Ci sono film per cui verrebbe spontaneo chiedersi: "Chissà se nel momento in cui sono stati scritti si prevedeva che sarebbero entrati con tutta quella forza nell'immaginario collettivo". Se avessimo a disposizione una DeLorean e del plutonio (ipotizziamo una realtà distopica in cui i benzinai lo fornissero: "Diesel=1,764 euro, Senza piombo=1,832 euro, Plutonio=6000,01 euro") potremmo fare un salto nei primi anni Ottanta e introdurci nell'abitacolo in cui Robert Zemeckis e Bob Gale facevano brainstorming. Trangugiavano biscotti rimpallandosi le idee? ("Sì, la trovata del flusso canalizzatore la inseriamo; invece quest'altra, Bob, è carina, ma tienila da parte per un racconto"). Stavano curvi, ognuno a prendere appunti sulla propria scrivania, e poi si confrontavano i bloc-notes? Uno dei due ha battuto la testa sul lavandino e poi ha avuto "una rivelazione, una visione, un'immagine scolpita nella mente", come Doc col flusso canalizzatore?
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Nonostante la letteratura e i loro stessi numerosi aneddoti sull'argomento, con quale scaletta si siano svolti puntualmente i fatti non ci è dato saperlo. Possiamo però ripercorrere almeno alcune delle scene di Ritorno al futuro, entrate nelle nostre vite al punto da:
aver modellato il nostro immaginario,
essersi insinuate nel nostro lessico,
averci reso parte di uno sterminato gruppo di amici, che non conosciamo uno a uno ma con cui condivideremmo una certezza: quella di capirci al volo.
Il potere evocativo del letame
C'è chi vede nel letame solo sterco, cacca animale. Concime, nella migliore delle ipotesi. Noi no: nel letame ci si profila un ricordo, con tutta la carica nostalgica che gli anni Ottanta si portano dietro, e quell'alone sbarazzino che illuminava Marty McFly e che in pochissimi sono riusciti a sprigionare con tanta naturalezza.
Partiamo da un presupposto. Nella realtà un ragazzetto come Marty ‒ basso, un po' insicuro, con velleità da musicista rock ‒ rimpolperebbe soltanto il gruppo dei nerd della sua scuola. Qui no: il bullo che gli fa da contraltare, Biff, è molto meno sveglio di lui, e anche se è sempre circondato da scagnozzi un po' tonti (come spesso i bulli tendono a essere), non riesce a stargli al passo. Letteralmente. Marty col suo skateboard (che Ritorno al futuro ha elevato a mezzo di locomozione avvolto nel mito: "Ma su cosa sta andando?" "È una tavola con le ruote!") riesce a seminarlo, aggrappandosi a un'automobile, trovando l'ardire di lanciare un saluto alle ragazze che lo guardano sdilinquite, e con una mossa da stuntman riesce a sfuggire a Biff e scagnozzi facendo deragliare la loro macchina contro un camion che trasporta letame. "Nooooo!", urla la cricca di Biff: tempo di venire sommersa dal carico mefitico.
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Possiamo biasimare Lorraine se, in estasi, dichiara alle amiche: "Vi giuro che lo troverò"? Marty ha riscattato milioni di liceali simili a lui, e da quel momento noi vogliamo bene tanto a Marty quanto al letame.
Il delfino ci ha uniti
Ragazzetti come Marty hanno una possibilità di riscatto, appunto perché sono scaltri. C'è chi è insicuro e neanche scaltro; il contrario: un disastro su tutta la linea. Ritorno al futuro ha pensato anche a lui, e ai milioni di liceali (che in numero superano di gran lunga i precedenti!) simili a George McFly.
"Lou, dammi un latte!", chiede George con aria da duro. "Al cioccolato", specifica per dare più corpo al suo ordine. E si avvicina al tavolo in cui Lorraine ridacchia con le sue amiche.
A tutti capita d'impappinarsi. Ai tipi alla George McFly capita più spesso. Ed ecco che gli appunti presi frettolosamente, mentre Marty gli consigliava frasette di facile presa sulle ragazze, si trasformano nel criptico "Lorraine, il delfino ci ha uniti". Ancora non possiamo biasimarla se a George preferisce Marty. Poi però George butta un occhio sugli appunti e capisce che è il caso di rettificare. "Sono George, George McFly. Sono il tuo delfino! Cioè... Il tuo destino". Lorraine è ancora lontana dal rimanere affascinata da George. Dovrà intervenire un'altra frase. LA frase.
