Reflection, la recensione: vuoto senza fine

La recensione di Reflection: ispirato da un'epifania mortifera, il regista ucraino Valentyn Vasyanovych confeziona un dramma umano sin troppo compiaciuto.

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Reflection: Roman Lutskyi, Andriy Rymaruk in una scena del film

Come dentro un romanzo di Kafka. Basta un piccolo particolare a inquietare qualcuno. Basta un assurdo evento minuscolo per scuotere la vita di una persona. Apriamo la nostra recensione di Reflection, dramma ucraino in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2021, raccontando l'emblematico dietro le quinte alla base del film di Valentyn Vasyanovych. Succede che un giorno un uccello si schianta sulla finestra di casa sua, lasciando un segno evidente sul vetro. Sua figlia assiste a quel piccolo spettacolo di morte. La cosa la turba così tanto da dare il via a una serie di riflessioni padre-figlia sul senso della morte e sulla caducità della vita umana.

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Reflection: una sequenza del film

Il tutto mentre tutta l'Ucraina affronta il dramma della guerra contro la Russia sul fronte della Crimea. L'intimo che incontra il collettivo. Il particolare che si specchia nel generale. Sono questi i riflessi dentro Reflection, cupo ritratto di una famiglia e di un Paese forse troppo compiaciuto dei dolori che si porta dentro.

Guerra domestica

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Reflection: Roman Lutskyi in una sequenza

Non c'è mai calore nella vita di Serhiy, chirurgo separato da sua moglie e con una figlia ormai lontana. Non c'è calore come tra le strade spoglie e gelide di un'Ucraina piovosa, umida e innevata, in procinto di entrare in guerra con la Russia per il possesso della Crimea e del Donbass. Un conflitto che coinvolge subito Serhiy, approdato nelle zone del conflitto per dare una mano con le sue competenze mediche. Catturato dalle forze militari russe, l'uomo è costretto a subire torture e ad assistere a violenze indicibili. E una volta tornato a casa non ci sarà alcun calore domestico ad attenderlo. Ecco perché di Reflection rimane impressa soprattutto la temperatura: bassissima. Un freddo che entra nelle ossa sia tra la lamiere arrugginite di un campo di prigionia che nel salotto di un appartamento borghese. Valentyn Vasyanovych divide il suo film a metà, ma è polare dall'inizio alla fine. Polare e polarizzato. La prima parte è un incubo sin troppo crudo e spietato, con una violenza a tratti compiaciuta che insiste sugli atroci orrori di un conflitto mai spiegato, ma solo mostrato nella sua crudezza più pura. La seconda è un quieto ritorno alla normalità in cui il protagonista vaga come un fantasma in cerca di consistenza. La dimensione paterna è quasi un miraggio di speranza: per Serhiy ritornare a essere padre significa tornare a vivere. Reflection ci fa sentire tutta la fatica di questo ritorno a casa anaffettivo, e ci trascina dentro un'Ucraina in cui non si vede mai il cielo. Ecco spiegato perché gli uccelli, da queste parti, si schiantano sulle finestre.

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Tutto è immobile

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Reflection: Roman Lutskyi durante una scena del film

Un film simile a un album fotografico. Reflection si sfoglia con lentezza, composto da tantissime inquadrature fisse che si ripetono dall'inizio alla fine. Vasyanovych guarda tutto dalla stessa prospettiva: campi medi simmetrici con la camera ferma. Quasi come un Wes Anderson senza brio, ritmo e vitalità. Messa in scena perfetta per rievocare l'immobilismo di una vita che fatica a riaccendersi. Dal punto di vista formale Reflection è efficace, con un'idea di cinema forte (a tratti respingente) portata avanti fino in fondo senza remore. Un cinema asciutto e essenziale, in cui tanti gesti sovrastano poche parole. Questo fa sì che gli spazi dominino i personaggi, li divorino persino (come la guerra fa con le persone), sottolineando di continuo la forza di un contesto opprimente e arido di sentimenti. Così anche Serihiy e sua figlia ci sembrano impacciati, distanti anche quando stanno vicini, alla ricerca di una scintilla che fatica ad arrivare. Una fatica che si sente tanto, forse troppo. Ed è per questo che tutta quella freddezza rischia di diventare persino indifferenza.

Conclusioni

Un atroce freddo nelle ossa. È la sensazione che abbiamo provato scrivendo la nostra recensione di Reflection. Valentyn Vasyanovych ci immerge dentro un incubo simmetrico e immobile, vissuto da un uomo senza pace. Tra guerra e quotidianità domestica, questo dramma impressiona senza scuotere davvero, finendo per affogare nella sua stessa freddezza.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
3.0/5

Perché ci piace

  • Le inquadrature fisse manifestano un'idea di messa in scena adatta alla storia raccontata.
  • Il lavoro svolto sugli spazi, che raccontano un grande vuoto esistenziale.

Cosa non va

  • La freddezza del film sfocia nell'indifferenza nei confronti dei personaggi.
  • La prima parte ci è sembrata troppo compiaciuta nel manifestare la violenza della guerra.
  • Il ritmo compassato potrebbe diventare respingente.