Il biennio 1966-1967, in sostanza la 'vigilia' di quel fatidico Sessantotto che sarebbe stato identificato come un anno pivotale per la cultura e la società occidentali, ha rappresentato un periodo di svolta all'interno del cinema americano: quel fatidico momento di passaggio da un cinema ancora legato a convenzioni e stilemi del passato ad una fase di profonde innovazioni. Nella seconda metà degli anni Sessanta, Hollywood osava infrangere le regole e tuffarsi nella realtà, adottando una libertà stilistica, e in alcuni casi una crudezza, a dir poco inusitate.
Non è un caso, del resto, se nel 1967 ad entusiasmare la critica e a registrare record d'incassi furono film quali Gangster Story, La calda notte dell'ispettore Tibbs, Indovina chi viene a cena? ed A sangue freddo: pellicole accomunate dalla volontà di prendere di petto temi quali la violenza e il razzismo, toccando alcuni nervi scoperti di un'America ancora intrappolata in numerosi tabù. E ad abbattare tali tabù contribuirono, fra il 1966 e il 1967, anche due titoli destinati ad entrare negli annali della settima arte: Chi ha paura di Virginia Woolf? e Il laureato, i due film d'esordio di un regista chiamato Mike Nichols.
Si tratta di una premessa necessaria per contestualizzare la figura di Mike Nichols, che ci ha lasciato mercoledì scorso, all'età di 83 anni, dopo una lunga e fortunatissima carriera iniziata nel teatro di varietà, in qualità di commediante in coppia con la sua storica partner professionale, Elaine May, e proseguita con un'immediata consacrazione a Broadway per la regia di due infallibili commedie firmate dal genio di Neil Simon, A piedi nudi nel parco e La strana coppia (entrambi trasposti di lì a breve sul grande schermo). Dal suo trionfale esordio dietro la macchina da presa Mikhail Igor Peschkowsky, nato a Berlino nel 1931 e trasferitosi da bambino negli Stati Uniti insieme alla propria famiglia per sfuggire alle persecuzioni antisemite nella Germania nazista, ha saputo affermarsi come uno dei registi di punta del panorama hollywoodiano per ben cinque decadi; e in occasione della sua scomparsa, abbiamo scelto di ripercorrere il suo itinerario professionale attraverso dieci film cult della sua produzione...
1. Chi ha paura di Virginia Woolf?
Se il 1967 segna il "punto di non ritorno" del cinema made in USA e, per certi versi, l'anno della ribalta per la cosiddetta New Hollywood, il 1966 contribuisce di sicuro a spianare la strada ad una nuova generazione di cineasti. E un apporto fondamentale, in tal senso, proviene da Chi ha paura di Virginia Woolf?, pellicola d'esordio del 34enne Mike Nichols, ingaggiato proprio in virtù della sua esperienza con il palcoscenico per portare sullo schermo una delle pièce più applaudite e controverse del teatro contemporaneo, firmata nel 1962 da Edward Albee. Una sfida a dir poco rischiosa, quella intrapresa da Nichols: mentre le riprese erano ancora in corso, infatti, gli organi di censura e le associazioni cattoliche minacciarono di boicottare il film, intimoriti all'idea che al grande pubblico fossero proposti i crudissimi e 'scandalosi' scambi di battute del testo di Albee.
Dal canto suo, Nichols aggirò abilmente le trappole del "teatro filmato" ed infuse una fortissima tensione narrativa alla messa in scena del gioco al massacro fra due coppie della media borghesia del New England, nel corso di una notte di alcol, insulti e scheletri scaraventati fuori dagli armadi: da un lato il maturo George (Richard Burton), professore di storia all'Università, e la sua isterica moglie Martha (Elizabeth Taylor); dall'altro Nick (George Segal) e Honey (Sandy Dennis), due coniugi più giovani e naif, coinvolti loro malgrado nel regolamento di conti dei propri amici. Accolto da uno strepitoso successo di pubblico, Chi ha paura di Virginia Woolf? si conquistò ben tredici nomination agli Oscar e ottenne cinque premi, inclusa la statuetta come miglior attrice per una gigantesca Liz Taylor, nella performance più intensa di tutta la sua carriera.
