Rita, la recensione: Paz Vega racconta la violenza di genere con gli occhi di una bambina

L'attrice passa dietro la macchina da presa con un film emozionante e mai emotivamente ricattatorio su un tema tristemente attuale. La macchina da presa nella scelta del punto di vista sembra rendere omaggio alla lezione di Vittorio De Sica e a capolavori come I bambini ci guardano e Sciuscià.

I due piccoli protagonisti di Rita

Che sorpresa l'esordio alla regia di Paz Vega. L'attrice, dopo il passaggio a Locarno 2024, presenta ad Alice nella Città Rita, il suo primo lungometraggio in oltre vent'anni di carriera in cui ha spaziato tra generi e lingue, da Parla con lei di Pedro Almodóvar a The OA di e con Brit Marling. Poi il desiderio di raccontare una storia tutta sua per "mettere a tacere le voci che, giorno dopo giorno, risuonano nella mia mente e mi legano a troppi ricordi di incerta bellezza".

La macchina da presa ad altezza bambina

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Paz Vega sul set di Rita

Ambientato in una calda estate del 1984 a Siviglia, con gli europei di calcio che vedevano impegnata la Spagna a contendersi la coppa, Rita racconta la storia della bambina di sette anni che dà il titolo al film (un'altra sorpresa, Sofía Allepuz). Ha un fratellino più piccolo, Lolo (Alejandro Escamilla), di cui si prende cura e con cui vive insieme ai genitori, il tassista José e la casalinga Mari. La sequenza iniziale del film, con estrema delicatezza, fotografa l'atmosfera che aleggia nella casa. La macchina da presa inquadra con un lungo movimento di macchina giochi e disegni sparsi nella cameretta dei due bambini e il risveglio della piccola protagonista che si dirige in cucina dalla madre.

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Sofía Allepuz, la protagonista

Le due chiacchierano mentre Rita imburra del pane tostato. Ma non appena si apre la porta della camera da letto dei genitori e il padre fa il suo ingresso nella stanza, ecco piombare il silenzio. Una sequenza apparentemente semplice e innocua ad uno sguardo distratto che, al contrario, segna l'inizio di quella traccia di tensione lasciata sullo sfondo ma perennemente presente e che attraversa tutta la pellicola. In quei primi minuti Paz Vega ci dice anche che Rita ha un punto di vista ben preciso: quello della sua protagonista.

La macchina da presa è all'altezza del suo sguardo con gli adulti inquadrati a metà, da lontano, di lato. O mostrandocene le gambe. Così da sottolineare quanto la storia sia filtrata da uno sguardo innocente che ricorda la lezione di Vittoria De Sica. In questo è esemplare un'altra sequenza: la conversazione tra sua madre - interpretata dalla stessa Paz Vega, anche sceneggiatrice e produttrice esecutiva - e un'altra donna a cui confida la volontà di separarsi da quel marito violento e tirannico. È una conversazione tra adulti involontariamente ascoltata dalla bambina. Una di quelle che chiunque di noi ha origliato alla sua età. Così potente al punto da sembrare un ricordo.

L'indipendenza per essere donne libere

Intriso di quotidianità, Rita ha un andamento quasi episodico. Piccoli quadretti di vita che vedono la protagonista farsi strada nel mondo. La colonna sonora di Pablo Cervantes amplifica l'impronta giocosa e innocente tipica di quell'età che va in contrasto con il clima che vivono in casa i personaggi. Senza mai schiacciare il pedale del ricatto emotivo, Rita mette in scena quello che avviene, ieri come oggi, tra le mura di troppe case. Uomini violenti e possessivi convinti che tutto gli appartenga. Anche le persone che gli sono accanto.

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Sofía Allepuz e Alejandro Escamilla in scena

Mari, casalinga che non ha mai messo il naso fuori dal contesto familiare, vuole allontanarsi da quel marito oppressivo. Ma è difficile quando non puoi contare nemmeno su te stessa. Per questo dà alla figlia l'insegnamento più importante, quello dell'indipendenza. Studiare, lavorare, essere libera. Non dipendere da nessuno. Molte donne, molte madri, quella rivendicazione di autonomia la pagano con la vita. Raccontare le loro storie è importante, così come educare i propri figli.

Conclusioni

Paz Vega, dopo anni passati a recitare in film dalle nazionalità più disparate, ha deciso di passare dietro la macchina da presa con una storia dai contorni personali e dalla tematica universale quanto tristemente attuale. La violenza di genere che porta all'uccisione di migliaia di donne ogni anno. Lo fa decidendo di mettere la macchina da presa ad altezza bambina. Il punto di vista è quello di Rita, la piccola protagonista che dà il titolo al film, testimone dello sfaldamento della sua famiglia. Una madre che vuole divorziare e un padre che non accetta quella decisione. Una storia che rimbomba nel nostro presente dove la regista non sceglie mai la strada del ricatto emotivo.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
3.5/5

Perché ci piace

  • Il piccola protagonista, Sofía Allepuz
  • La regia di Paz Vega che sceglie di mettere la macchina da presa ad altezza bambina.
  • La decisione di non costruire una storia emotivamente ricattatoria.
  • La colonna sonora giocosa e innocente di Pablo Cervantes.
  • La lezione sull'indipendenza femminile.

Cosa non va

  • L'andamento quasi episodico del film e il suo ritmo lento potrebbero non incontrare il favore di una fetta di pubblico.