Riposava in pace
Nel 1998, l'anno del suo ventesimo anniversario, ci avevano voluto far credere che era morto, morto decapitato da sua sorella Laurie Strode. Invece oggi Michael Myers è tornato, anzi, sarebbe meglio dire che è resuscitato, protagonista dell'ottavo film che ne narra le sanguinose gesta: Halloween la resurrezione.
Torna quindi il serial killer con la maschera di gomma, e come prima cosa, nel prologo, si vendica definitivamente della cara sorellina, ancora una volta interpretata da Jamie Lee Curtis - qui alla sua quarta e a quanto pare ultima apparizione nella saga. Dopodiché si dirige verso la sua casa natale di Haddonfield, dove un gruppo di studenti ha avuto la bella pensata di partecipare ad un nuovo, idiotissimo reality show di nome Dangertainment: sei ragazzi devono passare la notte di Halloween chiusi dentro la casa del serial killer creduto morto, sotto il vigile occhio delle telecamere. Inutile dire che Myers non si rivelerà un padrone di casa propriamente ospitale...
A dirigere questo ottavo film della serie di Halloween troviamo quel Rick Rosenthal che 21 anni fa diresse il primo sequel del bellissimo originale firmato da John Carpenter nel 1978. E ci dispiace dire che in 21 anni il ragazzo di progressi ne ha fatti ben pochi. Halloween la resurrezione è un film nato stanco, banale, confuso, già visto: gli unici brividi che potranno avere gli spettatori nel vederlo sono quelli causati da un'aria condizionata messa troppo bassa.
La sceneggiatura di Larry Brand prova a rendere d'attualità l'oramai 25enne serial killer introducendo l'elemento reality-show / spettacolo nello spettacolo. È il secondo film della stagione a giocare con un elemento del genere, ma se My Little Eye - indipendentemente dal risultato artistico finale - sfruttava questa tematica riuscendo a sollevare anche degli interrogativi di carattere sociologico, in Halloween la resurrezione l'uso di questa formula è solo funzionale all'introduzione di inquadrature in digitale mosse e sgranate e all'istaurarsi di un piccolo (e passivo) gruppetto di adolescenti che si "godono" lo spettacolo via internet e che solo nella parte finale del film cercano di dare un significato alla parola "interattività".
Brand e Rosenthal volevano probabilmente con questa storia stimolare una riflessione sul concetto di sguardo e sul vedere cinematografico, come testimonia la citazione di quel bellissimo film che è L'occhio che uccide (Peeping Tom, di Michael Powell, 1960) inserita nell'omicidio di un tecnico televisivo per mano di Myers, armato di un cavalletto per telecamera. Ma il loro tentativo non ha alcuno spessore e nessuna valenza, naufragando miseramente in un lago di sangue finto.
Sul cast c'è poco da dire: tutti insieme i sei protagonisti non fanno nemmeno una frazione della già non eccessiva espressività del Josh Hartnett protagonista dell'ultimo Halloween 20 anni dopo, film che - alla luce di questo diretto da Rosenthal - abbiamo decisamente rivalutato. Se poi nel film di Miner appariva il rapper LL Cool J, qui nei panni del produttore dello show troviamo un suo collega, Busta Rhymes, che fa il possibile con smorfie e balzi per movimentare una storia che nemmeno le grazie di Tyra Banks sono riuscite a smuovere dalla sua piattezza. Allo spettatore non viene nemmeno risparmiata la retorica e moralista tirata finale sull'invadenza delle telecamere e della rapacità del mondo dell'informazione.
L'unico elemento che si salva di Halloween la resurrezione è lo splendido tema musicale composto dal grande Carpenter per il film capostipite della serie, che continua a mangiare in testa a tutti i suoi successori. Questo film insegna che a volte, i morti, sarebbe meglio lasciarli riposare in pace... Riponiamo a questo punto le nostre speranze nel futuro Freddie vs Jason...