Recensione Una notte da leoni 3 (2013)

Non ci sono sbronze da smaltire, matrimoni o addii al celibato da festeggiare, niente pezzi del puzzle da rimettere insieme il giorno dopo: il terzo capitolo di una notte da leoni porta alla conclusione la saga e rinuncia allo schema narrativo che ne aveva decretato il successo, virando verso una commedia dallo stile più convenzionale.

Tutto finisce là dove è iniziato##

Niente "hangover", niente postumi da sbronza estrema del giorno dopo, niente più "rimettiamo insieme i pezzi di quello che è successo la notte scorsa", la "notte da leoni" appena trascorsa: questo terzo capitolo della trilogia, riporta i ragazzi della gang in quella Las Vegas dove tutto era iniziato, ma si differenzia profondamente dai due precedenti nello schema narrativo trasformandosi in una sorta di action comedy decisamente più convenzionale e meno delirante. Il successo del primo capitolo fu enorme quanto imprevisto, al punto di indurre i produttori e il regista a fare dell'inevitabile sequel un remake istantaneo, talmente buona e riuscita era l'idea del primo film: stessi personaggi, stesse situazioni, cambiando gli scenari e la location, da Las Vegas a Bangkok, che garantiva oltre alla variante esotica, un background altrettanto ricco in quanto a eccessi notturni e deliri per tutti le catastrofi e le avventure dei nostri improbabili eroi. Il risultato fu appunto una copia esatta del primo film, necessariamente un po' sbiadita rispetto all'originale se non altro perché il tutto era già visto (gli sceneggiatori Jon Lucas e Scott Moore non erano già più nei crediti), ma alla fine comunque divertente, vista appunto la forza dell'idea nativa: ed infatti il successo di pubblico fu bissato con 586 milioni di dollari in tutto il mondo.


Oltre appunto alla trama, una sorta di Memento in salsa comedy, con investigazione a ritroso causa amnesia da sbronza epocale, la storia funzionava grazie all'alchimia tra gli attori e all'improbabilità delle situazioni davvero estreme e deliranti in cui essi si ritrovavano: una formula che in effetti potrebbe essere replicata all'infinito e che reca in se notevoli presupposti di serialità, a patto di trovare gag sempre nuove, fresche e divertenti. Ora, vista l'esigenza di farne un terzo capitolo, un nuovo copia e incolla sarebbe stato forse davvero troppo sfacciato, per cui il regista e co-sceneggiatore Todd Phillips vira verso una storia molto più normale e lineare, riallaccia i legami con il primo capitolo e porta la saga alla conclusione laddove tutto era iniziato.

Sono passati quattro anni da Las Vegas e due da Bangkok, Phil (Bradley Cooper), Stu (Ed Helms) e Doug (Justin Bartha) vivono tranquilli la loro vita da sposati: le foto ("...le riguarderemo solo una volta e poi le cancelleremo...") delle loro notti da leoni sono state cancellate e tutto è soltanto un ricordo. Alan (Zach Galifianakis) è l'unico che ancora non ha trovato un senso nella vita; ha smesso di prendere le sue medicine e la sua follia e le sue assurdità sembrano non avere limiti. I ragazzi e la famiglia lo convincono ad andare a curarsi in una clinica in Arizona. Nessun matrimonio, nessun addio al celibato, nessuna sbronza da smaltire quindi, ma qualcosa va storto naturalmente. Il passato li perseguita, in questo caso nella persona del loro nuovo incubo, il gangster Marshall (John Goodman), che ha un conto in sospeso con Leslie Chow (Ken Jeong): i nostri scopriranno la verità su quello che realmente è successo quella notte a Las Vegas e dovranno tornarci per finire quello che era stato iniziato.
Il tentativo dunque di cambiare lo schema per non ripetersi è legittimo, il risultato altalenante: tutti quelli che avevano criticato il secondo film in quanto copia esatta del primo, ora hanno una storia finalmente diversa, ci sono i riferimenti ai film precedenti e l'intenzione di chiudere il cerchio, di riprendere il filo della storia e di dargli una conclusione. Se tutto quello che volevamo era solo ritrovare in azione il nostro Wolfpack, i lupi del branco (anche se in italiano li abbiamo trasformati in leoni...), ai quali ci siamo affezionati e dare una fine alla storia, allora la delusione è contenuta, il film è un onesto road trip, ben confezionato e con qualche gag divertente anche se non irresistibile come nei precedenti. La parte comica é quasi tutta sulle spalle di Galifianakis, oramai in grado di reggere un film da protagonista assoluto: talento irresistibile che qui spartisce la ribalta insieme Ken Jeong alias Mr. Chow, che da semplice comprimario si ritaglia anche lui un ruolo di primo piano, anzi è il motore della storia. Può darsi dunque che magari i fan della saga apprezzino questo diverso approccio narrativo, questo sforzo di portare la storia a conclusione, anche se vedere i ragazzi cresciuti e maturati mettere infine la testa a posto, Alan compreso, alla fine mette quasi un po' di tristezza.
Paradossalmente, per lo stesso motivo, si può anche rimanere scontenti, perché rinunciare alla classica formula snatura il film e lo priva della sua idea di partenza rendendolo una commedia come tante, con battute e situazioni divertenti ma non memorabili o destinate a diventare di culto: manca quella follia delirante che caratterizzava i primi due capitoli, tra tigri in bagno, neonati, tatuaggi e scimmie. Ma siamo sicuri che in fondo non ne volevamo semplicemente ancora e di più, che non volevamo solo un nuovo "Ma che cavolo è successo la notte scorsa?" e scoprirlo pezzo per pezzo, sempre più increduli e attoniti insieme ai nostri improbabili lupi, senza limiti al peggio di quello che a poco a poco si andava rivelando man mano che i fumi della sbronza si dissolvono? Provare per credere, dopo il finale aggiunto a metà dei titoli di coda, che alla fine vuoi o non vuoi è la cosa più divertente del film, il dubbio ti assale, il rammarico aumenta, si vorrebbe disperatamente che il film iniziasse allora, mentre invece è tutto finito... prima di cominciare.

Movieplayer.it

3.0/5