Se siete delle persone che "pensano quadridimensionalmente", non potete non conoscere Rick and Morty, serie animata creata da Justin Roiland e Dan Harmon, già autore di Community, prodotta da Adult Swim e distribuita in Italia da Netflix, dove, dal 5 novembre, sono arrivati finalmente gli episodi della terza stagione. Diventata fenomeno di culto (tanto da meritare l'introduzione del termine "ricktacular", ovvero spettacolare alla maniera di Rick, uno dei protagonisti) soprattutto in America e Gran Bretagna, Rick and Morty è ancora poco conosciuta in Italia, dove però ha una nicchia di spettatori fedelissimi.
La storia è semplice nella premessa: Rick Sanchez, geniale scienziato con un problema di alcolismo e un'ambizione sconfinata, torna improvvisamente a casa della figlia, Beth (doppiata in originale da Sarah Chalke, Elliot in Scrubs), per coinvolgere il nipote Morty, ingenuo e non particolarmente brillante, nelle sue avventure ai confini della realtà. Sì perché Rick, dall'alto della sua intelligenza superiore, ha inventato una pistola che gli permette di aprire portali in altre dimensioni, pianeti e tempi, rendendo i viaggi spazio-temporali una passeggiata.
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Vi ricorda un episodio di Doctor Who incrociato con la trilogia di Ritorno al futuro? I vostri sensi di ragno si sono attivati a ragione, perché l'ispirazione di Rick and Morty è proprio quella, mescolata ad almeno altre millecinquecentosettantotto fonti, masticate, digerite e sputate insieme per creare un amalgama tanto esplosivo quanto divertente. Se il plot di partenza è infatti semplice, la particolarità di questa serie sta proprio nel fatto di non avere limiti, né in termini di spazio e tempo, né di esagerazione: con un misto di fiducia e noncuranza per il pubblico, le avventure di nonno e nipote alzano sempre l'asticella del possibile, costringendo lo spettatore a chiedersi ogni volta: "Ma come diavolo hanno fatto?!".
Se la prima stagione di Rick and Morty è un fuoco d'artificio dietro l'altro, una serie di spunti e personaggi pronti a rilasciare la loro massima luce nel singolo episodio per poi sparire, nella seconda Harmon e Roiland (che, è il caso di sottolinearlo, oltre a essere autore doppia anche entrambi i protagonisti, dimostrando non solo un talento incredibile, ma anche una buona dose di schizofrenia latente, visto che a volte dialoga da solo per venti minuti di fila) hanno sviluppato una trama orizzontale, che contrappone al geniale e cinico cervello di Rick, che non crede più in niente non perché abbia studiato giurisprudenza ma perché, quanto più sono gli universi e le possibilità alternative, tanto più ogni scelta perde per lui di significato, la sua famiglia di semplici cittadini medi, spaventati dal caos che comporta contemplare infiniti mondi.
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La terza stagione: cetrioli, salsa Szechuan e pessimismo cosmico
Proprio come in molte delle serie animate americane di successo, da I Simpson a I Griffin, passando per South Park, in Rick and Morty al centro di tutto c'è la cellula basilare della società: la famiglia, scardinata e analizzata dall'interno. La differenza con gli altri titoli sta nel punto di osservazione: per parlare di noi ci si allontana quanto più possibile dal nucleo centrale, rendendo apparentemente marginale la noiosa realtà dell'uomo qualunque, fatto che avvicina la serie di Roiland e Harmon a Futurama, di cui è una discendente diretta.
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Dopo aver atteso due lunghi anni, che avevano lasciato il mondo con il fiato sospeso grazie a un finale amaro e commovente, lo scorsa primavera Adult Swim ha diffuso il primo episodio della terza stagione in rete spacciandolo per un pesce d'aprile, per poi ritirare la puntata dopo 24 ore. The Rickshank Rickdemption, questo il titolo, ha avuto due effetti: rimescolare ancora una volta le carte e rendere immediatamente popolare la salsa Szechuan venduta da McDonald's nel 1998, per un periodo limitato, in occasione dell'uscita del film Mulan, che ha un ruolo centrale ai fini della trama. Un riflesso pavloviano su scala mondiale.
Contrapponendo sempre più razionalità ed emotività, scienza e fede, cervello e cuore, i dieci nuovi episodi di Rick and Morty sono una riflessione cinica e disincantata sulla percezione che abbiamo della realtà e di noi stessi, una dimostrazione di come quello che chiamiamo amore sia il frutto di una serie di reazioni chimiche che attivano le nostre cellule neuronali. Concepire l'infinito nella nostra mente pur avendo un corpo mortale è una capacità che ci rende unici ma allo stesso tempo destinati a essere eternamente insoddisfatti. La soluzione di Rick è: "Nessuno esiste deliberatamente. Nessuno appartiene a qualche luogo. Tutti finiamo per morire. Vieni a guardare la TV". Binge watching is the way.
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Tra pianeti popolati da roditori che usano come abitazione il retto degli esseri umani, androidi metà umani e metà uccelli ed esseri umani che si trasformano in cetrioli solo per il gusto di farlo (Pickle Rick, la "versione cetriolo" del protagonista che segna "il salto dello squalo" definitivo della serie, che ormai non ha più nessun freno inibitorio, è diventato icona ancora prima della messa in onda dell'episodio, guadagnandosi anche un adesivo apposito su Facebook), questo terzo ciclo ci ha portato un po' più vicino al cuore duro e arrugginito di Rick, che vede i sentimenti e la sua famiglia come una debolezza da cui però è irresistibilmente attratto. Perché la "famiglia classica" e il contatto umano saranno pure concetti superati e noiosi a cui a un certo punto si può pensare di rinunciare in vista di una realizzazione personale più soddisfacente e stimolante, come si chiede Beth in questo spiazzante finale di stagione, ma restano sempre il nostro rifugio istintivo e primordiale, quell'imprinting a cui non si può sfuggire e quindi, per quanto "là fuori" ci siano mondi meravigliosi che aspettano solo di essere esplorati, il nostro lato più umano, in risposta alle sirene dell'ignoto, non può che suggerirci di rispondere, alla maniera di Doc Brown, "chi se ne frega".
Movieplayer.it
4.0/5