Gioia, 18 anni, è una giovane Rom che vive con la sua famiglia in un appartamento di Falchera, alla periferia di Torino. Nata in Italia, figlia di una famiglia ben integrata, la ragazza soffre però di una forte insofferenza alle tradizioni della sua comunità: mentre le sue coetanee Rom, infatti, sono ormai per la maggior parte sposate, o promesse spose, Gioia continua a rifiutare i pretendenti proposti dalla sua famiglia, in attesa di poter scegliere personalmente la persona a cui legarsi. Inoltre, la ragazza si ostina a voler portare i pantaloni e a vestire come una gagè, ovvero come una non Rom, provocando frequenti attriti con i suoi genitori, specie con suo padre.
Col tempo, Gioia realizza di avere un sogno, che decide di perseguire costi quel che costi: quello del cinema. Dapprima, insieme alla sua unica amica gagè Morena, si presenta con scarso successo ad audizioni e provini; finché l'amica non le fa conoscere Alessandro, meccanico del suo quartiere, che in passato ha avuto un piccolo ruolo in un film. Tramite Alessandro, Gioia entra in contatto con uno scalcinato regista-produttore, che la prende in simpatia e la fa collaborare, come aiuto regista, al film che sta girando; intanto, tra Gioia e il giovane meccanico nasce una reciproca simpatia. Ma le tensioni con la famiglia, e specie col padre Armando, sono sempre più forti...
Voleva fare del cinema
Io rom romantica è l'esordio in un lungometraggio di Laura Halilovic, venticinquenne regista di origini Rom. In precedenza, la giovane regista aveva realizzato il cortometraggio Illusione e il documentario Io, la mia famiglia e Woody Allen, premiato in vari festival indipendenti: da quest'ultimo, questo film riprende l'omaggio al regista e attore statunitense, evidentemente molto amato dalla Halilovic. L'omaggio ad Allen è, in effetti, tra le componenti più simpatiche e riuscite di questa commedia: divertenti le discussioni sul capolavoro Manhattan e il continuo paragone di quanto narrato nel film alleniano con la situazione della protagonista, curiosa la brevissima apparizione dello stesso Allen, colto durante la sua presenza a Roma per il film To Rome with Love, riuscita l'immagine conclusiva che cita scherzosamente il venerato modello. La regista mostra una buona consapevolezza e un certo gusto per l'inquadratura studiata; specie per come tallona la sua giovane protagonista (l'esordiente Claudia Ruza Djordjevic) nelle sue (dis)avventure tra l'opprimente famiglia, la scuola, il set dell'amico regista e, infine, un viaggio nella Capitale dalle conseguenze impreviste. Il personaggio dello stesso regista (un efficace Giuseppe Gandini) è riuscito e divertente, e si avverte nel film un genuino intento divulgativo ed educativo. Purtroppo, però, i limiti di questo esordio risultano evidenti e finiscono (in gran parte) per offuscarne i lati positivi.
Prendi questa mano, zingara?
Il difetto più grande di questo Io rom romantica sta nel generale mood da fiction televisiva che lo pervade. Che tale effetto sia voluto o meno, l'estetica e la narrazione del film della Halilovic riescono raramente a diventare davvero cinematografici: la fotografia, in particolare, è piatta e poco incisiva, mentre il racconto procede per sussulti, mettendo in scena poco interessanti vignette di vita sociale e familiare. Il tono scelto dalla giovane regista è quello della commedia, e non si vuole, qui, discutere sull'opportunità o meno di tale scelta: il problema sta però nella credibilità e nella profondità con cui si sceglie di entrare in un tema (quello della convivenza tra italiani e Rom) che necessitava altro trattamento. Non c'è bisogno di scomodare Allen per ricordare che con la commedia si può dire tanto di serio, forse ancor più che con il dramma: il problema è che lo script, qui, raramente prova davvero a farlo. Il tema della discriminazione sofferta dalla protagonista presso i suoi coetanei gagè è solo sfiorato; mentre il dialogo, verso la fine del film, con la signora che dà un passaggio alla ragazza, finisce per irritare per il suo schematismo e la sua mancanza di credibilità. Alcuni nodi della trama (il rapporto con l'amica Morena, ma anche quello con lo stesso regista) restano incomprensibilmente irrisolti, certe prove attoriali (come quella di Sara Savoca, interprete della stessa Morena) risultano approssimative, mentre il complesso della vicenda, per come viene raccontata, appare troppo esile per indurre davvero a qualche riflessione.
Zingari felici
Chi scrive, inoltre, ha una perplessità, che tocca la concezione stessa del film: per affrontare un tema serio (e, lo ripetiamo, assolutamente bisognoso di un trattamento scevro da stereotipi e percezioni falsate) quale la convivenza con i Rom, la scelta migliore era davvero quella di mostrare una famiglia Rom "borghese", integrata nel tessuto sociale, in cui la conflittualità con la cultura ospite si limita ai matrimoni e ai capi di vestiario? Non era forse il caso di affondare il coltello nella marginalità, e nelle sue contraddizioni, per tentare di smuovere davvero le coscienze? Non si vuole, certo, discutere il carattere (ipotizziamo) in parte autobiografico della storia, né che la giovane regista abbia scelto, legittimamente, di parlare di ciò che conosce. Inoltre, facendo una scelta come quella da noi ipotizzata, saremmo stati probabilmente di fronte a un altro film, forse anche con un altro titolo, sicuramente molto diverso da quello a cui siamo di fronte. Ma il dubbio, almeno per chi scrive, in senso generale resta.
Conclusioni
Ferme restando alcune buone intuizioni, la padronanza tecnica della venticinquenne regista, e i buoni intenti dell'operazione, Io rom romantica è penalizzato da un'estetica eccessivamente televisiva, e da un'esilità narrativa da cui raramente si risolleva. Un peccato, dato che, lo ripetiamo, il tema meritava (e merita) di essere finalmente affrontato in modo serio e rigoroso.
Movieplayer.it
1.5/5