Il messicano Carlos Eichelmann Kaiser compie il suo debutto alla regia con il film di cui vi parliamo in questa recensione di Zapatos Rojos (Red Shoes), presentato a Venezia 2022 nella sezione Orizzonti Extra.
L'opera prima affronta tematiche come il femminicidio, i rapporti tra padre e figlia e i rimpianti legati al passato con delicatezza e sensibilità, attraverso una storia molto personale.
La trama del film
Al centro della storia raccontata in Zapatos rojos c'è Artemio (Eustacio Ascacio), un contadino che vive in un'area isolata tra le montagne messicane e conduce un'esistenza solitaria, avendo perso quasi tutto nella propria vita. Una notizia drammatica lo obbliga a partire con destinazione la città, nel tentativo di trovare una redenzione che gli permetta di placare, per quanto possibile, la propria sofferenza interiore. Al suo arrivo Artemisio dovrà fare i conti con i fantasmi del proprio passato, con una burocrazia fredda e priva di empatia, con la violenza e con un incontro che lo aiuterà personalmente.
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Un racconto semplice che sfrutta i contrasti
Il regista Carlos Eichelmann Kaiser firma un film dalla struttura semplice che sfrutta i silenzi del suo protagonista, interpretato in modo molto convincente da Eustacio Ascacio, per immergere una figura tragica che si ritrova fuori posto, geograficamente e mentalmente, in una società che non ha alcuna pietà di chi è in difficoltà.
Nonostante la sceneggiatura firmata da José Francisco González Garcia e Adriana Gonzáles Del Valle non dia un adeguato spazio ai personaggi femminili, ritratti un po' a grandi linee nonostante la loro importanza narrativa, il lungometraggio trova la sua forza nella dignità di Artemisio e nel suo volto, e fisico, segnato dagli eventi.
Nel seguire il contadino mentre cerca di compiere un gesto importante nei confronti della figlia, gli spettatori ammirano anche il contrasto tra la bellezza dei luoghi in cui la natura è ancora protagonista e la brutalità della metropoli, elemento ben costruito grazie alla fotografia di Serguei Saldìvar Tanaka che pone in netto contrasto colori accesi e ombre alternate a luci al neon, come quelle che contraddistinguono le strade e i corridoi dell'hotel in cui alloggia il protagonista.
Un crescendo di emozioni
La poca originalità dal punto di vista della caratterizzazione dei personaggi, con cliché come il contadino vecchio stile e la giovane dal passato tormentato, ostacolano un po' la capacità di emozionare gli spettatori. L'ultimo atto del racconto, tuttavia, sfrutta la performance intensa degli interpreti per far emergere i drammi che hanno segnato i personaggi con un dialogo che, nonostante gli eventi quasi "estremi" raccontati, risulta credibile e ben calibrato sull'atmosfera e sul ritmo scelto dal filmmaker.
Conclusioni
Red Shoes è una buona opera prima che, nonostante i difetti e i punti deboli, sa convincere con la sua semplicità e una buona costruzione in crescendo della dimensione emotiva. L'interpretazione di Ascacio, inoltre, aiuta Carlos Eichelmann Kaiser a tenere ben ferme le redini della narrazione, agevolato inoltre da una breve durata che permette al regista di mantenere il film scorrevole e incisivo, conducendo a un epilogo catartico, ma non per questo meno amaro.
Perché ci piace
- La storia è semplice ed efficace.
- Il protagonista Eustacio Ascacio sostiene la narrazione con la sua intensità espressiva.
- I contrasti ideati dal regista funzionano nel delineare la storia.
Cosa non va
- I personaggi femminili proposti sono un po' stereotipati e hanno poco spazio per risultare essenziali.
- La storia è portata in alcuni momenti a degli estremi non necessari.
- La breve durata rende alcune scene emotivamente troppo fredde.