Non servono grandi investimenti per produrre un dramma che sia capace di arrivare dritto al cuore, senza far leva su facili sentimentalismi. La conferma a questo pensiero arriva dal film croato These Are the Rules, presentato alla 71.ma Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, nella sezione Orizzonti. Il lungometraggio diretto da Ognjen Svilicic, noto per aver firmato nel 2007 Armin, presentato alla Berlinale, è il toccante racconto del crollo di un universo familiare, distrutto da un tragico incidente che ne modifica totalmente la vita.
Siamo a Zagabria. Ivo è un autista di bus che vive in una casa modesta assieme alla moglie Maja e al figlio diciassettenne Tomica, un adolescente che come tanti altri coetanei ama far tardi con gli amici o con la sua ragazza. Un giorno rincasa all'alba scatenando le proteste, in verità non troppo veementi dei genitori. Quando Ivo e Maja scoprono che il ragazzo è stato pestato a sangue, decidono di portarlo subito in ospedale. Le analisi di routine non dimostrano alcuna complicazione. Rimandato a casa, Tomica si sentirà male poco dopo.
Un borghese grande grande
These are the rules non è un revenge movie. Il protagonista non consuma la sua vita nel desiderio estremo di vendetta, né impiega giorni su giorni per scoprire chi abbia fatto del male a suo figlio; eppure la sofferenza che prova è reale, genuina, senza appello e si manifesta silenziosamente. Una volta scoperto il carnefice, Ivo segue il suo istinto fino alla fine, ma riesce a fermarsi un attimo prima che un'altra tragedia si compia. Girato con uno stile pulitissimo, con movimenti di macchina ridotti all'osso, quello di Svilicic è un amaro apologo sulla mancanza di empatia e sulla freddezza che le istituzioni mostrano spesso e volentieri nei confronti dei più deboli. Non ha la solennità del bellissimo Il caso Kerenes, in cui l'analisi delle storture del potere risultava assai più incisiva e sconsolante, ma in più di un momento ne ricorda la sostanza. Di diverso c'è lo sguardo dell'autore croato, maggiormente focalizzato sulle piccole e grandi trasformazioni di cui sono protagonisti i personaggi principali, che non sulla denuncia tout-court della società di oggi.
La felicità rubata
La casa di Ivo e Maja, i bravissimi Emir Hadzihafizbegovic e Jasna Zalica, cade letteralmente a pezzi. Le maniglie si staccano dalle porte, la cucina smette di funzionare sul più bello, ma tutto questo è nulla paragonato alla disgrazia che li colpisce, un evento catastrofico che la coppia assorbe con la compostezza degli umili, cozzando, di volta in volta, contro i muri della burocrazia. La diagnosi sbagliata da parte dei medici del pronto soccorso, con le dimissioni affrettate, poi la stolidità delle forze dell'ordine che, pur davanti alla prova inconfutabile dell'aggressione a Tomica, si trovano impossibilitate ad aiutare i genitori del ragazzo, sono due tappe di una via crucis penosa che costringe i due a diventare ciò che non sono.
Conclusione
Non c'è musica nel film di Svilicic, se non quella che arriva dalla radio o dalla televisione, tutto si muove con la stessa velocità della vita e senza sussulti o scene madri arriva a stravolgerti con il dolore di due genitori davanti alla più insensata delle tragedie; l'autore croato ce la presenta con pudore, mostrando solo ciò che è necessario alla comprensione dello spettatore e soprattutto ad una sua genuina partecipazione.
Movieplayer.it
3.5/5