Panorami australiani
Di passaggio a Berlino nella sezione Special Gala, il monumentale film australiano The Turning, l'ambizioso adattamento cinematografico della raccolta best seller di racconti brevi di Tim Winston, già presentata al Melbourne Film Festival lo scorso anno. La sfida del produttore Robert Connolly, il deus ex machina di questo progetto, era quella di affidare ogni storia non solo a diversi registi, ma ognuna ad un team produttivo completamente diverso, anche dal punto di vista artistico. Dietro e davanti la macchina da presa volti noti e meno noti del cinema australiano tra cui Cate Blanchett, Rose Byrne, Miranda Otto, Richard Roxburgh, Hugo Weaving, nonché Mia Wasikowska e David Wenham nell'inedita veste di registi al debutto.
17 storie17 racconti più un prologo animato, una specie di mini festival del corto cinematografico, episodi della durata di circa dieci minuti senza nessun legame apparente tra loro, se non per il fatto che sappiamo che in realtà i personaggi che ritroviamo nei vari capitoli sono sempre gli stessi, Vic Lang, sua moglie Gail, il padre Bob e la madre Carol, i due fratelli Max e Frank. Frammenti di vita sulla costa dell'ovest australiano, volti, paesaggi, riflessi di esistenze, un microcosmo senza nessuna apparente coesione o un filo conduttore che li leghi. Anche lo stile e il registro degli episodi è inevitabilmente e a questo punto volutamente diverso visto il totale controllo lasciato agli autori.
Australian Atlas
Mentre si guarda il film non è francamente chiaro che i personaggi dei vari episodi siano gli stessi anche perché sono sempre interpretati da attori diversi in epoche diverse della loro vita, questo crea un po' di confusione e un notevole straniamento rendendo l'intera opera ancora più frammentata. In effetti è proprio impossibile trovare un nesso logico tra i segmenti, che avrebbe magari arricchito e stimolato la visione, a meno di non aver letto il libro; oppure di non aver visto il film in Australia dove la distribuzione di questo "evento cinematografico unico" è stata prevista solo in un numero di teatri selezionati, spettacolo unico a 25$, con annesso libretto di 40 pagine a titolo esplicativo e varie pause con distribuzione di cibo e bevande durante le tre ore di proiezione.
Oltre alla durata, è proprio la mancanza di coesione o di un qualunque nesso a rendere il film di difficile fruizione e l'opera omnia vista così tutta d'un fiato piuttosto provante. Difficile dire di cosa parli il film, di niente o di tutto. Poetico, malinconico, affascinante, o solo terribilmente noioso? Sicuramente un esperimento artistico interessante e impegnativo la cui riuscita a questo punto è una questione puramente soggettiva. Lo sforzo di trovare elementi ricorrenti è ulteriormente vanificato dalla brevità degli episodi stessi, quasi da non poter essere definiti tali senza una vera narrazione, piuttosto frammenti, schegge. Della visione rimangono sensazioni vaghe, un diffuso senso di malinconia e di tragedia incombente che alla fine però non si realizza, riflessi di vita suburbana tra alcolismo e soprusi fisici e morali in contrasto con l'abbacinante bellezza della costa e dell'outback australiano. Forse non è necessario pretendere di capire, come di fronte ad un'opera di video arte, ma abbandonarsi al flusso delle immagini. Allora potremmo semplicemente divertirci a scegliere gli episodi per qualsiasi ragione per noi più interessanti o che ci hanno colpito di più: The Turning con una straordinaria Rose Byrne, Long Clear View sorprendentemente diretto da Mia Wasikowska, le danze coerografate di Immunity, le tenerezze di Damaged Goods, la voice over di Big World, l'iniziazione sessuale di Abbreviation.
Molti altri sono tutt'altro che memorabili, a patto di riuscire ad arrivare in fondo e vederli tutti. Ma siamo in un ambito puramente sensoriale e soggettivo, e comunque l'ambizione, il fascino e il carattere sperimentale dell'opera, anche se non completamente riuscita, per qualche motivo, non ci lasciano del tutto indifferenti.
Movieplayer.it
3.0/5