Piccolo disclaimer: se soffrite di talassofobia non guardate il documentario oggetto di questa recensione. Se invece siete alla ricerca di un prodotto che vi lasci senza fiato, allora siete nel posto giusto.
Già, perché come sottolineeremo in questa recensione di Respiro Profondo, quella diretto da Laura McGann è un'opera che esula dal semplice genere documentaristico, per farsi viaggio in apnea della durata di 95 minuti. Il respiro profondo che fa da titolo al lungometraggio e prodotto da A24, Motive Films e Ventureland Production (e ora disponibile su Netflix), diventa allora una richiesta precisa allo spettatore, quella di inspirare ed espirare profondamente, prima di trattenere il respiro e lasciare che a sostenere il peso del proprio corpo siano gli occhi, la mente, in un gioco costante tra commozione, ansia, e stupore.
Bisogna aspettare i titoli di coda prima che ci sia permesso di riempirci nuovamente i polmoni e tornare a vivere di ossigeno; e non c'è perfezionamento tecnico, o ripresa d'impatto che tenga: quando l'occhio incontra la maestosità del blu profondo, e l'empatia abbraccia quella della coppia protagonista, tutti ci ritroveremo inconsciamente a sincronizzare il proprio battito cardiaco con quello di Alessia e Stephen; tratterremo il respiro insieme a loro, per poi scendere giù, in apnea, verso il fondo di un mare che non si vede, ma si sente. Si sente nei polmoni che faticano, nel corpo che cede, nel cervello che si spegne, e nelle bocche che rianimano, forse troppo tardi.
Respiro profondo: la trama
Alessia Zecchini aveva solo 11 anni, ma già sapeva cosa voleva fare da grande. Il suo sogno erano le immersioni in apnea e diventare una delle grandi freediver del mondo. Stephen Keenan, nel freddo della sua Irlanda, ci ha messo un po' di più a capire quale fosse il suo destino. E il caso volle che fosse lo stesso di Alessia: la passione per il freediving e la messa in sicurezza degli atleti. Immersi entrambi nel silenzio delle profondità marine più insidiose, Stephen e Alessia si sono incontrati, trovati, capiti e amati, fino a quando l'ultima forza ha permesso a uno di lasciare vivere l'altra, cedendo all'ultimo, coraggioso, respiro.
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Sogni in apnea
Ci sono sogni che non attendono di uscire a galla, ma chiedono piuttosto di essere ricercati, afferrati, sottratti dal buio profondo del mare. Alessia Zecchini non è una che perde tempo e lo dimostra subito: per quanto complicato e irreale potesse sembrare, il suo obiettivo era diventare una delle più grandi freediver di tutti i tempi. Non sirena, non addestratrice di delfini: il suo sogno esula da quelli comuni, perché a lei la superficie non interessa, non le basta; il suo obiettivo è volare giù, nella profondità del mare, ritornando a uno stato primordiale all'interno del grembo materno. Perchè è solo nel silenzio più assordante che puoi fare i conti con te stessa, con i tuoi pensieri e le tue paure, prima di ritornare in superficie, questa volta da vincitrice.
Quadro di bellezza sublime in un'angoscia marina
Senza una prevaricazione registica e tecnica, o la presenza costante di intromissioni esterne, Respiro Profondo riesce nel difficile compito di condividere ogni battito rallentato, ogni paura repressa, ogni slancio corporeo, con il proprio pubblico. Le stesse riprese - siano esse inedite, o di archivio - convertono il nitore naturalista e reale dell'ambiente circostante, in una tavolozza cromatica elegante e insignita di sfumature marine. Ciò che ne risulta è un dipinto dove il mare si fa insieme protagonista e antagonista, complice e ostacolo nefasto.
