La notizia, anticipata da Variety il 20 giugno, era già nell'aria, e la conferma ufficiale è arrivata il 1° luglio: uno dei titoli più attesi dell'anno, The Trial of the Chicago 7, secondo lungometraggio da regista di Aaron Sorkin, è stato acquistato da Netflix, andando ad aggiungersi al catalogo di film originali che il colosso di streaming renderà disponibili fra l'autunno e l'inverno. A fare scalpore, in particolare, è la somma da capogiro (cinquantasei milioni di dollari) che Netflix avrebbe sborsato per assicurarsi il film di Sorkin, ma anche il fatto che la pellicola in questione, prodotta dalla Cross Creek Pictures, sarebbe dovuta approdare nelle sale americane a settembre tramite la Paramount. Questo, ovviamente, in una realtà alternativa che non prevedeva lo scoppio di una pandemia mondiale.
Il passaggio di The Trial of the Chicago 7 da una tradizionale distribuzione cinematografica alla scuderia di Netflix risulta dunque emblematico del momento storico che stiamo vivendo: quasi tutte le sale del pianeta chiuse fin da marzo, e con prospettive di riapertura decisamente incerte; decine di grossi titoli rinviati di parecchi mesi, spesso anche più volte (si veda il caso Tenet); set bloccati o rimandati a data da destinarsi; l'annullamento completo del Festival di Cannes e una awards season che sarà posticipata di un paio di mesi rispetto al calendario tradizionale. E proprio in termini di nuovi film e di prospettive per gli Oscar, in una situazione assolutamente inedita come quella che stiamo vivendo, Netflix sembra essere il soggetto con minori possibilità di uscirne danneggiato: cerchiamo di capire perché.
Il cinema - e lo streaming - ai tempi della pandemia
L'industria del cinema, come anticipato, sta attraversando una drammatica fase di stallo, con conseguenze - per le produzioni, per gli esercenti, per gli addetti ai lavori - ancora non calcolabili. Non si sa con precisione quando le sale potranno riaprire a pieno ritmo, e pertanto molte uscite di rilievo sono state rimandate a fine anno o sono slittate al 2021; e nell'ottica della stagione dei premi, c'è da capire quale sarà il peso dei festival estivi e autunnali, da Venezia in poi, considerando le problematicità legate ad assembramenti e trasferte. In un contesto del genere, lo streaming è il "porto sicuro" degli spettatori, nonché il canale attualmente più efficace per far sì che un film raggiunga il proprio pubblico di riferimento; e nel caso di Netflix, l'offerta per i prossimi mesi non è mai stata così ricca, perlomeno sulla carta.
A fine maggio, Netflix aveva dichiarato che per il 2020 avrebbe saltato del tutto il circuito festivaliero: dopo il Leone d'Oro per Roma nel 2018 e le standing ovation per Storia di un matrimonio a Venezia e Toronto nel 2019, i nuovi "titoli da Oscar" di Netflix non parteciperanno alle edizioni (ridotte?) dei festival del 2020. Festival che, tuttavia, rischiano di avere un peso assai minore del solito nell'awards season: una awards season in vista della quale Netflix ha parecchie frecce al suo arco. L'anno scorso il servizio di streaming per antonomasia aveva totalizzato ben ventiquattro candidature agli Oscar, più di tutti i vari studios, aggiudicandosi due statuette (Laura Dern miglior attrice supporter per Storia di un matrimonio e Made in USA - Una fabbrica in Ohio miglior documentario), e aveva piazzato due titoli, The Irishman e Storia di un matrimonio, nella rosa dei candidati per il miglior film.
Storia di un matrimonio, la recensione: l'amore secondo Noah Baumbach
Oscar 2021: sarà finalmente l'anno di Netflix?
