Il paesaggio livido di un isolotto avvolto perennemente dalla nebbia, gli ambienti desaturati di una villa che trabocca di quadri alle pareti, mute opere d'arte, specchi e passaggi segreti. In mezzo il ritratto di "un gruppo di famiglia in interni". È l'unità di luogo il tratto distintivo de L'isola degli idealisti di Elisabetta Sgarbi, l'ennesimo pezzo di una produzione culturale vastissima che si muove agilmente tra cinema e editoria. Le sue opere cinematografiche hanno sempre trovato un posto nei principali festival, e questo film non fa eccezione con un'anteprima alla Festa del Cinema Roma, dove viene presentato in concorso prima di arrivare in sala per Fandango. Un'operazione ambiziosa e cerebrale che rischia di rimanere prigioniera dell'artificio e delle parole.
Dal libro al film: tra il poliziesco e il dramma borghese
La genesi de L'isola degli idealisti parte da lontano, precisamente da un romanzo di Scerbanenco scritto tra il 1942 e il 1943 durante un soggiorno a Iseo; il libro durante la Seconda guerra mondiale andò perduto, per poi essere ritrovato dai figli e infine pubblicato nel 2018 da La Nave di Teseo. Nella trasposizione di Elisabetta Sgarbi, che si occupa anche della sceneggiatura, l'azione si sposta in avanti: dagli anni '40 agli anni '70, ma il nucleo della storia rimane identico a quello originario. In una fredda notte di gennaio due ladruncoli in fuga, Beatrice e Guido, approdano su un'isola dove vengono sorpresi dal guardiano Giovanni e dal suo dobermann Pangloss. Lei è una giovane donna, bella e scaltra, ma sfiancata da ricorrenti colpi di tosse mentre lui, il suo compagno, è un uomo emaciato con la passione per il gioco, le donne e i soldi; entrambi verranno condotti nella sontuosa villa adagiata al centro dell'isola, detta "delle Ginestre".
Nella villa vive la strana famiglia Reffi, borghesi colti, dediti all'arte della parola e alle prese con i propri sensi di colpa: Antonio, il capofamiglia, ex direttore d'orchestra e i suoi due inquieti figli Carla, una scrittrice di successo in attesa della risposta del suo editore per il suo nuovo romanzo, e Celestino, ex medico, con la passione per la filosofia e l'ossessione per una violinista di cui gli rimangono solo lontane immagini in super otto. Con loro anche una indecifrabile governante, Jole, e suo marito Vittorio, segretario di Carla nonché suo cugino. Celestino propone un accordi ai due ragazzi in fuga da non si sa esattamente cosa: lui non li denuncerà al commissario Càrrua, ma solo a patto che seguano una sorta di "corso di educazione", al termine del quale si impegneranno a cambiare vita. A metà tra il poliziesco anni '70 e il dramma borghese.
L'inconcludenza de L'isola degli idealisti
Fatta eccezione per qualche rara incursione nel mondo di fuori, l'azione si svolge interamente tra gli ampi spazi vuoti della villa, i suoi sotterranei, i lunghi corridoi, gli specchi che moltiplicano i punti di vista e incorniciano i personaggi, ma la dimensione è quella del tempo sospeso, del luogo -non luogo riconoscibile solo tramite le citazioni disseminate qua e là, le opere d'arte, i libri, i giornali, le riviste, i vestiti e gli oggetti che diventano abitanti di quella casa tanto quanto i suoi inquilini, tutti indistintamente reclusi. Gli idealisti del titolo sono verosimilmente i Reffi, "persone strane, che dicono cose strane e fanno cose strane" e che hanno trasformato la loro maestosa residenza in un mausoleo, un simulacro della realtà, anche se di idealista hanno ben poco. La loro principale occupazione è perdersi in elucubrazioni filosofiche e digressioni sull'arte, sfoderando un'arte oratoria che alterna il linguaggio erudito con quello più umano (ma pur sempre artificioso) della rievocazione del passato e dei sensi di colpa.
I Reffi non fanno altro che parlare come sottolinea la domestica Jole in uno sfogo improvviso: "Parlate, parlate, non sapete fare altro inutili, ipocriti e superflui; puzzate tutti di marcio come questa casa, poveri illusi". Ma proprio l'abuso dell'artificio rappresenta uno degli inciampi del film, che si svuota di senso, rimane ancorato alla forma e resta di fatto un incompiuto, nel quale i personaggi privati della loro tridimensionalità rischiano di annegare. A provare a salvarli ci pensa però un cast di attori di prim'ordine da Tommaso Ragno a Elena Radonicich, Chiara Caselli, Renato Carpentieri, Antonio Rezza, Renato De Simone, Michela Cescon e il sempre bravo Vincenzo Nemolato.
Conclusioni
L’isola degli idealisti si rivela un adattamento ambizioso ma privo della profondità necessaria per tradurre sul grande schermo lo spessore del romanzo. Nonostante la cura per gli ambienti e le suggestione che ne derivano, la narrazione resta in superficie, così come i personaggi e le loro relazioni. L’artificio fine a se stesso li costringe a scivolare nella nebbia che avvolge e desatura il paesaggio.
Perché ci piace
- Le suggestioni di un tempo sospeso.
- Il racconto di una borghesia annoiata, prigioniera di se stessa e dei propri fallimenti.
Cosa non va
- L’artificio rischia di essere una gabbia, che impedisce al film di evolvere.
- Una narrazione che resta distante dallo spettatore.
- Personaggi ridotti a sagome.