Questione di coscienza
Eco-terrorismo,spionaggio industriale e abissi morali. Non sono argomenti semplici da poter impacchettare in un film capace di arrivare al grande pubblico. A meno che non ti chiami George Clooney o Ben Affleck. Eppure l'ardua missione può dirsi egregiamente e sorprendentemente compiuta da The East, thriller diretto dall'americano Zal Batmanglij, alla sua seconda regia dopo il thriller psicologico Sound of my Voice. Molto apprezzato al Sundance Film Festival, dove è stato presentato, il film è stato scritto a quattro mani (come il precedente) dal regista e dalla protagonista Brit Marling.
La versatile attrice trentunenne interpreta Jane, ex agente dell'FBI diventata spia modello per una grande agenzia di spionaggio industriale. La storia ha inizio quando la donna viene incaricata di infiltrarsi in un collettivo anarchico autore di attacchi eco-terroristici chiamato The East, per identificarne i componenti. La sua missione richiede grandi rischi e sacrifici, inclusa la necessità di sparire dalla vita del suo paziente fidanzato senza poter dare tante spiegazioni. Votata al suo lavoro Sarah (questo l'alias che avrà per tutto il film) esegue il suo compito con estrema professionalità e il necessario distacco, senza mettere in conto il coinvolgimento emotivo che questo nuovo compito le chiederà.
Trascinata a vivere nascosta con questi strani individui in mezzo a un bosco, in una realtà estranea, fatta di anacronistici rituali hippie e privazioni Sarah si troverà costretta a un'immersione totale in una natura ferita da un'umanità egoista che è esattamente ciò che questi rivoluzionari vogliono sfidare. Di grande impatto la scena, che può essere considerata come la cruda metafora di questo concetto, in cui Sarah è chiamata a immergere la mano nel ventre di un capriolo ammazzato per gioco da estranei e recuperato dai membri del collettivo per restituirlo alla natura. In breve tempo agli occhi di Sarah i membri di questa cellula criminale si riveleranno molto diversi dalle sue aspettative e lei si ritroverà divisa tra due mondi e incapace di tornare la stessa di prima.
La donna capirà infatti che, seppur guidati dall'atavica legge dell'"occhio per occhio dente per dente" e quindi anche da una sorta di desiderio di vendetta, questi attivisti compiono tutti i loro raid spinti da una impellente (e comprensibile) necessità di giustizia e verità. Capirà come questi anarchici vogliano al tempo stesso punire i padroni e i manager delle grandi multinazionali farmaceutiche o chimiche, responsabili di grandi disastri ambientali e di danni alle persone, e al tempo stesso salvare migliaia di persone dai danni da questi provocati. Nel loro mirino ci sono imperi costruiti senza scrupoli e in nome del solo dio denaro che mettono sul mercato medicine che provocano danni irreparabili e aziende che riversano le loro scorie cancerogene nelle acque di tranquille cittadine di provincia causando malattie e morti. La coscienza di Sarah, e quella dello spettatore, è inevitabilmente scossa nelle fondamenta, e riesce nell'intento di rimescolare le carte e gli schemi mentali, lasciando addosso il desiderio di saperne di più e di non dare nulla per scontato. Perché, come dice il leader del gruppo Benji (un convincente e magnetico Alexander Skarsgård), "sarebbe più facile non sentire il desiderio di combattere e lasciar correre", ma una volta messi spalle al muro dalla propria coscienza è praticamente impossibile tornare indietro.
Ad accelerare il risveglio morale di Sarah sarà proprio il fascino esercitato su di lei da Benji che, come tutti gli altri membri del gruppo, tra cui Izzy (Ellen Page) e Doc (Toby Kebbell), è stato spinto a dedicare la propria vita a questa "rivoluzione" dalla propria storia personale, che, come le altre, emergerà a poco a poco. Contemporaneamente Sarah si renderà anche conto di quale triste meccanismo meramente economico stia dietro la sua missione e su quali vili e cinici principi si fondi la società per la quale lavora, impersonata dal suo capo: una glaciale Patricia Clarkson.
L'intreccio delle vicende e il ritmo procedono con passo sostenuto per tutto il film, tenendo sempre alta l'attenzione e coinvolgendo emotivamente e cerebralmente lo spettatore, fino a condurlo laddove desiderato: innescare una serie di domande e di interrogativi morali tutt'altro che banali, riassunti nella domanda che esplicitamente pone anche Sarah a un certo punto: "se facciamo del male alle persone non siamo anche noi cattivi come loro?". Risposta scontata? Guardate il film e capirete che non è così.