Nello spazio di una visione, l'apnea di Alessia, e la forza di Stephen, da talenti personali diventano fattori universali. Le voci dei due protagonisti si fanno echi lontani, ricordi provenienti da un fondo marino fattisi ora chiari, precisi, commoventi. Sono onde d'urto improvvise, impercettibili all'orizzonte, ma che una volta raggiunte a riva, sono pronte a colpire in pieno volto il proprio pubblico. Che siano racconti fuori campo, o interviste ad amici e parenti, quelli che avvolgono l'intero documentario sono carezze leggere di una corrente tranquilla, destinata paradossalmente a preannunciare l'arrivo di una tempesta imminente e impossibile da evitare. Sentiamo che qualcosa sta per accadere, che una forza sublime è pronta ad abbattersi sullo schermo, liberandosi dai cassetti di quella memoria che giace sul fondo dell'oceano, per colpirci, imprigionarci sott'acqua, senza ossigeno, in totale blackout.
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Un montaggio umano di riprese in apnea
È un documentario tanto semplice, quanto di impatto, Respiro profondo. Quello curato dalla montatrice Julian Hart è soprattutto un montaggio che può definirsi "umano". Già, perché dietro ogni raccordo, dietro ogni congiunzione perfetta tra materiali di archivio, fotografie personali, filmati televisivi e amatoriali, si nasconde un senso di umano sacrificio e di forza sovrumana. Coraggio, perseveranza, ma soprattutto amore: l'opera di taglia e cuci a opera della Hart è un assemblaggio perfetto di tante schegge di una memoria che elabora, sogna, e rivive i propri desideri. Senza lasciare alcuna cicatrice alla propria creatura documentaristica, la Hart concepisce un corpo mnemonico fatto di ricordi e pianti, successi e rimorsi, dolori e abbracci.
Un viaggio, quello di Respiro profondo, compiuto con calma, senza quell'ansia costante di arrivare al proprio epilogo, bruciando così quella bellezza dilaniante dell'attesa. Prigionieri di una visione ammaliante ed enfatizzata nella sua resa visiva sia dalla bellezza delle riprese sott'acqua, che dagli ambienti naturali che inglobano i corpi di Alessia, Stephen, e dei loro amici e colleghi, gli spettatori sono anche parte inconscia di una sorta di thriller in formato documentaristico. Le onde del mare, il buio dell'oceano, sono adesso rivestiti della stessa sostanza di cui è fatta la suspense hitchcockiana. Il pubblico è conscio che qualcosa di doloroso sta per accadere, lo sente nel tono di voce degli intervistati, nella fotografia che si fa sempre più oscura e buia, come il fondo del mare. Ciononostante, accetta il rischio, proprio come Alessia quando si immerge senza respiro a 100 metri di profondità. In questa corsa di binari pronti a congiungersi in un unico percorso narrativo, il lutto e il sacrificio altrui sarà una lama che toglierà il fiato.
Quello che la visione di Respiro Profondo lascia in eredità al proprio pubblico è un abbraccio doloroso e caloroso, una meraviglia per gli occhi e una spina conficcata nel cuore. Un documentario di rara bellezza, nel quale il concetto di Sturm und Drang si fa vivo, tangibile, incorporandosi in quegli occhi azzurri come il mare sia di Alessia, che di Stephen; blu, come quelle acque da scoprire; blu come quel cielo verso cui di nuovo riemergere, così da uscire e riveder le stelle.
Conclusioni
Concludiamo questa recensione di Respiro Profondo sottolineando come il documentario firmato da Laura McGann riesca a unire in maniera perfetta lato professionale e sentimentale di due anime capaci di vivere con il fiato sospeso come Alessia Zucchini e Stephen Keenan. Uniti dall'amore per il freediving, i due si fanno guide imprescindibili in questo viaggio verso il blu profondo del mare innestando nello spettatore non solo momenti di straordinaria bellezza naturale, ma anche un senso di angoscia per un dolore pronto a sopraggiungere.
Respiro Profondo è davvero una perla rara. Non perdetelo.
Perché ci piace
- La capacità di alternare vita intima e sportiva dei due protagonisti, senza forzare nessuna delle due parti.
- L'innesto di un senso di angoscia per qualcosa di tragico pronto ad accadere nello spettatore, che al posto di distogliere lo sguardo, rimane ipnotizzato dall'opera.
- L'uso in fuori campo delle voci di Alessia e Stephen.
Cosa non va
- Che finisce. E proprio come temevamo.