Ehi tu, porco, levale le mani di dosso
Come "Che la Forza sia con te" è la frase jolly di Star Wars (quella che anche chi non ha visto il film può citare con nonchalance fingendo di averlo visto) così "Ehi tu, porco, levale le mani di dosso" è la frase jolly di Ritorno al futuro. Semplicemente perché ricompare sempre, viene citata nelle occasioni più svariate, dall'amico che ti ammonisce perché stai flirtando con l'amica al conoscente che la tira in ballo per creare complicità. Più di ogni altra battuta del film, questa è entrata nel nostro lessico e nelle nostre vite, tanto da averci forgiato l'umorismo. Minaccia improbabile proferita con tono monocorde. Va ascritta anch'essa ai consigli di Marty, che forse come Cyrano avrebbe potuto fare di meglio. Comunque, il piano sembra perfetto. Nonostante il suo scetticismo, George dovrà dire anche "porco" per sembrare un duro, ma "delfino" vuole che la fatidica sera del ballo, nella macchina parcheggiata, al posto di Marty ci sia Biff. E il coraggio che George avrebbe dovuto simulare si trasforma in vero coraggio, il finto pugno in un pugno vero, e George diventa il nuovo eroe della scuola. Lorraine gli rivolge finalmente uno sguardo di meraviglia, quello che qualunque George del mondo aspetta con ansia dalla sua Lorraine, ed entrano al ballo abbracciati. Se George ce l'ha fatta, ogni imbranato può.
Il ballo "Incanto sotto il mare"
"Sì, la sappiamo la storia... Ti faceva pena e così hai deciso di andare con lui al ballo del pesce sotto il mare", sbuffa la sorella di Marty quando la madre, una Lorraine invecchiata che vive nel 1985, racconta per l'ennesima volta l'inizio del suo amore con George. "Era Incanto sotto il mare, Linda!", la corregge Lorraine, mentre George, incurante dei discorsi che lo circondano, ride scompostamente davanti alla tv con aria da ebete. Tingendo l'ultima frase di Lorraine ‒ "fu allora che capii che avrei passato con lui il resto della mia vita" ‒ di una sfumatura terribilmente sconsolata.
Ma torniamo a trent'anni prima: a quando Lorraine era ancora estatica e George aveva appena steso con un pugno Biff. Quante scene di film, tra le migliaia ambientate al ballo della scuola, ricordiamo così dannatamente belle? Se nessuna, è perché non ce ne sono. Rispolveriamo la memoria.
Marty sta sul palco, perché il leader del gruppo ‒ tale Marvin ‒ è ferito a una mano e lui ha deciso di sostituirlo: in questo modo il ballo potrà esserci, i suoi genitori potranno scambiarsi il primo bacio, e lui e i fratelli potranno esistere. Le dita di Marty pizzicano le corde della chitarra, ed ecco le magiche note di Earth Angel scaldare l'atmosfera in sala.
Dettaglio non da poco: il pugno dato da George non ha trasfigurato il suo carattere; era il mero frutto di una fortunatissima catena di eventi. In altre parole, George era imbranato prima ed è imbranato anche adesso. Quindi non si decide a baciare Lorraine, e viene scansato malamente da un altro corteggiatore. Lorraine, per inciso, è uno dei personaggi più corteggiati nella storia del cinema: allontanata solo da Marty, che tutto sommato è il figlio e dunque il suo non è neanche da considerarsi un vero rifiuto. Mentre il corteggiatore dai capelli rossicci (quindi destinato a perdere: ha pure l'apparecchio!) lancia una risata mefistofelica con tanto di eco, l'esistenza di Marty è messa in pericolo. Comincia a stonare gli accordi, e nella foto che lo ritraeva coi fratelli è rimasto solo lui, ma anche la sua sagoma comincia a sparire. Marty si accascia sul palco, specifichiamolo, nell'incuranza generale; finché George, appurato che solo i maneschi la spuntano, dà uno spintone al rivale e bacia Lorraine per la prima volta. L'esistenza di Marty non è più in pericolo: si rialza con fierezza, Earth Angel è nel suo punto di massimo pathos, e sulla foto ricompaiono la sorella e il fratello di Marty. La sorella con un fioccone rosa in testa e il fratello con una t-shirt improponibile di Mickey Mouse. Ma in fondo erano gli anni Ottanta e il kitsch andava di moda.
Chuck, è Marvin Berry: tuo cugino!
Diciamolo: Johnny B. Goode è un classico, ma Ritorno al futuro ha contribuito non poco a renderlo quel capolavoro immortale che è. Questa scena, poi, rappresenta il sogno di ogni Marty del mondo: stare su un palco davanti a un pubblico di coetanei in delirio e essere pregati dal frontman di suonare "qualcosa che dà la carica".
"Questo è un pezzo un po' vecchio", si sente di precisare Marty, che ogni tanto dimentica di trovarsi nel 1955. E quando se ne rende conto prova a mettere una toppa: "Beh, ecco, è un pezzo un po' vecchio dalle mie parti". Marvin lo scruta con sguardo perplesso e vagamente minaccioso, ma Marty dà l'avvio al ritmatissimo brano di Chuck Berry. Tempo pochi secondi e le ragazze saltano facendo svolazzare le gonne, l'entusiasmo in sala è febbrile, e qui la sceneggiatura prevede una simpaticissima boutade.
