È stato presentato a Roma, presso il ristorante Modo su via Ostiense, durante l'ultimo giorno delle riprese, il film Rimetti a noi i nostri debiti. Diretto da Antonio Morabito, il film vede protagonisti Claudio Santamaria e Marco Giallini, in una storia attuale e ispirata dalla realtà. "L'idea mi è venuta leggendo un articolo su El Pais", ha raccontato il regista. "Parlava di certi recuperatori di credito per conto terzi. Nella realtà esiste questa società che basa il recupero crediti su una vera gogna. Recuperano i soldi dai debitori facendoli vergognare. Fanno indossare loro un vistoso frack e tutti ormai sanno cosa significa. Li umiliano anche di fronte al datore di lavoro. Tutti devono sapere che sei un cattivo debitore".
Una pratica che ha dell'agghiacciante e anche un po' del medievale. Infatti è una pratica antica, "Si faceva a Venezia, li facevano vestire di rosso", fa eco Santamaria. Il film racconta la situazione paradossale di un debitore, Guido, che capisce che l'unico modo per poter saldare la cifra è lavorare per i propri creditori. Guido fa il magazziniere, ma il suo è un lavoro saltuario. Ha molti debiti che non riesce a pagare e un giorno viene aggredito da un emissario dei suoi creditori. L'episodio gli fa capire che, paradossalmente, per lui l'unico modo per saldare il dovuto è lavorare gratuitamente per loro.
Leggi anche: Rimetti a noi i nostri debiti: Marco Giallini e Claudio Santamaria sul set
Un film su Roma, ma non su...
La presentazione procede su un tono pacato, in una scena pittoresca di fronte ai nostri occhi. Con Antonio Morabito che parla a voce troppo bassa e Claudio Santamaria, avvezzo a declamare anche in teatro e a usare il diaframma anche per cantare, ripete tutto in modo da farcelo sentire bene e facendo scaturire diverse risate. Nel frattempo Marco Giallini ci guarda incuriosito, la sigaretta spenta che gli penzola dalla bocca (non resterà spenta a lungo) e l'aria di uno che non è uscito troppo dal suo personaggio. Tanto dopo si ricomincia a girare e bisogna rientrarci. "Il mio personaggio è il simbolo di una società che ci mette di fronte a scelte che non ci piacciono, ma che siamo obbligati a fare", racconta Santamaria. Eppure Morabito rifiuta le facili definizioni: "Ho dei problemi con la definizione film di denuncia, ma sicuramente questa storia butta un occhio sul mondo. Come toni però la definirei più una black comedy, cambia spesso registro tra il drammatico e il leggero".
Non ci rimane difficile crederlo, continuando a fissare Giallini, che nel frattempo si è anche rilassato sulla sedia e ha allungato le gambe sotto al tavolo. Sembra di guardarlo in TV, ma senza lo schermo a fare da cornice, ed è ipnotico.
Quello che Morabito ci tiene ancora a sottolineare è che Rimetti a noi i nostri debiti non è un film che parla di estorsioni o del cosiddetto "pizzo": "Questi agenti hanno una tecnica di recupero crediti con cui si va a dare il tormento che è tragicomica e bizzarra. Ma non sono cravattari, non è dell'illegalità che volevo parlare".
Leggi anche: Marco Giallini: Rocco Schiavone e le confessioni di un ex "perfetto sconosciuto"
Le mani sporche di questo sistema
Santamaria pone l'accento su un sistema ormai sbagliato e sul paradosso che ne deriva, Giallini sostiene che invece il suo personaggio, Franco, è uno che le mani completamente pulite non le avrà mai. Viene affiancato a Guido per "insegnargli il mestiere. Lui, un esattore disincantato che però ogni tanto va in chiesa a confessarsi. Le mani rimangono sempre sporche", dice. "Quando ho letto la storia, mi è sembrata peculiare", approfondisce Claudio. "Già dall'inizio, il fatto che Guido sia costretto a lavorare per i suoi aguzzini dà da pensare. Quando vivi in un sistema che, per sopravvivere, ti spinge a fare anche questo, è tutto sbagliato già alla radice. Uno dovrebbe avere la dignità di vivere, invece quest'uomo, per sopravvivere, è costretto a sporcare la propria dignità, a fare cose di cui non andrà fiero. Questa cosa fa riflettere sulle contraddizioni estreme che esistono nel nostro modo di vivere". E Franco, spietato sul lavoro e un angelo in casa, "fa già parte di questo sistema. Deve insegnare a Guido il mestiere. Forse nemmeno lui lo accetta del tutto, ma fa parte dell'ingranaggio, è una delle sue rotelle. In fondo è anche un po' geloso della tenerezza del suo compagno, ma in effetti anche lui che usa violenza, non è poi così contento di ciò che fa", ci spiega Marco.
Leggi anche: Claudio Santamaria, a Giffoni il supereroe della porta accanto
Giallini e Santamaria: una strana coppia?
Interamente girato a Roma per sei settimane, con molte scene nel quartiere di Primavalle, che da anni non era scenario per un set, il film ci propone una coppia di attori inedita e piuttosto insolita. Uno reduce dal successo di Lo chiamavano Jeeg Robot, l'altro da quello televisivo di Rocco Schiavone. "È bello lavorare con Marco e la cosa che ci hanno detto regista e direttore della fotografia è che siamo molto diversi", ci rivela Claudio Santamaria dopo la conferenza stampa, un attimo prima di riprendere le riprese. "Non abbiamo mai lavorato insieme e siamo una coppia "strana", ma siamo interessanti per questo. È come se annullassimo ciò che è stato già visto sia dell'uno che dell'altro. Mi trovo molto bene con questo ragazzone cresciuto". "Non posso dire altrettanto", lo prende in giro Giallini, che poi subito dopo ci racconta di un regalo di fine riprese ricevuto dal suo collega: "Il vero Giallini è un padre di famiglia, che sta dentro casa il più possibile, a vedere le partite con la donna che, chiaramente, mi rompe le scatole se ne vedo troppe. Legge qualche libro, uno ogni dieci anni... ma proprio oggi lui me ne ha regalato uno. Solo che ci ha lasciato sopra il prezzo!"