The Times They Are A-Changin'
Greenwich Village, New York, 1961. Il panorama della musica folk è in procinto di esplodere e cambiare per sempre faccia; ma per un Bob Dylan che arriva nella Grande Mela ci sono centinaia di altri musicisti che faticano anche solo a guadagnarsi un pasto o un letto su cui dormire, che hanno realizzato magari un album e si ritrovano con uno scatolone di dischi invenduti a vagare per la città o sono costretti a reinventarsi come sciocchi e bizzarri performer su richiesta di discografici avidi e poco coraggiosi.
Tra tutti questi c'è insomma Llewyn Davis, trentenne di bell'aspetto e virtuoso della chitarra, che fatica come solista dopo la tragica scomparsa dell'amico e collega con cui formava un duetto di (scarso?) successo, e che vaga sfiduciato tra New York e Chicago in cerca di quell'occasione che possa cambiargli la vita.
A proposito di Davis, nuovo film dei fratelli Joel Coen e Ethan Coen al ritorno a Cannes a sei anni di distanza dal successo di Non è un paese per vecchi, è un ritratto divertente e grottesco di un un musicista fallito che, pur potendo contare su un discreto talento, non riesce ad emergere a causa di tante scelte sbagliate ed un pizzico di sfortuna. Vittima dei propri difetti e delle proprie azioni, il nostro Llewyn è apparentemente incapace di accettare compromessi per quanto riguarda la sua musica così come di mantenere un qualsiasi rapporto con chiunque incontri: seguiamo le sue vicende per una settimana intera ma tra parenti e amici, colleghi e produttori, perfino un gatto, nessuno sembra davvero voler avere nulla a che fare con lui.
Non gli rimane quindi che la sua musica e la speranza di un futuro migliore, a patto però di saper riconoscere e cogliere le occasioni...
Questa nuova, bizzarra avventura partorita dai fratelli terribili del cinema americano ricorda un po' l'odissea musicale di Fratello, dove sei? ma anche alcuni dei film precedenti, soprattutto per la gran quantità di personaggi sopra le righe che sembrano circondare il protagonista.
Dal canto suo Llewyn non avrà magari il carisma di un Drugo Lebwosky, ma è un nuovo perfetto antieroe coeniano che si va ad aggiungere ad una già lunghissima lista di personaggi memorabili; e gran merito va ovviamente anche all'ottima performance di Oscar Isaac che si carica sulle spalle il peso dell'intero film, sempre in scena, recitando, suonando e cantando con ottimi risultati.
E arriviamo così all'altra vera protagonista di A proposito di Davis, la musica; perché, è bene specificarlo, nonostante il tono ironico che pervade l'intera pellicola, la musica di quegli anni è parte integrante del film, e l'attento e minuzioso lavoro di selezione della colonna sonora e tracklist (ad opera degli stessi Coen con T-Bone Burnett e la collaborazione di Timberlake e Marcus Mumford) è assolutamente eccellente.
Coraggiosa poi la scelta di lasciare tutte le performance nella loro interezza (il che vuol dire anche diversi minuti consecutivi di canzone): non farà magari del film un enorme successo commerciale, ma di certo aiuta lo spettatore a immergersi completamente nell'atmosfera d'epoca e vivere e gustare in prima persona una musica così lontana dai gusti e le tendenze di oggi. Llewyn apprezzerebbe.
Movieplayer.it
4.0/5