Unico film italiano in concorso al Torino Film Festival 2020, Regina è l'esordio al lungometraggio del calabrese Alessandro Grande. E la Calabria è protagonista insieme a Francesco Montanari e alla rivelazione Ginevra Francesconi, che si era già fatta notare in The Next e qui conferma il suo talento versatile nel ruolo dell'adolescente che dà il titolo al film. La storia ruota attorno al rapporto tra un padre e una figlia costretti a fare i conti con un incidente che cambierà il corso delle loro vite e del loro rapporto. A far da contorno alla vicenda la musica, la scuola e il tentativo di far evolvere un rapporto tanto esclusivo quanto problematico.
Parlando di Regina, Alessandro Grande definisce la sua opera prima "un film sul senso di colpa. Mi sono ispirato al saggio di Massimo Recalcati Il complesso di Telemaco, che parla dell'incapacità degli adulti di oggi di prendersi delle responsabilità. Regina, come Telemaco, aspetta che il padre cessi di essere suo amico e inizi a educarla, ma quest'assenza è fondamentale per permettere l'incontro finale, il momento in cui entrambi accetteranno di crescere insieme". Il regista rivela i suoi punti di contatto con la protagonista della storia: "Volevo fare il cantante, la musica ha fatto sempre parte della mia vita. Un altro aspetto che mi appartiene del film è la passione per la montagna molto più che il mare. Conoscono bene i luoghi della storia, ho casa da quelle parti. L'arte rappresenta un'evasione dal quotidiano, poi nella vita si cresce e si sviluppano altri interessi. Ma le passioni non muoiono mai, trovano il modo di uscire allo scoperto perciò mi è venuto naturale farlo in Regina".
Padre e figlia: istruzioni per l'uso
L'alchimia tra Francesco Montanari e Ginevra Francesconi, in Regina, è tangibile, frutto di una collaborazione attenta tra i due attori che hanno lavorato prima separatamente e poi insieme per raggiungere quell'affiatamento che possiamo apprezzare sullo schermo. "Quando ci guardavamo negli occhi, dovevamo essere padre e figlia" spiega Francesco Montanari. "Le prove sono state estenuanti, ma bellissime. Alessandro Grande è stato molto esigente, ma grazie a questo lavoro siamo riusciti a costruire un vero rapporto". Gli fa eco Ginevra Francesconi, che cita come modelli di riferimento Jasmine Trinca e la regina Meryl Streep. "Come Regina e Luigi, anche io sono cresciuta grazie alle tante prove. Ho provato da sola con il regista per quasi un anno, a un certo punto è arrivato anche Francesco e con lui ho provato per tre/quattro mesi. Mi sono calata nel ruolo così se dovevo ridere con mio padre ridevo davvero, se dovevo emozionarmi mi emozionavo davvero.".
L'immedesimazione degli interpreti nei loro personaggi è stata tale da provocare un cambiamento emotivo visibile in un alcune scene, ad esempio nel viaggio in auto di Regina con i carabinieri. "Quella scena è stata girata il primo giorno di riprese" ricorda la Francesconi ridendo. "Abbiamo cominciato con le cose facili, ma la musica mi è servita tanto, è una dei protagonisti del film. Mi aiutava a concentrarmi, alla fine arrivavamo a girare anche le scene più difficili solo un paio di volte. Anche calarci nell'ambiente, quella Calabria fredda e montuosa, ci è servito tanto". Francesco Montanari aggiunge: "Alessandro è stato bravo perché ha fatto quello che dovrebbero fare tutti, ha sfruttato al meglio gli attori che aveva a disposizione. Ci ha guidato facendoci entrare nel magico mondo di Regina attraverso personaggi tridimensionali. Io non ho figli, ma diffido del modello del genitori amico. Fino a che punto è valido? Da questa riflessione ho creato il mio Luigi".
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Una Calabria inedita e crepuscolare come l'anima dei personaggi
Come accennato, la Calabria di Regina non è la regione costiera calda e solare, ma è una Calabria montuosa, aspra, invernale, a tratti lugubre. Alessandro Grande ci tiene a sottolineare la sua intenzione di non includere gli stereotipi della sua regione, ma di usare i paesaggi inediti in chiave metaforica: "Ho ambientato una storia lontano dalla Calabria sole mare e abusi edilizi. Ho cercato rifugio nella mia montagna il cui clima si evolve passo passo con i personaggi. All'inizio intravediamo un sole non fortissimo, man mano che entriamo nel dramma il clima si fa più rigido, così come l'animo di Regina e del padre".
Riflettendo sulle difficoltà del passaggio dal corto al lungometraggio, Grande si concentra soprattutto sul formato: "La difficoltà è raccontare una storia lunga mantenendo viva l'attenzione. Occorre tenere il ritmo giusto, coerente con la storia, senza doverlo modificare successivamente. La vera difficoltà era tenere ritmo giusto, coerente, senza doverlo modificare successivamente. Quando racconto una storia non mi piace fare troppi calcoli, preferisco seguire le emozioni". Le ultime parole del regista sono sul cameo di Dario Brunori, che compare fugacemente in una scena. Nel raccontare come è riuscito a convincerlo a partecipare, Alessandro Grande si produce in una fantastica imitazione del musicista: "All'inizio non voleva partecipare perché lui è di Cosenza e io di Catanzaro. Alla fine siamo riusciti ad appianare questo scherzosa faida e ha accettato, anche per dare un messaggio positivo sulla Calabria nel mondo. Avrei voluto poterlo sfruttare di più, ma la storia andava su un'altra direzione quindi ci siamo dovuti accontentare".