2. Il laureato
Se Chi ha paura di Virginia Woolf? aveva spiazzato critica e spettatori per la durezza nella disamina della famiglia come primaria istituzione borghese e per il carattere esplicito del linguaggio, appena un anno più tardi Mike Nichols consegnava alla storia del cinema un film destinato non solo a riprtare incassi stratosferici - oltre cento milioni di dollari (nel 1967!) e circa ottantacinque milioni di spettatori nei soli Stati Uniti - ma anche ad entrare negli annali come uno dei massimi cult movie di sempre: Il laureato, una di quelle pellicole conosciute ed amate indiscriminatamente da ogni generazione, citate ed omaggiate nelle forme e nei modi più disparati. Con un netto cambiamento di registro rispetto al suo film precedente, Nichols mise in luce gli aspetti più ironici dell'omonimo romanzo di Charles Webb, confezionando alcune sequenze celeberrime quanto esilaranti, tra cui la raffinata opera di seduzione da parte della fascinosa Mrs. Robinson e i goffi tentativi del suo amante, il giovane ed inesperto neo-laureato Benjamin Braddock, di gestire la loro relazione clandestina.
L'esordiente Dustin Hoffman, sconosciuto trentenne scelto da Nichols al posto di Robert Redford (ritenuto troppo bello per il ruolo), divenne immediatamente un divo di fama mondiale, grazie a quello che resta ancora oggi il suo personaggio più memorabile, mentre l'irresistibile Anne Bancroft, ingaggiata dopo il rifiuto di Doris Day, consegnò all'immaginario collettivo la "seduttrice" più carismatica mai vista sul grande schermo, riuscendo però ad esprimere alla perfezione anche il senso di fragilità e di solitudine celato dietro l'apparente disinvoltura della sua signora Robinson. Se a tutto questo aggiungiamo un'epocale colonna sonora composta da Simon & Garfunkel, che comprende brani immortali quali The Sound of Silence, Scarborough Fair e Mrs. Robinson, non stupisce che Il laureato si sia rivelato un autentico fenomeno culturale in tutto il mondo. Su un totale di sette nomination, il film si aggiudicò un unico Oscar, ma di valore imprescindibile: quello come miglior regista per Mike Nichols.
3. Comma 22
Il 1970, al cinema, non ha segnato soltanto il trionfo di MASH, dirompente commedia antimilitarista diretta da Robert Altman: nello stesso anno, infatti, Mike Nichols girava un film molto simile al cult movie di Altman, ovvero Comma 22, trasposizione di un romanzo satirico di Joseph Heller. Sceneggiato da Buck Henry (già autore del copione de Il laureato), Comma 22 è ambientato nel 1944 in una base aeronautica statunitense stabilita su un'isoletta dell'arcipelago toscano, e ha per protagonista il Capitano John Yossarian (Alan Arkin), un bombardiere che tenta invano di farsi esonerare dalle massacranti missioni a cui è sottoposto fingendosi pazzo; l'uomo, tuttavia, deve scontrarsi con il paradossale comma 22 del codice militare. Con lucido ed affilato cinismo, Nichols riflette sulla guerra come forma di suprema follia collettiva, adoperando uno stile innovativo e surreale che si coniuga alla perfezione con il feroce humor nero del racconto.
