di Prossima fermata: Fruitvale Station, realizzato per dimostrare di cosa fosse capace Coogler, l'attore cambiò idea, al punto da essersi dichiarato disposto anche a tornare in eventuali sequel.