Nel finale della prima stagione di Ozark avevamo lasciano Martin Byrde (Jason Bateman) e i suoi alle prese con una situazione già piuttosto intricata: il consulente finanziario/mago del riciclaggio è riuscito a convincere il vice del cartello messicano per cui lavora e la coppia più sanguinaria degli Ozark, gli Snell, a siglare un accordo di cui tutti possono beneficiare, incluso lui e la sua famiglia, che evitano di finire schiacciati tra l'incudine e il martello. Sembra fatta, quando all'ultimo momento Darlene Snell non resiste alla tentazione di fare saltare le cervella a Del Rio per... una parola di troppo.
Con questa seconda stagione in arrivo oggi su Netflix gli affari dei Byrde si complicano ulteriormente, e non soltanto perché bisogna fare mandare giù al cartello la dipartita di Del. L'apertura del casinò con cui Martin si propone di riciclare denaro sia per i messicani che per gli Snell incontra diversi ostacoli, e la minaccia rappresentata dai Langmore non si è affatto estinta con l'"incidente" capitato a Russ e a Boyd, come si capisce benissimo nel momento in cui il più cattivo dei tre fratelli, Cade, esce dal carcere in libertà vigilata.
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Non chiamateci Breaking Bad
Sin dal momento in cui ha mosso i suoi primi passi Ozark è stato trattato quasi come un "imitatore" del più illustre Breaking Bad, e, se è vero che ci sono evidenti analogie nelle premesse e nelle atmosfere, è altrettanto vero che ci sono altrettante analogie con serie TV di matrice crime passate in TV prima o dopo lo show capolavoro di Vince Gilligan, e che Ozark ha caratteristiche abbastanza originali a contraddistinguerlo. Intanto il personaggio centrale, fatta salva la maestà dell'incomparabile Walter White/Heisenberg, è profondamente diverso: Marty Byrde non è un titano corrotto dal proprio orgoglio e dalla propria ambizione, ma un uomo "normale" con delle straordinarie doti di contabile e un gran fiuto per gli affari che fa un patto col diavolo e ne sconta le conseguenze. Un personaggio, non a caso, perfettamente nelle corde di Jason Bateman, interprete minimalista e understated che forse non centra sempre i momenti più dark dello show ma è elettrizzante nel raccontare inesauribile ingegno del suo eroe.
Inoltre Ozark, che non raggiungerà mai lo spessore drammatico o la finezza di scrittura di Breaking Bad, è uno show molto più corale e fa un ottimo lavoro nel dare spazio e dignità a personaggi e sottotrame secondarie. In questa seconda stagione non tutto torna dal punto di vista della solidità dell'intreccio e c'è più una forzatura, oltre a qualche svolta e colpo di scena difficile da digerire anche dal punto di vista dello sviluppo della caratterizzazione; nel complesso il lavoro di pianificazione è convincente e non abbandona nessuno dei personaggi che avevamo lasciato in situazione più o meno terrificanti nella seconda stagione, introducendo anche nuove dinamiche e nuovi scenari che tengono in quota curiosità e tensione nonostante il ritmo non sempre forsennato della narrazione.
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Poker di regine
Dicevamo del sempre ottimo Jason Bateman; c'è da aggiungere che sin dagli esordi di Ozark è stato surclassato dalla sua co-star, ma doveva esserne ben cosciente lui stesso sin dal momento in cui ha voluto Laura Linney al proprio fianco. Lei continua ad essere formidabile ed è un piacere vedere la sua Wendy sempre più coinvolta, sempre più indispensabile, e anche impegnata a calcare scene consone alla sua preparazione e alla sua personalità. Magnetica e ambigua come sempre è anche la Ruth di Julia Garner, qui spesso appaiata con l'infido e inquietante paparino Cade Langmore, interpretato da Trevor Long. Molto diversa, ma anche più esplosiva, la chimica tra i due interpreti dei coniugi Snell: la Darlene di Lisa Emery era stata feroce e letale nella prima stagione, ma qui ci conduce nell'esplorazione di un'intimità e di un'esigenza di vanno a comporre un personaggio sorprendente, che che non si lascia dare punti dallo "sposo", il monumentale Peter Mullan.
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A questa pletora di notevoli ruoli femminili notevoli e di attrici brillanti si aggiunge un'altro gioiello, Janet McTeer . Non volendo anticipare troppo del suo ruolo, possiamo dirvi che non rimpiangerete più di tanto il Del di Esai Morales. Ma torniamo al produttore esecutivo di Ozark Jason Bateman: pur lasciando brillare i colleghi più dotati in fatto di presenza scenica, come regista si prende tutto ciò che gli spetta, continua a maturare e lo show ne guadagna in atmosfera e suggestione. Buon ritorno negli Ozark, e tenete sempre gli occhi aperti.
Movieplayer.it
3.5/5