4. Conoscenza carnale
Se Il laureato, con la sua trasgressiva relazione fra un giovanotto di buona famiglia e una donna sposata più grande di lui, aveva stuzzicato alcuni tabù legati al sesso e ai rapporti sentimentali, nel 1971 Mike Nichols tornò su territori analoghi con un film ancora più esplicito e decisamente più amaro: Conoscenza carnale, disincantato ritratto delle abitudini sessuali e dei comportamenti in materia di relazioni da parte della "nuova gioventù" americana. La pellicola si sviluppa infatti attorno all'amicizia tra Jonathan (Jack Nicholson) e Sandy (il cantante Art Garfunkel) dagli anni del college fino alla loro maturità, fra reciproche confessioni e liaison con varie partner femminili, fra cui Bobbie (Ann-Margret), fidanzata di Jonathan, e Susan (Candice Bergen), che si concede ad entrambi in un ménage à trois. Opera audace e provocatoria, Conoscenza carnale riportò un vastissimo successo di pubblico, imponendosi fra i cult movie della New Hollywood degli anni Settanta.
5. Silkwood
Nel 1983, otto anni dopo Due uomini e una dote, Mike Nichols tornò al cinema con un film drammatico basato sulla reale vicenda di Karen Silkwood, operaia in una fabbrica nucleare in Oklahoma che nel 1974, dopo essersi resa conto delle contaminazioni da plutonio a cui lei e tutti i suoi colleghi erano sottoposti, si unì al sindacato in una battaglia per denunciare l'esposizione alle radiazioni e le scarse condizioni di sicurezza della fabbrica.
Rigorosa opera di denuncia sociale, ma anche ritratto intimo e partecipe della figura della sua coraggiosa protagonista (pur tenendosi ben lontano dai rischi della retorica dell'agiografia), Silkwood costituisce uno dei migliori e più emozionanti esiti nella produzione di Nichols: un merito che il film condivide con l'ottima sceneggiatura di Alice Arlen e Nora Ephron e con le splendide interpretazioni di Meryl Streep, in una delle massime performance della sua carriera nel ruolo del titolo, e della celebre popstar Cher nella parte di Dolly Pelliker, collega, coinquilina ed amica di Karen (per la quale prova anche dei sentimenti amorosi), ricompensate con due delle cinque nomination all'Oscar ottenute da Silkwood.
6. Una donna in carriera
Non ambirà certo allo status di capolavoro, né tantomeno può vantare la medesima profondità o l'impatto culturale dei film citati in precedenza, eppure Una donna in carriera, diretto da Mike Nichols nel 1988, è tuttora una delle commedie simbolo degli anni Ottanta, in virtù di un clamoroso successo di pubblico che, nel 1990, avrebbe dato vita a una serie TV con una giovanissima Sandra Bullock. Una donna in carriera costituisce una sorta di variante del leggendario modello di Eva contro Eva declinata nel mondo degli affari e dell'irrefrenabile rampantismo della New York di fine decennio, con la subdola rivalità fra Tess McGill (Melanie Griffith), grintosa segretaria di Staten Island, e il suo nuovo capo-ufficio, la spregiudicata Katharine Parker (Sigourney Weaver): una rivalità che si trasferirà pure sul campo dei sentimenti, con l'entrata in scena del fascinoso Jack Trainer (Harrison Ford). Perfetto veicolo divistico per la Griffith, che condivide la scena con una Sigourney Weaver di sopraffina doppiezza, Una donna in carriera ricevette sei nomination all'Oscar e si aggiudicò il premio per la miglior canzone per Let the River Run, composta e interpretata da Carly Simon.
7. Piume di struzzo
Sempre nell'ambito delle commedie brillanti, intente a 'solleticare' le contraddizioni e le piccole ipocrisie della società americana anteponendo però la comicità ad una critica davvero corrosiva, si può inserire Piume di struzzo, remake del classico francese del 1978 Il vizietto, che riunì Mike Nichols con la sceneggiatrice Elaine May. Fra i maggiori campioni d'incassi del 1996 (128 milioni di dollari al box-office americano), Il vizietto ripropone il canovaccio del film originale, raccontando la bizzarra 'recita' imbastita dall'omosessuale Armand Goldman (Robin Williams) in occasione della serata in cui dovrà accogliere in casa i suoi futuri consuoceri, il bigottissimo Senatore repubblicano Kevin Keeley (Gene Hackman) e sua moglie Louise (Dianne Wiest). All'interno di un meccanismo comico di formidabile precisione, a rubare la scena è soprattutto l'impagabile Nathan Lane nei panni di Albert, l'effeminato marito di Armand, che arriva al punto di travestirsi e di fingersi "la signora Goldman" pur di reggere il gioco...
