Nell'Ucraina degli anni Novanta, da piccolo il protagonista cresce in un ambiente di periferia e in una famiglia difficile, manifestando sin da quella tenera età un'indole ribelle, che lo porta a estraniarsi dal resto dei suoi coetanei. Cresciuto e soprannominato Rhino, ovvero rinoceronte, per via del suo carattere senza compromessi e per la sua corporatura massiccia, comincia a sfruttare le proprie peculiarità per fare fortuna nel sottobosco criminale cittadino, lavorando come strozzino per degli usurai locali.
Così facendo Rhino entra in un mondo sempre più violento, che soltanto l'amore con Marina - che diventerà suo moglie nonché madre di suo figlio - sembra riuscire a stemperare. Ma più si cala in quella realtà malsana e più anche il suo matrimonio va incontro a scossoni, soprattutto per via dei suoi frequenti tradimenti con altre donne e prostitute. La discesa nell'abisso per Rhino è soltanto all'inizio...
Rhino: dritto come un treno
I dieci minuti iniziali sono probabilmente la parte migliore del film, con quei finti piano sequenza ad alternarsi nel calibrare continui cambi d'ambientazione che mettono in mostra tutta la perizia stilistica del regista e sceneggiatore Oleh Sentsov, capace di mutare umori e tempi con mano sicura e avvolgente. E i cento minuti di Rhino possono indubbiamente contare su una messa in scena solida e robusta, proprio come il protagonista interpretato dall'esordiente Serhii Filimonov. Ma in questa produzione ucraina, presentata in esclusiva alla Biennale del cinema di Venezia nel 2021 con il titolo originale Nosorih, è la storia a perdere progressivamente di interesse quando innesca un corto circuito all'insegna di una violenza sempre maggiore, non supportata da un adeguato scavo psicologico del personaggio, che si trascina sempre più a fondo, vittima dei propri sbagli e carnefice spietato per chi incrocia sulla sua strada.
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Delitto e castigo
Una figura antiempatica con il quale lo spettatore riuscirà difficilmente a entrare in comunione: fedifrago, amorale e scostante, salvo quel ravvedimento finale con tanto di epilogo "inaspettato", a chiudere un cerchio i cui contorni erano ormai ricolmi di sangue versato. Sin dal prologo dove la sua versione bambina è intenta a spaccare dei fiori di girasole in un campo sterminato, intuiamo come Rhino sia destinato a essere una figura scomoda, ma il fascino del Male che un personaggio così calcato dovrebbe magnetizzare è purtroppo appena accennato. Un contesto grigio e monocorde, con criminali spietati quanto o più del Nostro e forze dell'ordine che sembrano assenti quando non complici, non riesce a offrire un ritratto lucido del relativo contesto storico e sociale, concentrandosi su quelle dinamiche malavitose affette da una parziale monotonia di intenti. Contesto dove ha luogo una classica storia di ascesa e caduta di un gangster che si scoprirà consumato dai propri demoni.
Vendetta, tremenda vendetta
La narrazione procede per ellissi ragionate, con i sensi di colpa che crescono pian piano con lo scorrere dei minuti, indirizzati anche da svolte decisive che modificano drasticamente lo status quo del protagonista. E allora ecco che Rhino si instrada sulle vie del revenge-movie, giustificando finalmente quella furia iconoclasta che in precedenza sembrava più gratuita che effettivamente necessaria: le vie della vendetta restituiscono al racconto il giusto appeal e interesse per arrivare fino al giungere dei titoli di coda. Il regista ha dichiarato che questo "non è un film incentrato su criminalità, omicidi e sparatorie. È la storia di un uomo che ha vissuto un periodo di difficoltà e che ora porta un fardello interiore con il quale sta cercando di fare i conti." Una tesi vera a metà, che vive su un dualismo meno fine del previsto a caratterizzare un'opera affascinante e disturbante, sicuramente perfettibile.
Conclusioni
Come il suo protagonista, Rhino è un film brutale che non fa sconti, che vorrebbe farsi specchio di un Paese e di una società privi di speranza. Ambientata nell'Ucraina degli anni Novanta, quest'odissea criminale all'insegna della violenza rischia a tratti di scadere nel gratuito nelle sue efferatezze e nell'approccio senza mezze misure ai personaggi e al contesto, salvo ritrovare solidità e personalità nello stile del regista Oleh Sentsov, in particolar modo in quel folgorante inizio "a spasso nel tempo" che non si dimentica.
Perché ci piace
- La regia di Oleh Sentsov, con alcuni picchi stilistici degni di nota.
- L'interpretazione dell'esordiente Serhii Filimonov.
Cosa non va
- La sceneggiatura non è altrettanto ispirata.
- Rappresentazione della violenza sommaria e gratuita.