Per la stagione 2020/2021, tenendo conto che gli altri studios potrebbero avere meno risorse su cui puntare (e meno visibilità mediante i festival e la distribuzione nelle sale), Netflix ha insomma ottime chance di tornare a fare la parte del leone, nella speranza che a una cospicua quantità di nomination corrisponda stavolta un maggior numero di premi... incluso magari, dopo il trionfo mancato per un soffio con Roma, l'ambitissimo Oscar per il miglior film. Naturalmente è troppo presto per elaborare previsioni attendibili (i Golden Globe saranno assegnati il 28 febbraio e gli Oscar il 25 aprile), ma intanto possiamo presentarvi una panoramica dei potenziali film da Oscar targati Netflix, in probabile arrivo in questa seconda metà del 2020.
Una panoramica da cui, per ora, tendiamo ad escludere The Midnight Sky, dramma post-apocalittico diretto e interpretato da George Clooney, I'm Thinking of Ending Things di Charlie Kaufman, con Toni Collette (la fantascienza e l'horror non sono esattamente i generi prediletti dall'Academy), Rebecca di Ben Wheatley, trasposizione del romanzo di Daphne du Maurier, con Lily James, Armie Hammer e Kristin Scott Thomas (il confronto con il capolavoro di Alfred Hitchcock sarà duro), e due produzioni di Ryan Murphy: The Boys in the Band di Joe Mantello, tratto dal famoso dramma teatrale già portato sullo schermo da William Friedkin con Festa per il compleanno del caro amico Harold, e The Prom, con Meryl Streep e Nicole Kidman, diretto da Murphy stesso e basato sull'omonimo musical di Broadway, le cui riprese però sono state interrotte alla vigilia degli ultimi ciak a causa dell'emergenza sanitaria (senza considerare che, fra The Politician e Hollywood, finora il sodalizio tra Murphy e Netflix non è che sia stato proprio una garanzia di qualità).
I migliori film Netflix del 2019, da The Irishman a Klaus
Da 5 Bloods
Dei cinque film di cui ci accingiamo a parlarvi, Da 5 Bloods è l'unico già disponibile su Netflix: il nuovo lavoro di Spike Lee, che esamina il ruolo degli afroamericani nel conflitto del Vietnam assumendo il punto di vista di quattro veterani, è uscito nel pieno delle proteste legate alla questione razziale in America, e dopo BlacKkKlansman sembra proporsi come un ulteriore film-manifesto del movimento Black Lives Matter. Nonostante un equilibrio non sempre impeccabile fra dramma, ironia e azione (con tanto di toni pulp), l'accoglienza della critica è stata decisamente positiva, soprattutto in patria (82/100 su Metacritic), e il mattatore del film, Delroy Lindo, ha ipotecato la nomination all'Oscar come miglior attore per la parte di un ex soldato affetto da PTDS e determinato a recuperare il tesoro seppellito in Vietnam quasi mezzo secolo prima.
Da 5 Bloods - Come fratelli, recensione: Black Lives Matter, tanto in Vietnam quanto su Netflix
The Trial of the Chicago 7
In un election year che si preannuncia quanto mai cruciale e sull'onda delle contestazioni verso Donald Trump, si ricollega alla stretta attualità pure l'opera seconda di Aaron Sorkin, The Trial of the Chicago 7. I Chicago Seven del titolo sono sette attivisti che, alla Convention del Partito Democratico del 1968 a Chicago, guidarono le manifestazioni contro la politica estera del Presidente Lyndon Johnson e pertanto furono processati per cospirazione e incitamento alla sommossa: una storia vera in cui non mancano echi con la politica e la società odierne. Il cast, estremamente variegato e pressoché tutto al maschile, comprende Eddie Redmayne, Sacha Baron Cohen, Jeremy Strong, Joseph Gordon-Levitt, Frank Langella, William Hurt, Michael Keaton e Mark Rylance, ma la vera garanzia è la penna di Sorkin, che si è sempre dimostrata sopraffina nell'indagare i molteplici aspetti della politica americana.
