Il cinema degli anni '80 è ricco di film che sono diventati, per un motivo o per un altro, cult per chi li ha vissuti direttamente. Non è una novità, né una scoperta, ma fa effetto averne prove continue proprio negli ultimi tempi, celebrando i trentesimi anniversari di pellicole amatissime come Ghostbusters - Acchiappafantasmi, Gremlins, I Goonies e leggendo i commenti di lettori, amici e colleghi al riguardo. Film nei confronti dei quali si tende ad essere benevoli, perché tale è l'affetto che proviamo da far passare in secondo piano il mero giudizio sul valore cinematografico. Tra questi, però, ce ne sono alcuni che trascendono il semplice affetto e che non possiamo non lodare anche in quanto opere d'arte. È stato così per Ghostbusters lo scorso anno, lo è ora per Ritorno al futuro.
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Il film diretto da Robert Zemeckis, come altri classici per ragazzi del periodo, con l'attenta produzione di Steven Spielberg, è infatti prima di tutto un gran bel film. Lo è per l'intuizione alla base della storia, per lo sviluppo della stessa, per la freschezza e vivacità della messa in scena, per i personaggi riusciti e le interpretazioni ispirate, per la scelta delle musiche e per l'abilità di coinvolgere, intrattenere, divertire ed appassionare... ancora oggi! Insomma uno di quei (rari) casi in cui il tempo, quel tempo così importante nello sviluppo dell'anima del film, sembra essersi fermato.
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Il tempo, il viaggio e la nostalgia
Il viaggio nel tempo affascina chi scrive di fantascienza e chi di questo genere si nutre. Intriga con le sue infinite possibilità e gli infiniti paradossi, permette di fantasticare su un futuro che non conosciamo e che possiamo sognare, ma in alcuni casi di immergerci in atmosfere e tempi che ci siamo lasciati alle spalle e che possiamo, e vogliamo, (ri)vivere con nostalgia. È forse l'intuizione più grande alla base di Ritorno al futuro, non il viaggio nel tempo in sé, ma la scelta di non catapultarci nel futuro, ma in un nostalgico passato, in quegli anni '50 americani che tanta fascinazione esercitavano sul cinema e i suoi spettatori, statunitensi e non. Da American Graffiti e Happy Days a tanti altri film, quel periodo aveva già accolto il pubblico con la sua musica, le sue auto, le sue colorate vicende così puramente americane. Il film di Zemeckis ci permetteva tornarci in modo nuovo e originale, di viverlo attraverso lo sguardo smaliziato e moderno di un ragazzo di oggi, dell'oggi degli 'anni 80 almeno.
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I dettagli, tra passato e presente
Zemeckis ci portava ad Hill Valley, con la sua piazza del municipio, la sua scuola superiore, le sue strade da provincia americana. Ce la mostrava in tutti i suoi minuziosi dettagli e nella duplice versione moderna e passata, quella del 1985 e del 1955, due spaccati che a tratti si sovrappongono, differenziandosi in tante piccole differenze e che finiscono per diventare tre quando si torna al futuro a fine film. E così nasceva quasi un gioco a trovare le tante piccole differenze: l'orologio nel piazzale ormai fermo, colpito dal fulmine annunciato e poi così importante narrativamente; il pino abbattuto da Marty che trasforma Twin Pines Mall in Lone Pine Mall; il quartiere in cui vivono i McFly ancora in costruzione; la scuola superiore di Hill Valley, così uguale eppure così diversa, più viva e meno asettica che nel presente. E soprattutto i personaggi: i genitori di Marty, Biff, Strickland, con gli stessi attori truccati ed impegnati a tratteggiare sfumature simili ma così diverse. Dettagli che rendono viva la storia, che le danno profondità e ricchezza con naturale spontaneità. Non c'è niente di forzato in Ritorno al futuro e tutto, ogni snodo, ogni battuta, ogni situazione fin nelle più cult e iconiche, scivola sullo schermo con fluidità disarmante.
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Nascita di un mito
È la forza del film di Zemeckis, regista aveva già dimostrato abilità e sintonia con il pubblico e che l'avrebbe dimostrata ancora in seguito, creando altri miti ed altre icone (qualcuno ha detto Roger Rabbit e Forrest Gump?). E lo fa soprattutto annullandosi, mettendosi al servizio di uno script che funziona con la precisione dei tanti orologi che aprono il film, sottolineando fin dalle primissime battute il tema, e l'ossessione, per il tempo che serpeggia per tutta la pellicola. Un'abilità che dà vita a due miti, non solo uno, perché non è il solo Ritorno al futuro a lasciare un segno profondo nell'immaginario collettivo degli anni '80, ma anche il suo impareggiabile interprete che consacra sé stesso nel mondo dell'industria dell'intrattenimento americano. In quel ruolo un po' per caso (inizialmente fu scelto Eric Stoltz per la parte), Michael J. Fox diede vita ad un Marty McFly straordinario, mettendo il suo carisma e la sua presenza scenica al servizio di un personaggio destinato a restare nella storia al pari di almeno un'altra delle sue creature, quell'Alex P. Keaton attorno al quale ruotava Casa Keaton e che veniva registrato parallelamente al film di Zemeckis.
Unico e irripetibile
Come in tanti casi nella storia del cinema (uno, Ghostbusters, lo abbiamo celebrato un annetto fa), tutto accade per caso e per magia, creando qualcosa di unico ed inimitabile. Lo sanno ai piani alti di Hollywood, lo capiscono creativi e interpreti, ne sono coscienti persino gli spettatori, eppure si continua a mettere mano ai miti del passato sapendo qualcosa di altrettanto vero: in qualche modo, ci si guadagna sempre. Proprio quest'anno è ricco di casi in cui il passato torna: Jurassic World sta divorando ogni record, X-Files e I segreti di Twin Peaks stanno per tornare, Schwarzenegger torna ad essere un cyborg (forse con l'endoscheletro un po' cigolante, ma ancora lucido), le nuove Acchiappafantasmi sono già sul set pronte ad indossare i nuovi costumi e i nuovi zaini protonici... eppure c'è chi si oppone e mette il suo categorico veto. Proprio a pochi giorni dall'anniversario che stiamo celebrando, lo stesso Robert Zemeckis ha annunciato che dovranno passare sul suo cadavere per fare un remake/reboot della saga. Al momento, quindi, Ritorno al futuro brillerà soltanto del suo glorioso passato. Non siamo di quelli che pensano che rifare un film voglia dire rovinarne la poesia, scalfire la sua patina di magia, ma nemmeno ci strapperemo i capelli per l'impossibilità di tornare al 1955 in compagnia di un altro Marty McFly. Per una volta, preferiamo guardare e riguardare quel film che ci aveva conquistati già nel 1985 e che riesce a ripetere l'impresa ad ogni nuova visione.