Il sorriso della sfinge
Amin Jaafari è uno stimato chirurgo che lavora in uno dei maggiori ospedali di Tel Aviv; ma è anche palestinese, e questo contribuisce al suo orgoglio quando riceve uno dei più importanti riconoscimenti nell'ambito della sua professione, che mai era andato a un professionista di origini arabe. L'unica nota stonata della serata è l'assenza della moglie Siham che non ha potuto condividere il trionfo perché in visita alla famiglia a Nazareth; seppur piccato da questa decisione, Amin non ha insistito più di tanto, ha accompagnato Siham al suo bus e l'ha salutata con l'affetto di sempre. E poi quella chiamata pochi istanti prima di salire sul palco, la strana urgenza della voce della donna, che Amin ignora perché sta per godersi finalmente gli applausi che si è guadagnato in una vita di lavoro e di sforzi per integrarsi con successo.
Questa è l'ultima pagina della vita perfetta del dottor Jaafari, perché dal giorno dopo tutto cambia. Un attentato suicida in un ristorante nel centro città, alcune delle vittime, in gran parte bambini, sul suo tavolo operatorio, il dolore dei parenti; eppure lui sarebbe pronto a scrollarsi di dosso anche quella giornata come tutte le altre in cui ha fatto un ottimo lavoro, se non fosse per la telefonata che, a notte tarda, lo richiama in ospedale. La vista del corpo martoriato di sua moglie è soltanto la prima di una serie di rivelazioni che lo trasformeranno d'un tratto da uomo di successo in sposo tradito e incredulo oltre che nemico pubblicamente ostracizzato.
Interprete internazionale di una certa caratura, Ali Suliman affronta con impegno e misura il ruolo di un personaggio cui spetta il compito di condurci in un territorio ricco di insidie e di enigmi, ma il cuore di The Attack è Sihan (Reymond Amsalem), che compare in scorci, flashback, visioni, oltre che nelle parole di chi la ricorda. Un mostro nella città in cui viveva, una martire da celebrare a Nablus, dove vive la famiglia di Amin; una moglie amatissima il cui ultimo atto è mandare in frantumi la vita del suo compagno, oltre a quella delle famiglie di diciassette innocenti. La sua grazia, la sua bellezza, la sua sensibilità, il suo amore; come conoscere, come spiegare, come perdonare?L'inconciliabilità della figura di Siham con l'orrore del suo gesto è l'idea centrale del film di Ziad Doueiri - già acclamato autore di West Beyrouth - il nodo gordiano che soltanto l'azione decisa e impietosa può sciogliere. Perché la risposta è il mistero stesso: come può pensare di penetrarlo un uomo tanto preso da sé stesso da ignorare le cose più importanti, le sue origini, la sua famiglia, le ingiustizie senza speranza di riscatto subite dal suo popolo, l'esigenza più profonda dell'anima di sua moglie? Il viaggio di Amin in Cisgiordania, alla ricerca delle risposte che sono vissute per anni al suo fianco, è anche il nostro viaggio. La sua ignavia e il suo individualismo, che Siham denuncia con indicibile e incomprensibile violenza, sono anche le nostre.
Un messaggio duro e provocatorio, dunque, quello che Doueiri ci consegna con una pellicola di ottima fattura e dai toni soprendentemente equilibrati e composti, un messaggio di fronte al quale rischiamo però di trovarci, come Amin, senza certezze e senza convinzioni, senza un presente a Tel Aviv e senza un passato a Nablus. Ma The Attack non cerca giustificazione per la violenza; soltanto la ferma condanna dell'indifferenza che la genera. La nostra indifferenza.
Movieplayer.it
3.0/5