Il bambino cattivo: l'infanzia interrotta secondo Pupi Avati
La famiglia perfetta probabilmente non esiste, ma un'infanzia serena dovrebbe essere un diritto di tutti. Se così fosse, non ci sarebbe bisogno della Giornata internazionale per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, che si celebra ogni 20 novembre. Rai Uno quest'anno ha dedicato la prima serata al TV movie di Pupi Avati,Il bambino cattivo, un monito agli adulti che arriva direttamente dalla voce dei bambini.
Il protagonista, Brando (Leonardo Della Bianca), ha 11 anni e una situazione domestica come tante, almeno in apparenza, con due docenti per genitori e una routine di discreta agiatezza. Poi un giorno tutto cambia perché la mamma Flora (Donatella Finocchiaro) viene ricoverata per due mesi in una clinica e il papà Michele (Luigi Lo Cascio) stenta a rimettere insieme i pezzi di un quadretto casalingo ormai incrinati. Iniziano le recriminazioni, le urla, i tradimenti, le bugie finché un giorno la donna ritorna in ospedale per cure psichiatriche. I genitori di lei iniziano una guerra psicologica con il genero e la madre di lui ricorre a misure estreme per tutelare il nipote.
"Fai il grande": è questa la richiesta che Brando si sente ripetere dal padre, un uomo troppo impegnato a soddisfare i propri bisogni per ascoltare quelli del figlio. Il bambino così cerca di sopravvivere come può, chiudendosi in se stesso e diffidando di qualsiasi promessa: "Non piango - dice - sono capace di essere solo. Sono capace di non aver paura".
Ecco come l'infanzia naufraga, annegata nell'egoismo, e i più piccoli imparano l'arte della sopravvivenza e si armano d'indifferenza sperando di sfuggire all'ingiustizia. Il ritratto dipinto da Pupi Avati vuole essere un'istantanea veritiera, lontana dall'immagine retorica ed edulcorata che temi come l'infanzia violata suscitano su grande e piccolo schermo nella versione made in Italy. L'operazione in effetti riflette, anche se solo in parte, la dichiarazione d'intenti e dimostra coraggio e onestà intellettuale nel cercare di non fossilizzarsi su vecchi cliché né di far leva su facili sentimentalismi.
I personaggi e le situazioni a volte risultano semplicistiche, ma questi limiti alla fine aiutano a "digerire" un racconto a tratti scomodo, che denuncia violenze psicologiche più velate dei lividi, ma non certo meno dolorose.
Un plauso, insomma, alle buone intenzioni, al tentativo di dare voce ai pensieri dei più piccoli, troppo spesso messi a tacere dalla presunta saggezza degli adulti. Questo TV movie non rivoluziona certo la fiction italiana per caratteristiche tecniche o narrative, ma resta comunque un apprezzabile spunto di riflessione.