In vino veritas?
Si dice che il vino faccia buon sangue, ma siamo sempre sicuri della bontà di ciò che beviamo? E, soprattutto, la dicitura DOC è sinonimo di qualità legata al territorio di provenienza o solo il segno dell'appartenenza ad una corporazione che decreta la commerciabilità di un prodotto? Questi e molti altri interrogativi Jonathan Nossiter pone a se stesso e ai suoi interlocutori vignaioli nel documentario Resistenza naturale per comprendere quanta manipolazione, chimica e commerciale, si nasconde dietro la creazione del nettare di Bacco, portavoce della nostra cultura nel mondo.
Così, a dieci anni da Mondovino con cui il regista ha presentato una vasta visione antropologica attraverso dodici paesi e quattro anni di ricerca, torna a parlare di vino casualmente per "colpa" di una vacanza in famiglia in un monastero in Toscana. Questa volta, però, punta l'obiettivo della sua macchina da presa sull'Italia e su questioni ecologiche, culturali e sociali all'ombra dei vigneti. Perché, alla fine di tutto e nonostante il progresso, la terra rimane un elemento di appartenenza forte e atavico.
Per il suo possedimento si è lottato, si è tentata l'avventura e oggi, per la sua salute, si è dato forma alla così detta resistenza naturale. Ma di cosa si tratta esattamente e a cosa si resiste? Protagonisti attivi sono Corrado Dottori, Elena Pantaleoni, Giovanna Tiezzi e Stefano Bellotti, quattro vignaioili che, oltre ad essere al centro del documentario di Nassiter, sono soprattutto i protagonisti di una coltivazione consapevole e di un ritorno al fare agricoltura nel rispetto della terra e del prodotto. Dal loro impegno, in cui non è previsto alcuna aggiunta chimica, nasce un vino personale e fortemente legato al territorio di appartenenza. Nulla di sbagliato, verrebbe da dire, tranne per il fatto che la DOC li considera dei "fuori legge" per il semplice fatto di non voler manomettere e omologare qualitativamente il loro vino per renderlo vendibile sugli scaffali di un supermercato a grande distribuzione. E' evidente che l'indipendenza ha un prezzo, così come l'imposizione della propria unicità. Ma il vino nasce per essere unico e diverso, esattamente come lo è la natura che lo produce.
C'è saggezza nel vino
A volte ci si chiede quanta drammaturgia ed emotività si possono trovare all'interno di un documentario. Ma questo, essendo racconto del reale, dovrebbe presentare naturalmente i due elementi visto che determinano costantemente la quotidianità. A Nossiter, ad esempio, è bastato accendere la telecamera e lasciare che l'umanità, la passione e l'ardore dei suoi vignaioli si manifestassero. Attraverso le loro parole non solamente si viene coinvolti da una allegria rivoluzionaria impossibile da provare in altri ambiti, ma si scoprono i trucchi con cui la "moderna" agricoltura si prende gioco di noi e della qualità di ciò che consumiamo. A dare forza alle loro parole non c'è alcuna visione politica, né l'appartenenza ad un gruppo. Le loro identità rimangono distinte come distinto e diverso è il frutto che producono. Ad unirli, invece, ci sono le molte dorate tonalità del vino bianco che la DOC, invece, concepisce costantemente paglierino e trasparente. A sostenerli, poi, c'è il terreno che racconta autonomamente la propria storia. Basta osservare la diversità di un grappolo d'uva e delle sue foglie ma, soprattutto, è sufficiente mettere a nudo una zolla per comprendere la differenza che passa tra la vita e la morte. E se dopo tutto questo e lo svelamento di una economia che ambisce solo alla omologazione vi sentite frodati e vagamente presi in giro, questo film avrà raggiunto il suo scopo. Ossia quello di mostrare una possibilità alternativa e renderci più consapevoli, qualunque sia la scelta che abbracciamo.
Conclusione
Il documentario di Nossiter è un film emozionante e partecipe che tutti dovremmo vedere almeno una volta per imparare che la diversità e l'unicità sono dei valori, soprattutto nella terra e nei suoi prodotti, da difendere strenuamente per la sopravvivenza della nostra cultura.
Movieplayer.it
3.5/5