"Chuck, è Marvin. Tuo cugino! Marvin Berry. Sai quel nuovo sound che stai cercando? Bene, senti questo!", Marvin avvicina la cornetta del telefono a Marty, che si sta esibendo in stato di trance. E che, come tutte le rockstar neofite, dopo neanche un minuto e mezzo decide di strafare. Per spettatori smaliziati e abituati a Jimi Hendrix che brucia chitarre o a Ozzy Osbourne che addenta pipistrelli, l'esibizione di Marty è niente. Ma il pubblico del 1955 non è avvezzo a tanta esaltazione da palcoscenico, e Marty si sente di nuovo in dovere di fare una piccola chiosa. "Penso che ancora non siete pronti per questa musica. Ma ai vostri figli piacerà".
Marvin intanto ha recuperato dalle mani di Marty la propria chitarra, guardandola per la prima volta come se fosse favolosa e, allo stesso tempo, un oggetto del demonio.
Doc e il suo "chi se ne frega"
Noi vogliamo bene un po' a tutti i personaggi di Ritorno al futuro: a Goldie Wilson, l'ambizioso cameriere nero che anni dopo diventerà il sindaco di Hill Valley, allo scontroso padre di Lorraine, all'arcigno preside Strickland, e in fondo anche a Biff. Ma insieme al nostro beniamino Marty (o, per citare il vecchio Peabody che lo scambia per un extraterrestre, il nostro "mutato figlio di puttana"), c'è un personaggio che più di ogni altro rappresenta l'anima del film. Il dottor Emmett Brown: Doc. Occhi spiritati e lanuginosa chioma bianca, Doc è l'inventore folle e geniale che ognuno di noi da ragazzino avrebbe voluto come migliore amico. Fin dalla prima scena, in cui lui non è presente ma la sua eccentricità è ovunque: in quegli strampalati orologi che tappezzano le pareti della sua casa ticchettando e segnando l'ora sbagliata, nel tostapane che invece di tostare brucia, e nell'assurdo macchinario che prepara da mangiare a Einstein, il suo cagnolone che abbiamo sempre sentito un po' anche nostro.
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E abbiamo ascoltato Doc con ammirazione, quando ci spiegava che per andare indietro nel tempo occorreva una potenza elettrica pari a 1,21 gigawatt. O quando ci raccontava, seduto nella sua DeLorean, della prima volta che aveva concepito il flusso canalizzatore. Abbiamo ridacchiato quando, ritrovandolo praticamente identico nel 1955, si chiedeva perché i ragazzi di trent'anni dopo usassero continuamente l'espressione "siamo sul pesante". "Perché è tutto così pesante per voi del futuro: avete problemi con la forza di gravità?"
Di Doc abbiamo adorato tutto, anche quando ha confidato con souplesse di aver sottratto il plutonio ai terroristi libici e di averlo scambiato con un luccicante involucro pieno di pezzi di vecchi flipper.
Per questo non possiamo che essere dalla parte di Marty, quando tenta in tutti i modi d'informarlo che trent'anni dopo, se non corre ai ripari, verrà ucciso.
Ma il futuro non si può predire, altrimenti si rischia di sconvolgere l'ordine naturale degli eventi, e insieme a Marty ci arrabbiamo con la testardaggine di Doc, concentrato invece a unire i cavi sul famoso orologio della torre, per incanalare il fulmine previsto e ottenere 1,21 gigawatt. Così Marty può finalmente tornare a casa, nel 1985, e fa giusto in tempo ad assistere all'uccisione di Doc. Che però, dietro di lui, si rialza col suo solito sguardo sbigottito, di chi non sa assolutamente dove si trovi, per poi aprirsi la tuta e mostrare con orgoglio un giubbotto antiproiettile. Imprevedibile come sempre, dopo tutte le disquisizioni sul non voler conoscere il proprio futuro ha pensato, in fondo, "chi se ne frega".
E noi ti ringraziamo, Doc, per essertene fregato.
Un mondo dietro un film, e due epoche: il 1985 e il 1955
La verità è che con Ritorno al futuro potremmo passare ore, giorni e anni della nostra vita a snocciolare battute, sviscerare dettagli, ordinare una Fanta e sentirci chiedere se vogliamo della fantascienza da bere, o bussare sulla testa di un amico distratto e domandargli: "Hello? Hello? C'è nessuno in casa?"
Ciò per cui non smetteremo mai di amare questo film, citandone stralci finché la memoria ci assiste, è quell'allegria un po' ingenua e anche nostalgica, sintetizzata perfettamente da due epoche distanti ma unite dallo stesso umore naïf. Il 1985, con i felponi di Linda McFly, le corse sullo skateboard quando si è in ritardo e le note energizzanti di The Power of Love, e il 1955, con i vestitini abbottonati, i pattini che anziché scivolare saltano, e l'elegante dolcezza old fashion di Mr. Sandman.