8. Angels in America
In una carriera che ha scritto diverse pagine di storia del cinema, era tuttavia doveroso parlare anche di un prodotto per il piccolo schermo che costituisce tuttora una pietra miliare della narrazione televisiva: Angels in America, miniserie in sei capitoli (per una durata complessiva di quasi sei ore) diretta da Mike Nichols per la HBO nel 2003, dieci anni dopo che Robert Altman aveva già tentato invano di realizzarne una trasposizione. Alla base della miniserie, infatti, vi è il magnum opus firmato nel 1993 per il palcoscenico dal drammaturgo Tony Kushner: Angels in America - A Gay Fantasia on National Themes, ovvero un ambizioso, complesso, originalissimo affresco corale sull'America degli anni Ottanta e sugli effetti della diffusione del morbo dell'Aids all'interno della comunità gay di New York.
Adottando i punti di vista di diversi personaggi, ciascuno con una propria, tormentata vicenda individuale, Angels in America mescola senza soluzione di continuità realismo e soprannaturale, cronaca sociale e digressioni fantastiche e barocche. E per il suo coinvolgente adattamento televisivo del capolavoro di Kushner, ricompensato con un totale da record di undici Emmy Award, Nichols ha potuto avvalersi del contributo di un cast eccezionale, dominato da un terzetto di attori di mostruosa bravura quali Meryl Streep, Al Pacino ed Emma Thompson.
9. Closer
Ad oltre trent'anni da Conoscenza carnale, nel 2004 Mike Nichols è tornato ad indagare i sentieri tortuosi del desiderio, delle relazioni amorose e del tradimento in Closer, trasposizione per il cinema dell'omonimo testo teatrale del 1997 di Patrick Marber, anche autore della sceneggiatura. Ad innescare i meccanismi di attrazione, passione, menzogna ed infedeltà alla base della trama sono gli incontri che di volta in volta, sullo scenario di Londra, intrecciano le strade del quadrilatero di personaggi in gioco: l'aspirante scrittore Dan Woolf (Jude Law), la giovane e spigliata Alice Ayres (Natalie Portman), la fotografa americana Anna Cameron (Julia Roberts) e il dermatologo Larry Gray (Clive Owen). Ancora una volta, il format teatrale permette a Nichols di sviscerare l'intimità dei suoi personaggi, mettendone a nudo manie ossessive, fragilità e contraddizioni con uno sguardo di tagliente lucidità.
10. La guerra di Charlie Wilson
Definitivo congedo di Mike Nichols dal mondo del cinema, La guerra di Charlie Wilson, diretto dal veterano di Hollywood nel 2007 avvalendosi di un eccellente copione dell'abile Aaron Sorkin, rappresenta un'altra incursione di Nichols nei "corridoi del potere" e nei torbidi "dietro le quinte" della politica dopo il validissimo I colori della vittoria, del 1998. Il regista adotta ancora una volta il registro ironico e brillante che gli è più congeniale per rievocare la reale vicenda di Charlie Wilson, Deputato del Congresso con una vita caratterizzata da eccessi e sregolatezze, che nel 1980, nel pieno della Guerra Fredda, patrocinò una segretissima operazione di finanziamento dei Mujahideen contro l'esercito sovietico di stanza in Afghanistan.
In questa gustosissima commedia a tema politica che a tratti rasenta la satira, Tom Hanks conferisce la giusta dose di carisma al suo protagonista, affiancato da due comprimari di massima levatura: un'inedita Julia Roberts nella parte dell'autoritaria milionaria Joanne Herring e un istrionico Philip Seymour Hoffman nei panni dell'iracondo ed eccentrico agente della CIA Gust Avrakotos.