Fantasmi dal passato
James Wan si è oramai consacrato come nuovo re del cinema horror, anche nel senso di re Mida, visti gli incassi favolosi dei suoi ultimi film a fronte di budget straordinariamente limitati. Il talentuoso regista di origini malesi, dopo l'exploit del 2004 di Saw - L'Enigmista, che ha lanciato il filone sadico del torture porn, con l'ottimo primo capitolo di Insidious prima, e poi soprattutto con i recenti brividi estivi di L'evocazione - The Conjuring, ha saputo ridare nuova linfa al genere horror a sfondo sovrannaturale, emancipandosi dalla ripetitività dei sottogeneri più in voga negli ultimi anni, dal filone sadico splatter da lui stesso iniziato, nonché dal found footage dei vari Paranormal Activity inventato da Oren Peli, che qui è in veste di produttore; e lo fa con classe e un pizzico di furbizia, traendo ispirazione dai classici del passato più o meno recente, con sguardo attento ai dettagli e un messa in scena quasi teatrale, con lo scopo di creare la tensione ed evocare la paura alla vecchia maniera e secondo i meccanismi più classici.
Quello che non vedi, ma sai che c'è e ti aspetta nell'ombra, fa molto più paura di qualsiasi fiotto sanguinolento che arrivi dal 3D di un qualunque teen horror: e James Wan si conferma abilissimo nel costruire la suspense attraverso un regia formale ed elegante, nonostante tutto sia necessariamente già visto. Con lunghi piani sequenza, zoom e carrellate, percorre i corridoi, entra nella stanze, esplora le ombre celate dietro le porte e soprattutto nei temibilissimi armadi (vera passione del regista), e lo spettatore lo segue, scrutando nel buio e nei riflessi degli specchi, aspettando che le presenze si rivelino all'improvviso. Oltre i confini del male - Insidious 2 è l'ennesima variazione sul tema, seguito del precedente film del 2010, con la famiglia Lambert alle prese con invadenti e inquietanti spiriti provenienti dall'oltretomba. Il prologo iniziale ambientato nel 1986 è rivelatore dell'infanzia di papà Josh (Patrick Wilson), perseguitato sin da bambino dallo stesso demone che si è impossessato di lui alla fine del primo film dopo essere tornato dall'aldilà e aver riportato indietro il figlio Dalton (Ty Simpkins). Il secondo riprende esattamente da dove terminava il precedente, con la famiglia Lambert che crede finalmente di aver ritrovato la pace ma così non è. La polizia indaga sulla morte della medium Elise e non vuol sentir parlare di possessioni demoniache, Josh si comporta sempre più in modo strano: sia la moglie Renai (Rose Byrne) che il figlio Dalton, che può viaggiare nel mondo dei morti con lo spirito durante il sonno, ricominciano a sentire presenze che li perseguitano nella casa. Toccherà alla madre Lorraine (Barbara Hershey) indagare tra le ombre del passato per fare luce sull'oscura presenza della donna velata che ossessiona il figlio e la sua famiglia. Era francamente difficile ripetersi o addirittura fare meglio di The Conjuring, sicuramente il titolo migliore di questa horror restauration targata Wan: tra l'altro, essendo questo ancora in programmazione nelle sale, la quasi contemporaneità delle due uscite sicuramente penalizza ancor più l'ultimo arrivato. I brividi estivi di The Conjuring hanno lasciato troppo il segno perché l'effetto del "tutto già visto" non possa pesare sull'esito finale. Tra i due più recenti lavori del regista cambia il titolo ma gli elementi della storia sono gli stessi, casa infestata, possessioni demoniache, famiglia in pericolo, anche se qui il male segue le persone invece di abitare le case: è come se ogni film horror che Wan vuole omaggiare e da cui trae ispirazione fosse un ingrediente, la ricetta in fondo è la stessa ma di volta in volta cambia il dosaggio. Se in The Conjuring eravamo decisamente dalle parti del filone Amityville, con tanto Paranormal Activity (ma con le cineprese vintage visto che eravamo negli anni '70) e virata finale su L'esorcista, in Insidious 2 c'è decisamente molto più degli incubi di Nightmare - Dal profondo della notte e, in quest'ultimo capitolo, soprattutto dei deliri di Shining (da un momento all'altro ti aspetti che Patrick Wilson se ne esca con un "Wendy... (anzi, Renai...), sono a casa tesoro"! Il tutto sempre guarnito in entrambi i casi con una bella spolverata di American Horror Story, a cui si rifanno le apparizioni più inquietanti di tutto il film e al quale furbescamente Wan si rivolge come modello estetico più contemporaneo. Il Chapter 2 del titolo originale sottende l'intento dello sceneggiatore Leigh Whannell di dare un vero seguito al primo film, sviluppandone la storia, con il lodevole intento di dare un senso al tutto, spiegando ciò che era rimasto in sospeso e svelandone i retroscena e le origini. Da una parte bisogna riconoscere come in effetti, tra i flashback e i paradossi temporali, i pezzi della storia alla fine riescano in qualche modo a combaciare, anche se gli sviluppi e le spiegazioni forzate sulle origini del male rischiano alla fine di banalizzare l'insieme : dall'altra, il ritmo lento, specialmente all'inizio, e la sceneggiatura macchinosa appesantiscono un po' il film, che in sostanza sorprende meno e soprattutto mette meno paura dei precedenti, intrappolato in pause narrative troppo lunghe che sacrificano le dinamiche della costruzione della tensione. Il talento di Wan è comunque cristallino, garanzia di qualità e di innegabile cultura registica: il film qualche spavento lo dà, ma proprio perché dotato di classe e talento, a questo punto da James Wan ci si aspetta qualcosa di veramente più scioccante. Anche perché per ora l'effetto dura e il gioco funziona, ma il rischio di abuso di genere è dietro l'angolo.
Movieplayer.it
3.0/5