Un altro talento emerso dalla fucina del Sundance. La scrittura di Alex Ross Perry è elegante e raffinata, ma soprattutto estremamente matura. Mentre ascoltiamo la voce di Eric Bogosian (il narratore nella versione originale di Listen Up Philip) sembra impossibile pensare che a firmare questo viaggio nelle pieghe dell'animo umano sia un quasi trentenne. Anche se la sceneggiatura del film è un prodotto originale dello stesso Perry, si percepisce nel background del regista un'intensa frequentazione del mondo della letteratura e, in particolare, di un autore come Philip Roth.
Su Roth è probabilmente modellato il personaggio di Jonathan Pryce, un talento misantropo che risponde al nome di Ike Zimmerman e che ha prodotto opere di successo come il celebre Madness and Women. All'abilità letteraria non è, però, mai corrisposta un'adeguata empatia nei confronti delle persone che lo circondano. Ike ha fatto tabula rasa di donne, famiglie e affetti e continua ad avere una relazione tormentata solo con la figlia, sprezzante e infelice, interpretata da Krysten Ritter. Nel nevrotico e perennemente insoddisfatto Philip, protagonista del monito contenuto nel titolo del film, Ike rivede se stesso, nuovamente dotato del vigore giovanile che ora gli manca, e decide così di affiliare a sé l'autore emergente in una sorta di trasmissione di eredità artistica e cattivo carattere.
Il trionfo del narcisismo
A interpretare Philip è Jason Schwartzman in un ruolo che gli calza davvero a pennello. Schwartzman fornisce una delle migliori prove attoriali della sua carriera indossando con naturalezza i panni di un giovane autore egoista e immaturo, fragile e antipatico, interessato unicamente alle relazioni in cui poter riflettere se stesso nell'altro. Philip è insofferente nei confronti della fama eppure la desidera ardentemente, è orgoglioso dei successi della donna che gli sta accanto, ma la invidia profondamente, si rifiuta di fare promozione per il suo secondo romanzo in uscita, intitolato pomposamente Obidant, e boicotta ogni trovata di marketing con atteggiamenti sgradevoli perché sostiene che la letteratura deve bastare a se stessa. Lo scrittore è attratto dalle donne, ma solo nella misura in cui esse riescano a comprenderne la grandezza e siano funzionali a sostenerlo nei momenti di crisi, cioè sempre. A farne le spese è la fidanzata Ashley (la bravissima Elisabeth Moss), fotografa di talento costretta a fare da baby sitter al suo capriccioso ed egoista convivente. Il rapporto tra i due comincia, infatti, a scricchiolare nel momento in cui Ashley, stanca di anteporre i bisogni di Philip ai propri, decide di mandarlo al diavolo. Lo scrittore, avvolto nella sua nuvola di narcisismo cieco, riuscirà a fatica a rendersi conto di non poter più fare affidamento su colei che considera alla stregua un soprammobile o un giubbotto di salvataggio.
Una pellicola da Sundance con qualcosa in più
Se vogliamo imputare un difetto a Listen Up Philip è un pizzico di ridondanza nell'uso della parola. La scelta di Alex Ross Perry di immergersi nel mondo della letteratura newyorkese lo spinge a utilizzare una qualità letteraria nei dialoghi e nella voice over del narratore, così lo spettatore viene investito da un fiume di parole. Il rischio verbosità è, però, tenuto sotto controllo dalla capacità di alternare registro ironico e drammatico. L'altro modello dichiarato del film, insieme a Philip Roth, è chiaramente Woody Allen. Sui suoi film è plasmato il look della New York di Listen Up Philip e i personaggi soffrono della stessa logorrea dei celebri alter ego alleniani, anche se i dialoghi sono meno pungenti e più drammatici. Anche qui, però, non mancano battute caustiche, risposte secche che stappano la risata e alcune citazioni estrapolate dal contesto e usate in modo da alleviare la tensione (si pensi all'effetto esilarante dei versi di November Rain dei Guns N' Roses messi in bocca a Philip nel momento in cui riflette sulla natura mutevole del sentimento amoroso).
A questo proposito, irresistibile è anche la sequenza dei titoli di coda intervallata da una serie di improbabili copertine di romanzi firmati dai personaggi del film. A livello stilistico Listen Up Philip si inserisce nei canoni del filone dei Sundance movies - pellicole indipendenti low budget realizzate in estrema libertà - ma con una marcia (e qualche soldo) in più. La macchina da presa di Alex Ross Perry si muove nello spazio incollandosi ai volti degli interpreti che, nei primissimi piani, restituiscono magnificamente il loro fastidio di vivere. Eccezionale anche il lavoro sulla fotografia di Sean Price Williams che, grazie all'uso del 16mm, riproduce i toni cupi e sgranati della old New York anni '80/'90. I colori autunnali, le giacche pesanti di tweed (anche in piena estate) e le borse di pelle a tracolla di Schwartzman o i cardigan di Jonathan Pryce contribuiscono a riprodurre quell'universo cinematografico alla Broadway Danny Rose o alla Mariti e mogli in una nostalgica visione della Grande Mela, meno futuristica e più intellettuale rispetto al presente. Un mondo che oggi vive solo sul grande schermo.
Conclusioni
Listen Up Philip è una pellicola magnificamente scritta e recitata che si innesta nel filone del cinema indipendente americano, nei film 'da Sundance', elevandosene per una qualità letteraria dello script e per un'attenta cura formale.
Movieplayer.it
4.0/5