Molly's Game, intervista ad Aaron Sorkin: "Questa volta il regista giusto ero io"
Mank
Insieme a The Trial of the Chicago 7, l'altra "punta di diamante" del catalogo Netflix per il 2020, specialmente nella prospettiva della corsa all'Oscar per il miglior film, è senz'altro Mank, l'opera del ritorno al cinema di David Fincher a sei anni di distanza da L'amore bugiardo - Gone Girl. Basato su un copione scritto dal padre del regista, Jack Fincher (scomparso nel 2003), e girato in bianco e nero per rievocare l'atmosfera del cinema classico, Mank è la vicenda di Herman J. Mankiewicz, fratello maggiore del grande regista Joseph L. Mankiewicz e noto per aver collaborato con Orson Welles alla sceneggiatura di Quarto potere, destinato ad imporsi come il film più innovativo e influente della sua epoca.
A Gary Oldman è affidato il ruolo del protagonista, mentre Orson Welles avrà il volto dell'attore britannico Tom Burke. Mank, in streaming da ottobre, sarà incentrato sul conflitto fra queste due personalità durante la stesura e la realizzazione di Quarto potere; e tenendo conto della passione dell'Academy per i film sul cinema e sulla storia di Hollywood, è lecito presumere che quello di Fincher sarà uno dei titoli di punta della prossima awards season.
Quarto potere: i segreti del film più acclamato di sempre in cinque scene memorabili
Hillbilly Elegy
Dalla sua pubblicazione nel 2016 Hillbilly Elegy, libro autobiografico di J.D. Vance (edito in Italia come Elegia americana), si è rivelato un autentico caso letterario negli Stati Uniti, tanto da attirare l'attenzione di Ron Howard, alla regia di una trasposizione cinematografica firmata da Vanessa Taylor (la sceneggiatrice de La forma dell'acqua). Hillbilly Elegy segue l'adolescenza e l'ingresso nell'età adulta di J.D. Vance (interpretato dal venticinquenne Gabriel Basso), descrivendo le difficili condizioni sociali ed economiche della lower class e delle comunità rurali in Ohio. Anche in questo caso i richiami all'attualità non mancano, ma si intrecciano con il ritratto di una famiglia disfunzionale che vede in prima fila la madre tossicodipendente di Vance e la volitiva nonna che si prenderà cura di lui; e a dar vita ai due personaggi in questione sono una coppia di attrici del calibro di Amy Adams e Glenn Close. Hillbilly Elegy dovrebbe approdare su Netflix a novembre, ed è senz'altro tra i film da tenere d'occhio per quest'autunno.
Glenn Close, recitazione fatale: cinque grandi ruoli di una "cattiva" irresistibile
Ma Rainey's Black Bottom
Sulla carta, Ma Rainey's Black Bottom non appare un titolo con lo stesso 'peso' delle quattro pellicole sopra elencate; ma qualora le recensioni per il film fossero particolarmente positive, non ci stupiremmo di ritrovare Viola Davis in lizza per l'Oscar come miglior attrice, forse proprio in compagnia di Amy Adams. Diretto da George C. Wolfe a partire dall'omonimo dramma teatrale di August Wilson del 1982 (contenuto all'interno del cosiddetto "ciclo di Pittsburgh"), Ma Rainey's Black Bottom è un intenso Kammerspiel che si svolge interamente in una sala d'incisione nella Chicago degli anni Venti, cornice delle tensioni crescenti fra Ma Rainey, cantante blues con problemi di alcolismo, e i membri della sua band. Il tema del razzismo, centrale nella pièce di Wilson, stabilisce un filo diretto con l'America di oggi, e la Davis, affiancata nel film da Chadwick Boseman, potrebbe avere tra le mani uno dei ruoli più interessanti della propria carriera.
Da Via col vento a Black Lives Matter: il razzismo nel cinema americano