Il Rigoletto andato in scena al Circo Massimo nell'estate 2020 è stata una delle prime opere dal vivo dopo il lungo stop dovuto all'emergenza sanitaria. La messa in scena del regista Damiano Michieletto è avvenuta tra mille difficoltà, a partire da nuove regole sanitarie con cui nessun regista si era misurato prima di allora. Il risultato è approdato in prima serata su Rai 3 il 30 gennaio. Dopo l'opera, è stato mostrato il documentario di Enrico Parenti, Rigoletto 2020. Nascita di uno spettacolo, accurato backstage che ricostruisce la preparazione che ha preceduto la premiere. Abbiamo parlato della complessità del lavoro dietro questa nuova versione del Rigoletto col regista Damiano Michieletto durante la Festa del Cinema di Roma, dove il film è stato presentato in anteprima.
In Rigoletto al Circo Massimo si fondono tre livelli di messa in scena: abbiamo l'opera vera e propria che si svolge sul palco, abbiamo il maxischermo che permette al pubblico di godere dei dettagli ravvicinati e abbiamo il film che è una sintesi con in più l'aggiunta di alcuni inserti girati in precedenza. "L'idea di farne un film è venuta strada facendo, quasi alla fine" ci rivela Damiano Michieletto, veneziano che fonde la passione per la lirica a una sensibilità artistica moderna, a un gusto per l'eccesso e la provocazione. "Non ci abbiamo pensato a lungo, eravamo concentrati nel tentativo di mettere su l'opera dopo il lockdown. Ma la passione per il cinema è nel mio DNA, ho messo a punto un linguaggio che mescola cinema e teatro e filmarlo è venuto da sé".
Dal palcoscenico al grande schermo
Rigoletto al Circo Massimoci restituisce tutta la carica eversiva della messa in scena di Damiano Michieletto. Personaggi vestiti come gangster, prostitute, ballerine con indosso costumi sgargianti, un'ambientazione che poco o niente ha a che vedere col dramma di Victor Hugo a cui Verdi e il librettista Francesco Maria Piave si sono rifatti. Ma che al tempo scava a fondo nel cuore dell'opera riproponendocene tutta la drammaticità in una storia di outsider grazie anche alle scelte di regia cinematografiche. "Per riprendere ciò che accadeva sul palco ho usato tre steadycam" spiega Damiano Michieletto. "Ho sfruttato il maxischermo per proiettare immagini forti, dettagli che catturassero l'attenzione del pubblico senza distrarlo dalla storia. In più, durante le prove ho realizzato degli inserti con stile semplice, diretto, per raccontare cose che accadono da un'altra parte o in un altro tempo. Ho usato i flashback in funzione espressiva o per tenere su il ritmo nei momenti in cui la musica rallenta".
Rigoletto al Circo Massimo e Rigoletto 2020. Nascita di uno spettacolo: l'arte vince su tutto
Michieletto ci tiene a ribadire che il risultato "non è un vero film". L'attenzione del regista si è concentrata soprattutto sull'aspetto scenico e musicale perché il suo Rigoletto funzionasse sul palco dei Circo Massimo. Impossibile non notare, però, quanto i suoi attori funzionino davanti all'obiettivo. "Ho messo insieme un cast fisicamente perfetto" ammette. Michieletto non nega, inoltre, la presenza di una fitta rete di citazioni cinematografiche che vanno da La La Land a West Side Story, dai gangster movie anni '70 a Point Break: "Se ci sono riferimenti sono inconsapevoli. Quando guardi qualcosa che ti piace e ti stimola resta in qualche angolo della tua mente e i titoli che hai citato mi sono piaciuti. Magari ho rubato qualcosa riutilizzandolo nella mia messa in scena".
L'arte deve essere rivoluzionaria
Visto il momento storico delicato in cui è stato montato, il Rigoletto di Damiano Michieletto ha rappresentato una sfida visto che il regista si è trovato a dover reinventare le modalità di lavoro con agli artisti. "La pandemia ci ha spiazzati" confessa lui. "Rigoletto è un'opera sanguigna, ricca di contatti fisici, di scontri. Con le nuove regole sanitarie mi sentivo anestetizzato, poi ho trovato altre strade. Guardando l'opera ti dimentichi che nessuno si tocca per due ore, al massimo si passano degli oggetti, ma quando lo fanno indossano sempre i guanti. Ogni movimento è calibrato".
L'impossibilità di attuare tutte le scelte artistiche che aveva in mente non hanno impedito a Michieletto di realizzare una versione del Rigoletto che ha "scandalizzato" i puristi. Ma lui ribatte che il fine del teatro è emozionare e per farlo a volte è necessario il tradimento: "Basta pensare che per aggirare la censura, Verdi ha trasposto il dramma di Victor Hugo sul Re di Francia alla corte di Mantova durante il Rinascimento. L'importante è conservare la carica emotiva. Rigoletto è la storia di un padre che non accetta che la figlia sia libera e ha un finale tragico in stile Romeo e Giulietta. Verdi sceglieva storie estreme, personaggi borderline. Se qualcuno si scandalizza meglio".