Tra i film presentati nella prestigiosa vetrina di Première, la sezione più glam della Festa del cinema, c'è anche un esordio alla egia: è quello dell'attore Robert Davi, che firma la commedia dal profumo nostalgico The Dukes, in cui lo stesso Davi e Chazz Palminteri sono ex star del vocal pop anni '60 costretti a reinventarsi manager di un ristorante, ma soprattutto rapinatori. Alla conferenza è presente anche un altro illustre attore/ regista, Peter Bogdanovich, interprete del film ma invitato qui a Roma anche per presenziare ad alcune proiezioni in retrospettiva (tra cui quella del suo capolavoro L'ultimo spettacolo).
Complimenti per il film molto riuscito e divertente. C'è molto di italiano in questa pellicola, è un film che avrebe potuto essere realizzato in Italia; come è nata l'idea?
Robert Davi: L'Italia è nel mio DNA. Sin da piccolo, l'unico ciname era quello italiano: i miei amavano Fellini, De Sica, Monicelli, Pasolini... Io volevo fare un film americano sugli italiani. Negli anni '70 lessi un articolo sulla situazione di lavoratori che perdevano il loro posto dopo aver fatto nient'altro che quello per venti o trenta anni. Mio padre era uno di loro. Qualche tempo dopo, lessi un libro sul passaggio tra la rivoluzione industriale e la rivoluzione tecnologica e le sue conseguenze. Mi venen l'idea di fare un film su qualcuno che, avendo fatto tutt'altro per tutta la vita, è costretto a reinventarsi. Ho scelto l'ambiente di questa musica che era diffusta tra la fine degli anni '50 e i '60, in cui c'erano molti interpreti italo-americani, per parlare di questa sfferta transizione.
Da dove arriva questo humour irresistibile? Fare la commedia è difficile...
Robert Davi: La mia famiglia è italiana, e lo humour e la sensibilità italiani sono stati sempre parte della mia vita.
Peter Bogdanovich: Io adoro fare la commedia, e Robert pensava che fossi divertente; la parte è ben scritta e io mi diverto a recitare quando il regista sa quello che sta facendo. Il segreto per fareridere sta nel non cercare di essere divertenti ma identificarsi nelle situazioni. Fare ridere la gente è la cosa migliore in assoluto. Mi ricordo sempre del protagonista di Miracolo sulla 34sima strada, l'attore che interpretava Babo Natale era ammalato e stava morendo, e gli chiesero se era dura interpretare un ruolo così mentre stava morendo e lui rispose, "E' dura, sì, ma non quanto fare ridere!"
Robert Davi: In America si fa tantissima commedia, gran parte della quale è decisamente sopra le righe. La commedia classica italiana invece partiva sempre da situazioni realistiche, lo humour nasce dalla realtà ed era questo che volevo ottenere.
Nella colonna sonora del film c'è Sergio Bruni, Pavarotti, e ben sei conazoni di Paolo Conte. A chi dobbiamo queste scelte?
Robert Davi: Ho scelto personalmente tutte le canzoni, e, coem per il cinema, la musica per me è sempre stata essenzialmente quella italiana. Le canzoni di Paolo Conte hanno quel carattere, quella verve, quella umanità che volevo infondere nei miei personaggi. Le ascoltavo mentre scrivevo la sceneggiatura e le abbiamo ascoltate anche sul set, per dare il tempo alle scene: sono piaciute a tutti e sono servite a trovare lo spirito giusto. La musica di Conte ha quella semplicità universale che parla a tutti.
Come mai ha atteso tanto a realizzare il film che sognava di fare da anni?
Robert Davi: Ero troppo impegnato a fare il cattivo nei film degli altri! A parte gli scherzi, a volte ci vuole tempo per realizzare i sogni, e non è facile fare film a Los Angeles. Diversi amici mi hanno aiutato a realizzare questo mio grande desiderio, e li ringrazio tutti di cuore. E poi essere qui a Roma è una grande emozione e un grande onore. Ora però non scrivete che il cattivo si commuove!
Bogdanovich, come mai lei ha questa aria sempre triste pur essento una delle persone più divertenti della Terra?
Robert Davi: Dovevate vederlo ieri all'arrivo, gli hanno smarrito il bagaglio.
Peter Bogdanovich: Ve lo spiego se volete. Quando sono nato, i miei genitori erano tristi. Erano tristi perché avevano perso un altro bambino qualche tempo prima, ma io non lo sapevo, io credevo che fosse colpa mia. Quindi sono diventato divertente per farli sorridere.