Lo scorso novembre, il suo Regina ha debuttato in concorso, unico film italiano, al Torino Film Festival 2020. Adesso finalmente anche il pubblico potrà godere della visione del promettente esordio, disponibile sulle principali piattaforme on-demand (Sky Primafila, Google Play, I-Tunes, Rakuten, Chili, Timvision, Amazon Video Store). Nel frattempo la sua giovane protagonista, la diciottenne Ginevra Francesconi, spicca il volo con nuovi personaggi e nuove produzioni, ma in Regina, il regista Alessandro Grande ha saputo valorizzarne al massimo le qualità.
Come scritto nella nostra recensione di Regina, nel film si racconta il legame speciale tra un padre e una figlia, uniti dalla vita, ma divisi da un terribile incidente. Ginevra interpreta la quindicenne Regina, adolescente con la passione per il canto, passione condivisa col padre vedovo Luigi, musicista fallito che ha proiettato sulla figlia le sue ambizioni e aspettative. Una tragedia inaspettata allontanerà padre e figlia, costringendo entrambi a fare i conti con se stessi e col proprio ruolo nella famiglia, come svela Alessandro Grande in un incontro torinese via Zoom: "Né io né Francesco Montanari siamo padri perciò rischiavamo di raccontare una storia lontana dal nostro vissuto. Allora, visto che questo tema mi stava a cuore, mi sono affidato a un saggio di Massimo Recalcati, 'Il complesso di Telemaco'. Il messaggio è che non si può solo essere amici dei figli. Occorre sapersi prendere le proprie responsabilità. E poi il distacco è una fase fondamentale della crescita, è necessario separarsi per ritrovarsi".
Esplorare il mondo con lo sguardo di una adolescente
Alessandro Grande ha scritto Regina insieme a Mariano Di Nardo. "La storia è nata un po' per caso. Volevo raccontare il tema dello scontro generazionale partendo da una vicenda familiare contemporanea e ho cercato un punto di vista alternativo" spiega il regista. "Ho scelto di immedesimarsi nello sguardo adolescenziale, l'età più problematica, l'età in cui smetti di essere dipendente dai genitori e sviluppi un senso critico nei loro confronti. In questo caso la situazione è ancor più delicata perché Luigi è un padre giovane, inesperto. E poi è solo, non ha una donna accanto con cui crescere la figlia, non ha nessuno con cui confrontarsi".
Grande si dimostra orgoglioso di aver scelto la sua Calabria per raccontare una storia che gli stava a cuore schivando gli stereotipi e fornendo un'immagine inedita, cupa e crepuscolare della regione: "Ho evitato la Calabra solare da cartolina e ho preferito girare nella Calabria montuosa e invernale che ben conosco". Per via di questa scelta, le riprese si sono rivelate tutt'altro che una passeggiata: "La scena ambientata nel lago è stata girata a meno cinque. Non vi dico il freddo, anche perché, essendo un'opera prima non avevamo chissà quali mezzi. Ci siamo dovuti arrangiare". Il regista ha fatto, però, alcune scelte precise che si riflettono nello stile del film, che si caratterizza per la presenza di alcuni piani sequenza, "voluti per stare insieme ai personaggi tutto il tempo".
Dal casting di Ginevra Francesconi alle difficoltà del cinema italiano
Trovare l'adolescente perfetta per il ruolo di Regina non è stato semplice, soprattutto in virtù della complessità dei sentimenti espressi dal personaggio. "Abbiamo visionato più di 550 ragazze" ricorda Alessandro Grande. "Per rendere il tutto più difficile, dovevamo trovare una ragazza che risultasse credibile anche come cantante. Pur non essendo una musicista, Ginevra ci è riuscita, si è impegnata molto, ha studiato chitarra e canto. Io e lei abbiamo provato per più di anno." Anche la scelta di Francesco Montanari è stata ponderata a lungo: "Il pubblico è abituato a vederlo in ruoli da cattivo di grande personalità, che io ho scelto di azzerare. Gli ho affidato il ruolo di una persona normale che si trova a dover affrontare in evento tragico che potrebbe capitare a chiunque. Ho sfruttato il suo aspetto dolce, da ragazzo padre, gli ho permesso di mostrare un lato inedito di sé".
Prima di approdare al lungometraggio, Alessandro Grande si è laureato in Comunicazione multimediale con specializzazione in Storia e Critica del cinema presso l'Università Tor Vergata di Roma e ha frequentato diversi seminari e stage di regia tra i quali quello diretto da Aurelio Grimaldi. Facendo un bilancio sulle difficoltà di un regista esordiente in Italia ci spiega che, più che il primo film, "è difficile fare il secondo. La concorrenza è tanta e la situazione del cinema italiano, con la crisi, è ulteriormente peggiorata. Nel mio caso il David di Donatello vinto con il corto Bismillah mi ha aiutato, ma per arrivare al primo film ho impiegato dieci anni. Spero di non doverne aspettare altri dieci per il secondo".