Giochi di morte
Jerry è un allevatore di salmoni e mentre si reca nel suo laghetto per dar da mangiare ai pesci scopre che la maggior parte di essi sono morti per mancanza di afflusso d'acqua e galleggiano inermi in superficie. Il tutto per colpa di un coltivatore che ha deviato a monte il corso d'acqua per irrigare i suoi campi fregandosene di quel che sarebbe successo a valle. Intanto l'anziano sceriffo Halfner, suocero di Jerry, sa di essere prossimo alla pensione ed ha perso un po' le staffe. Ha una fissazione per la serie tv Walker Texas Ranger, usa l'auto di servizio per scopi personali, va a caccia di uccelli con la pistola d'ordinanza e cerca qualsiasi pretesto per multare i suoi concittadini per eccesso di velocità. Nel frattempo sua nipote, l'unica figlia di Jerry e Martha, sembra scomparsa nel nulla dopo una serata passata insieme alle sue amiche. Intanto in una delle fattorie vicine due fratellini che amano andare a pescare travestiti da indiani hanno fatto una strana scoperta e si danno da fare per rendersi utili. Quello che è appena iniziato sarà un giorno diverso soprattutto per TJ, un giovane liceale che dopo una notte brava trascorsa ad una festa non riuscirà più ad essere se stesso.
In un'assolata giornata di ottobre la silenziosa e isolata cittadina dell'Idaho, celebre per i suoi allevamenti di trote e salmoni, diventerà improvvisamente uno scenario di morte triste e desolante e da quel momento, per i suoi abitanti, nulla sarà più come prima.
C'è il senso di abbandono delle nuove generazioni, c'è la morte inquadrata da un punto di vista inconsueto, costruita come un gioco inconsapevolmente macabro, percepita come una vita che si ferma mentre tutte le altre vanno avanti, come un evento casuale, talvolta involontario ma irreversibile. Zinn racconta questa verità con una semplicità spiazzante e, nonostante la maniacale cura delle inquadrature, riesce a coinvolgere lo spettatore in un vortice emotivo di grande forza. Giocando sugli incastri narrativi tanto cari ad Inarritu e su una sospensione spazio-temporale che rievoca i fasti di I segreti di Twin Peaks, Magic Valley riesce ad appassionare e a tenere con il fiato sospeso fino alla fine nonostante il tono lento, ai limiti del contemplativo, dello scorrere degli eventi. L'entroterra rurale degli Stati Uniti, con i suoi spazi sconfinati, i ruscelli e le consuetudini di gente annoiata e depressa, ci appare come un microcosmo di particelle abbandonato al suo destino, affossato dalla sua incomprensibile inerzia e soffocato nella rassicurante atmosfera dei quartieri residenziali.
Ogni piccolo particolare nel film di Zinn è funzionale al racconto ed alla sua tragica ed inevitabile conclusione: gli immutabili campi di grano, le balle di fieno, i pesci morti, il rastrello, il tosaerba. I personaggi sono tutti sullo stesso livello, raccontati attraverso sguardi, piccole e ripetitive abitudini, debolezze e fissazioni, anche attraverso le loro piccole perversioni. Tutti fluttuano nella totale inconsapevolezza delle proprie azioni e nella totale incoscienza della tragedia incombente che sta per travolgere la loro vita, mentre è lo spettatore ad essere messo subito in condizioni di comporre il tragico puzzle. Poi all'improvviso tutto cambia e quel che sembrava divertente o importante per ciascuno di loro assume d'un tratto un significato diverso, cambiano le prospettive, cambiano le atmosfere, cambia il futuro. Ma la vita va avanti, sempre e comunque, con la consapevolezza che anche la giornata più inutile può improvvisamente cambiare tutto. Un film da vedere, da respirare, da ingoiare tutto d'un fiato, come un grosso boccone amaro.
Movieplayer.it
4.0/5