Tra moglie e marito
Il cinema è colmo di triangoli amorosi. Dai risvolti drammatici e quasi sempre nefasti, negli anni hanno avuto il compito di raccontare il mal d'amore e la crisi della coppia. Ma cosa accadrebbe se, almeno per una volta, alla tragedia annunciata si sostituisse una comicità contenuta con cui raccontare una realtà a metà strada tra leggerezza e riflessione? Sicuramente impareremmo che al cinema, come nella quotidianità dell'esistenza, non è detto che si debba necessariamente indulgere nell'autocommiserazione e che l'amore, quello vero e assoluto, non debba sempre far rima con struggimento. A farsi portavoce di questo andamento un po' scanzonato traendo spunto, però, da situazioni credibili e realistiche, è stato l'argentino Juan Taratuto con la sua commedia Un novio para mi mujer, prontamente rivisitata e corretta da Davide Marengo con l'italico Un fidanzato per mia moglie. Sarà che tutto il mondo è paese e che la natura delle moglie e dei mariti tende ad avere dei tratti comuni a qualsiasi latitudine, sta di fatto che l'intreccio cambia la collocazione geografica senza perdere la sua efficacia. E' così che, con sullo sfondo una Milano raramente fotografata con particolare attenzione e amore, Simone e Camilla vivono il loro personale ménage tra l'infastidita e molesta solitudine di lei, dopo il trasferimento dalla Sardegna e conseguente abbandono del suo lavoro, e la pavida volontà di adattamento di lui. Ma si sa che a tutto c'è un limite. Anche alla pazienza di un uomo carente di coraggio e di decisionismo. Per questi motivo Simone, desideroso di riavere la propria libertà e spalleggiato dall'immancabile gruppo di amici esperto nelle soluzioni meno ortodosse, decide di assoldare un playboy per sedurre la moglie e indurla all'abbandono volontario. Non sempre, però, le cose sono destinate a seguire il loro corso, soprattutto se al centro di un intrigo più o meno consapevole c'è una donna indubbiamente complessa ma intelligente e un conquistatore di nome Falco.
Quando la coppia scoppia. O forse no
Elementi irrinunciabili della commedia italiana sono stati da sempre rapporti in crisi e tradimenti, senza rinunciare ad una descrizione macchiettista ed eccesiva dei difetti di genere con cui si identificano uomini e donne. Nel caso di Un fidanzato per mia moglie, però, è consigliato di dimenticare immediatamente questa struttura perché il fine di Marengo e del suo cast non è quello di ripercorrere un'atmosfera facilmente goliardica alla ricerca di una comicità fin troppo immediata ed elementare. Quello che il regista e lo sceneggiatore Francesco Piccolo si sono proposti con questo riadattamento è la ricostruzione di un racconto che, pur scegliendo delle note allegre, sia in grado di non perdere mai di vista la realtà dei fatti. Per questo motivo, pur spingendo in alcuni momenti sul pedale della generalizzazione e dell'eccesso, Geppi Cucciari e Paolo Kessisoglu si sono assunti il compito, ben riuscito, di creare identificazione con una situazione condivisa da molti. Perché la crisi di coppia è una costante non solo del racconto romantico e drammatico ma, soprattutto, della vita. La differenza, proprio come nella quotidianità, è nella volontà o meno di cercare un modo con cui affrontarlo e superarlo. E proprio considerando tutto questo, Marengo espone questi due personaggi al "giudizio" del pubblico, trasformato all'occorrenza in psicoterapeuta, consigliere o giudice flessibile per evidente condivisione della problematica. Nascita di un playboy
Un conquistatore di professione capace di far cadere ai suoi piedi qualsiasi donna dovrebbe avere quanto meno il fascino ammiccante di George Clooney, la gentilezza di Hugh Jakcman e il lato B di Robert Downey jr. Il tutto armonizzato dall'indimenticabile stile british di Cary Grant. Questo, almeno, è quanto accade nelle fantasie più ardite di qualsiasi spettatrice. Però, nonostante il cinema sia finzione e sogno non sempre sembra disposto a dare corpo a queste realtà "parallele", lasciando invece spazio all'immagine di un playboy piuttosto neorealista. Così, messi da parte smoking, cene a lume di candela e sorrisi complici, il regista ha scelto di far vestire a Luca Bizzarri i panni decisamente fuori moda di un ex stella della conquista seriale. Rimasto drammaticamente fermo alla fine degli anni ottanta, il periodo del suo massimo splendore, il Falco indossa camicie fiorate, boxer dalle fantasie improponibili e sfoggia una cabriolet quanto meno "vissuta". Proprio come il suo viso che porta i segni di tutte le battaglie vinte o del rimpianto che sente per loro. Insomma certo non un uomo da ricordare al primo sguardo ma che conosce il segreto più importante, ossia come far sorridere una donna. E non è poco.
Movieplayer.it
3.0/5